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Juventus, CR7 prove di addio: Storia di un'amore mai decollato

 Rispetto, passione e voglia di vincere . Tre pensieri che accomunavano la Juventus e Cristiano Ronaldo tre anni orsono e che sono stati f...

mercoledì 31 gennaio 2018

Atlanta Hawks: Cosa fare per rinascere? parte 3/3

Ultima parte della mia "raccolta di pensieri sugli Hawks. Forse la parte meno interessante e meno approfondita delle tre, ma mi sembrava giusto fare un lavoro completo, cercando di riflettere su più cose possibili.

-Mike Budenholzer

Il coach è bravo. Se non è uno dei primissimi della lega, comunque sta lì, poco sotto. Vincitore del NBA Coach Of the Year 2015, stagione in cui plasmò una delle più belle squadre, a livello di gioco espresso, degli ultimi anni.

Personalmente, ne ammiro la bravura nel mettere i propri giocatori nelle condizioni di rendere al meglio, similmente a quanto viene spesso attribuito al suo "maestro" Gregg Popovich.
Ha trasformato Teague e Korver in All-Star, ha fatto vivere probabilmente la miglior stagione in carriera a Carroll e Horford (assieme a quella in corso, probabilmente).

Tra i coach delle squadre che stanno tankando, è, a mio parere, uno dei migliori, o comunque dei più preparati e "pronti" (assieme a Carlisle, direi).

-Il Salary Cap

La situazione è più che buona, Nessun contratto pesantissimo, l'unico discretamente pesante è quello di Bazemore con i suoi 16.9 milioni a salire (PO da 19.2 milioni). Dennis Schroder firmato a 15.5 milioni fino al 2021. Plumlee che, con i suoi 12.5 milioni a stagione, è più utile per arrivare al Salary Floor che in campo.

Il cap andrà sostanzialmente a svuotarsi nel giro di un paio di stagioni, rimanendo con i vari giovani a contratto e quel paio di contratti più pesanti. La bravura della dirigenza starà nel "riempire" (per quanto necessario) ogni stagione il cap con firme oculate, senza intasarlo. Niente di impossibile.

-L'ambiente

Con 33 apparizioni ai Playoff su 49 stagioni disputate da quando la franchigia è ad Atlanta, l'ambiente ha una mentalità chiaramente vincente. Fino a questa stagione, in cui chiaramente non li faranno, la squadra ha partecipato ai PO per 10 stagioni di seguito.

Ora qui non intendo mettermi a sindacare sul se sia più giusto andare ogni anno ai playoff combinando poco, rispetto a tankare ad intervalli "regolari". Resta il fatto che, la creazione di una mentalità vincente in una squadra così giovane e reduce (chiaramente in ottica futura) dal tanking, è una cosa tanto importante quanto difficile da ottenere.

Persistono, comunque, alcune questioni da dirimire:

-Kent Bazemore

Nelle scorse settimane, è trapelato che gli Hawks lo abbiano messo sul mercato. Il contratto è pesante e non è semplice da muovere. Al momento sembra che i Cavs siano interessati a lui (non lo vedrei male alla corte del Re).
Io, sinceramente, non lo scambierei almeno per ora. In campo fa il suo si difensivamente che offensivamente, è l'unico "importante" elemento degli Hawks del 2014/2015 rimasto, può essere una presenza importante nello spogliatoio e per i giovani.
Il contratto è si pesante per il rendimento del giocatore, ma è meglio darli a lui che ad altri per il momento (e a qualcuno vanno pur dati) e, scambiandolo, dubito si andrebbe ad ottenere qualcosa di buono se non qualche contratto da scaricare e qualche scelta. Comunque, se si dovesse presentare un'offerta vantaggiosa, quasi sicuramente il suo futuro sarà altrove.

-Marco Belinelli

Anche lui sul mercato, come Bazemore e come Ilyasova. Sta disputando una delle migliori stagioni in carriera e a fine stagione il suo contratto scadrà. Quasi certamente verrà scambiato ad una squadra di "vertice", sarà interessante vedere in cambio di cosa.

