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lunedì 8 ottobre 2018

Gli Indiana Pacers puntano in alto

“We don’t F with the game”: un’espressione gergale, magari non troppo elegante, indubbiamente divertita, ha concluso la conferenza stampa di Nate Mc Millan, durante il training camp. Il coach dei Pacers si aspetta la maturazione definitiva della sua squadra, ben conscio che, se l’anno scorso il fatto di essere under dog dava un vantaggio per quanto concerne le responsabilità e la pressione sulla squadra, durante la stagione 2018/19 i ragazzi di Indianapolis non saranno presi sottogamba da nessuno in NBA.
Se la scorsa stagione, dopo l’addio dell’idolo Paul George, le ambizioni erano di far crescere i giovani e di assestarsi attorno al livello dei posti playoff, quest’anno il clima a Indianapolis è decisamente più caldo: le proiezioni statistiche attestano Indiana su 20 vittorie in più di quanto non dicessero più o meno un anno fa. Se gli anni scorsi la possibilità di arrivare in finale era bloccata dal cannibalesco sguardo di LeBron James, la spedizione ad ovest del Re mette finalmente in palio lo scettro della Eastern Conference: tutti vogliono sfruttare l’occasione, e Indiana vede improvvisamente rinverdire i ricordi delle annate d’oro 2013-2014.
“Sappiamo che le aspettative attorno a noi si sono alzate” – ha aggiunto coach McMillan – “C’è stato un grande sbalzo fra le prospettive della scorsa annata, piuttosto modeste, e i risultati che abbiamo effettivamente raggiunto.” Parte di questo ʻsbalzoʼ concerne indubbiamente il raggiungimento delle 48 vittorie stagionale, con la top 12 sia per Off Rat che per Def Rat, un risultato per certi versi incredibile, dato che gli analisti proponevano i Pacers, in entrambi i rating, fra le ultime 10 compagini della lega. Ma ad alzare la febbre attorno ai gialloblù sono state le prestazioni offerte nel primo turno dei playoff, al cardiopalma, contro i Cavaliers di LeBron James. McMillan ha portato Cleveland a gara 7, terminando con +40 di plusminus globale una serie persa. Il piano di gioco di Indiana è stato stravolto solo in gara 5, quando il game winner stordente del Prescelto ha ribaltato le gerarchie della serie, riportando a Cleveland il fattore campo. Ma il livello offensivo raggiunto da Oladipo e la difesa di Young e soci non sono passate sottobanco nel panorama NBA, producendo un grande interesse per le possibilità di miglioramento dei nuovi Pacers.
“Dobbiamo metterci alle spalle quello che abbiamo fatto lo scorso anno” – aggiunge però il coach – “Siamo stati bravi, è vero, ma adesso dobbiamo amalgamarci in un nuovo gruppo e dobbiamo forgiare una nuova identità, perché sarà una stagione diversa e noi saremo una squadra diversa, con nuove caratteristiche tattiche.” Comunque McMillan non dovrebbe preoccuparsi troppo di trovare una squadra adagiata sugli allori, anzi, la fame di vincere sembra essere intatta. Indiana lo scorso anno ha chiuso sul 48-34, nonostante l’eroe di casa, Victor Oladipo, abbia saltato 7 gare a causa di diversi infortuni che l’hanno costretto ai box. In queste 7 partite Indiana è rimasta a bocca asciutta, con un tremendo Off. Rat. di 97.8, e i Pacers sono stati sconfitti di 14.2 punti a gara senza di lui.
Questo significa che con Oladipo nello starting line-up, Indiana ha giocato con un pace di 53 vittorie a stagione, che l’avrebbe ipoteticamente collocata al terzo posto della classifica della Eastern Conference. L’obiettivo stagionale, incrociando le dita per evitare infortuni, è quello di raggiungere un migliore piazzamento, integrando nel migliore dei modi gli acquisti dell’off-season: Tyrike Evans (contratto annuale di 12 milioni di dollari), Doug McDermott (tre anni a 22 milioni di dollari), Kyle O’Quinn (un anno a 4.5 milioni di dollari).
Da questa stagione, la rotazione dei Pacers sarà dunque probabilmente a 10 uomini, o almeno sulla carta: il quintetto dovrebbe rimanere immutato con il backcourt formato da Collison e Oladipo, Bogdanovic da 3, Young da 4 e Turner sotto i ferri. Oltre ai 3 nuovi arrivati, dalla panchina usciranno Cory Joseph e Domantas Sabonis, che lo scorso anno sono riusciti a portare qualità e quantità.
L’interesse maggiore, fra i nuovi arrivati, è per ciò che Tyrike Evans potrebbe portare alla causa dei Pacers: dalla panchina gli si chiede playmaking e creazione di tiri, fermo restando che non calerà il minutaggio di Joseph, il play di riserva. Infatti Cory è stato nei due quintetti più produttivi a livello di plus minus della scorsa stagione: quello formato da lui più i titolari, e quello Joseph-Oladipo-Stephenson-Young-Sabonis, che hanno prodotto numeri difensivi davvero elitari.
Oladipo ha rilasciato dichiarazioni lusinghiere sul nuovo arrivato: “Possiamo, sia io che Evans, giocare on e off the ball. Siamo entrambi versatili. Lui ha una grande capacità di migliorare i compagni e di fare grandi giocate.” Evans avrà un ruolo minoritario rispetto alla scorsa stagione a Memphis, dove ha giocato sempre in quintetto causa infortuni, ma in una squadra decisamente migliore dei Grizzlies. Evans ha mostrato il suo career high, lo scorso anno, in usage (28.4 %), e in true shooting (56.1%). La sua pazienza e la sua creatività gli danno un grande vantaggio nel pick’n’roll, specificamente per quanto concerne la sua capacità di segnare: Evans, lo scorso anno, si è classificato all’undicesimo posto per punti per possesso, nell’86 percentile. Avere il lusso di un creatore di gioco del genere può apportare enormi vantaggi all’attacco dei Pacers, in particolare a Oladipo stesso. Evans e Oladipo sono, rispettivamente, ventesimo e ventunesimo per % dal campo sui tiri dal palleggio (il campione è di almeno 4 pull-up a partita) la scorsa stagione. Sui 42 giocatori che hanno tirato almeno due triple dal palleggio a partita, Evans è al terzo posto, dietro due cecchini come Curry e Irving. Evans tira con il 40.5% in queste circostanze, mettendo su numeri rispettabilissimi: insieme a Oladipo e al sottovalutato Collison (che ha guidato la lega per % da 3 punti, con il 46.8 %), forma una triade di tiratori micidiali.
Ciò però non comporta solo una maggiore pericolosità al tiro, ma anche una difesa che, giocoforza, dev’essere più aggressiva, e può permettere di allargare maggiormente il campo sui pick’n’pop per i lunghi di Indiana, Sabonis e Turner, che non a caso stanno cercando di allargare con maggiore efficacia il loro range di tiro.
Indiana sembra, insomma, pronta a fare un ulteriore salto di qualità: l’anno scorso la squadra di McMillan è sbocciata, riprendendosi dalla partenza di George e ricreando un clima di competitività e divertimento. Quest’anno, se possibile, l’obiettivo è ancor più ambizioso: confermarsi, senza snaturarsi, divenendo una delle compagini più temute ad Est e continuando sulla scia di un progetto che ha tutte le carte in regola per rimanere continuativamente ad alti livelli, per giovinezza e spregiudicatezza tecnica e tattica

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