-Ersan Ilyasova

Una vita da "pedina per trade" (almeno negli ultimi anni). Il contratto è simile a quello di Belinelli, i numeri anche. Probabile che anche lui parta prima della fine della stagione, anche se non so bene a chi potrebbe servire al momento.

-DeAndre Bembry

21esima scelta nello stesso draft di Prince (12esima scelta), anche lui classe '94, ma per ora non ha assolutamente fatto vedere i miglioramenti dimostrati da Taurean. O meglio, qualcosa si è intravisto ma è ancora poco, decisamente troppo poco. Vedremo...

-Tyler Dorsey

La sua non è una questione da dirimere ma andavano comunque dette un paio di parole su di lui.

E' una combo guard del '96, di origini greche ed israeliane (da parte di madre, suo padre è statunitense), undersized e con un gran tiro da dietro l'arco. Ad inizio stagione non ha trovato posto nelle rotazioni di Bus ma, nelle ultime settimane, si sta ritagliando il suo spazio, mostrando di essere un discreto tiratore (15/39) e facendo vedere lampi di talento. Ha giocato ancora troppo poco ma potrebbe diventare un discreto giocatore nel giusto sistema.
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martedì 30 gennaio 2018

Good Luck Boogie

Stavo guardando la partita e ho avuto subito la sensazione che l'infortunio fosse qualcosa di serio. Ecco, ora sarebbe il classico momento del, quanto è crudele lo sport, quanto è brutta la vita. Lo abbiamo già sentito, lo abbiamo già scritto.

DeMarcus Cousins starà fuori un minimo di sei mesi, io dico almeno un anno. Speriamo torni integro.

Spiace, perchè stava giocando la migliore stagione della sua carriera. Spiace perchè, comunque la si pensi, il suo talento strabordante stava avendo la meglio sulla sua testa, dura come il cemento.

E' un peccato perchè NOLA con lui e Anthony Davis veleggiava verso i playoff e, accidenti se è vero, sarebbe stato divertente vederli nella postseason. Una mina vagante.

E'stato un pugno nello stomaco, tristezza infinita. Erano divertentissimi da vedere, coraggiosi nel provare una strada diversa dalle altre 28 franchigie che emulano Golden State.

Poi c'è la questione rinnovo. DeMarcus stava per diventare free-agent, un contrattone era pronto per lui e anche Davis, il gemello diverso, avrebbe presumibilmente detto presente.

New Orleans havisto di peggio, sicuro. Katrina fu devastante, davvero. Ma questo infortunio è, con tutto il rispetto, una brutta tegola.

Che peccato. Per Boogie, per Anthony, per NOLA, per l'NBA, per il basket. Sorte schifosa.
Che sfortuna.

Torna presto, torna bene DeMarcus Cousins.
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lunedì 29 gennaio 2018

Roger Federer vince il 20esimo slam

Ieri dopo la partita e per tutto il giorno non ho scritto nulla riguardo questa ennesima vittoria di questo campione che non smette mai di stupirci. Ieri quando sembrava sull'orlo del baratro contro un Cilic che sembrava più fresco ha trovato l'energia per vincere il quinto 6-1.
Una capacità di rigenerarsi, reinventarsi, migliorarsi e adattare il suo tennis ai nuovi rivali e ad un'età che richiedeva uno stile diverso. La capacità, certo, unita però alla voglia di restare il più forte tennista di sempre e di non abdicare, non ancora, non a "soli" 36 anni, quando i suoi rivali, sebbene più giovani, si trovino a fare i conti con nonno Tempo.

Nel 2004, da numero 1 del mondo, voleva ritirarsi, come ha ammesso qualche anno dopo. Aveva raggiunto ogni suo obiettivo, non sentiva di dover dimostrare altro. Ma a distanza di 14 anni è ancora lì, a piangere come un ragazzino per l'ennesimo trionfo.

La parola adatta per lui non credo esista. Non è fenomeno, non è campione, non è neanche leggenda.

E' Roger Federer.

20 Slam, come nessun altro. Siamo testimoni del più grande.
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domenica 28 gennaio 2018

Atlanta Hawks: cosa fare per rinascere? parte 2/3

A distanza di alcuni giorni, ecco la seconda parte del mio pezzo sugli Hawks, in cui ho cercato di analizzare la loro situazione. Dopo aver parlato delle future scelte al draft e di Dennis Schroeder, in questo post avranno spazio Collins e Prince.

-John Collins

Il 20enne John Collins è stata la scelta degli Hawks al primo giro dell'ultimo draft. Curioso che, oltre a provenire da Wake Forest e a giocare nello stesso ruolo, abbia in comune con Duncan anche le origini( infatti, da parte di madre, è originario delle Isole Vergini)

Non sarà mai Duncan, ma il 20enne sta stupendo. Oltre a viaggiare a 10.9 punti, 6.9 rimbalzi (2.9 offensivi, 1.1 assist, 1.1 stoppate in 22 minuti di media, si trova in top 5 tra i rookie per rimbalzi, stoppate, percentuale dal campo (58%), WS/48 (0.165, dato impressionante considerando che è un rookie e considerando la situazione della squadra), BPM, VORP, nonostante non rientri nemmeno in top 10 per minuti di media.

Un atleta pazzesco, verticale, veloce, un fattore a rimbalzo (soprattutto offensivo), ottimo rollante, buon bloccante nonostante sia ancora abbastanza leggero. Dovrà migliorare in difesa, soprattutto in aiuto, e nella gestione del corpo, a causa della quale commette troppi falli (4.9 sui 36 minuti), dovrà irrobustirsi. Per ora, non ha vero un tiro dall'arco ma ha già un più che discreto tiro dalla media e, da quanto si era sentito, sta lavorando per ampliare il range.

Le premesse sono buonissime, può diventare veramente un buon giocatore ed essere un pezzo fondamentale per il futuro degli Hawks.

-Taurean Prince

Prince, classe '94, non sarà mai uno scorer vero e proprio e tantomeno sarà mai un fenomeno, o quello che ti fa vincere le partite da solo. Prince, però, sta dimostrando di avere tutte le carte in regola per diventare uno di quei giocatori indispensabili in un contesto vincente (o che almeno vuol tentare di essere tale).

Per le sue caratteristiche, potrà essere un comprimario di livello assoluto. E' forte fisicamente, difensore sopra alla media, tira da tre con il 41% su 4.5 tentativi, non abusa dei tiri dal mid range o dei long two (il 40% dei suoi tiri sono da tre, il 28% entro i tre piedi, solo il 17% tra i dieci piedi e l'arco), non ha bisogno di avere tanto la palla in mano.

In futuro, potrà diventare ciò che Carroll era per quegli Hawks stupendi della stagione 2014/2015. Nonostante sia un paragone che lascia un po' (molto) il tempo che trova per la differenza del contesto (squadra da tank da una parte, squadra che finì prima nella conference dall'altra), ho trovato discretamente interessante confrontare la stagione attuale di Prince e quella del 2014/2015 di Carroll.

DeMarre Carroll 2014/2015

31.3 MPG, 9.4 FGA, 48% FG%, 4.3 3PA, 40% 3P%, 5.3 TRB, 1.7 AST, 1.3 STL, 1.1 TO, 2.2 PF, 12.6 PTS, 16.9 USG%

Taurean Prince 2017/2018

31.1 MPG, 11.2 FGA, 44% FG%, 4.5 3PA, 41% 3P%, 5.6 TRB, 2.5 AST, 0.9 STL, 2.1 TO, 2.1 PF, 13.0 PTS, 19.9 USG%

Contesti diversi, numeri e giocatori simili (oltre anche ad una incredibile somiglianza d'aspetto).
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venerdì 26 gennaio 2018

I quintetti All-Start 2018

#EST

- Lebron James (Cavs). Se la sta vedendo un po' brutta. I Cavs alla parola "aiuto difensivo" si spaventano e la difesa su pick and roll la fanno sembrare più difficile di un geroglifico. Se dobbiamo parlare dal punto di vista individuale però, il Re non smette mai di crescere. E' talmente completo che a volte sembra di vederne 5 in campo. Potessero schierare solo lui in campo, sarebbero a cavallo.

Giannis Antetokounmpo (Bucks). Un palleggiatore di 2.11. La sua forza sta nella capacità di gestire i passi in penetrazione. Sa sempre dove mettere i piedi, quando accorciare o allungare il passo in base ai movimenti del difensore, quando fare euro-step, quando arrestarsi a due tempi. Questa dote, unita a quelle braccia, quel corpo e quel tocco in avvicinamento, ne stanno facendo una superstar. Se impara pure a tirare da superstar diventerà leggenda.

-Joel Embiid (76ers). Scordatevi i 7 piedi che vogliono tirare solo da tre. Nel futuro, i centri, quelli veri, avranno una gran mano da fuori, ma il pane continueranno a guadagnarselo con piede-perno e spin-move dal post-basso. Ah, effettivamente è quello che fa Joel: benvenuti nel futuro. Embiid è come i jeans a zampa d'elefante, che tornano di moda, ma disegnati da Karl Lagerfeld.

-DeMar DeRozan (Raptors). Se il basket oggi fosse solo tiro dalla media, le canotte di DeRozan si esaurirebbero come i biglietti per il concerto degli U2. Purtroppo esiste anche il tiro da fuori (34%) e non sarebbe male, ogni tanto, riuscire a mettere in ritmo anche i compagni (quando la difesa ti chiude). E' un gran realizzatore, ma se devo scegliere la mia squadra ideale non lo prendo.

-Kyrie Irving (Celtics). Eccolo, "cross-me-over" se la gode. Va via lui e la difesa dei Cavs che fa? Crolla? E poi dicevamo che come difensore faceva schifo. Si scherza, eh. Irving rimane la cosa più velenosa in uno-contro-uno dal palleggio dell'intera NBA: puoi pure tenerlo sul terzo palleggio (devi essere Beverley, però), ma lui un modo per fregarti lo trova. E' un tiratore fantastico. E' divertente da vedere. E finchè quel genio di Brad Stevens lo "aiuta" in difesa, è difficile per tutti.

#OVEST

-Steph Curry (GSW). Poche parole. Dire a Curry "sei solo un tiratore", è offensivo come dire a Jordan "Mike, eri "solo" un attaccante". Curry sa giocare a basket, sa penetrare, sa passare la palla, sa fare paniere. C'è di più, il suo pull-up-jumper da tre verrà ricordato come lo sky-hook di Jabbar.

-James Harden (Rockets). Ti tira scemo con finte e contro-finte. Finta di penetrazione, step-back, finta di tiro, partenza in palleggio, esitazione, zac. Tutto nella stessa azione, con la palla (quasi) sempre in fondo alla retina. Più lo guardi, più lo vorresti guardare. Barba a parte.

-Kevin Durant (GSW). L'arresto a due-tempi da tre in corsa più bello da vedere dai tempi di Larry Bird. Mi piace ricordarlo sempre. Che sia una delle più regolari e devastanti macchine offensive della storia è stato detto più volte. Che oltre a saperla mettere da qualsiasi posizione, possa stoppare la palla come Dikembe Mutombo forse un po' meno. Il miglior imtimidatore NBA, con la mano di Ray Allen. Fate voi.

-Anthony Davis (Pelicans). Ha iniziato a sparare quarantelli con la nonchalance di chi quasi si annoia per manifesta superiorità fisica tecnica. Esattamente come i "Monstars" in Space Jam, ci vorrebbe Michael Jordan con i pantaloncini di UNC. Solo che Davis il talento non lo ha rubato a nessuno. Anzi, deve stare attento a non fare la fine dei vari Barkley, Bradley, Johnson e Ewing.

-DeMarcus Cousins (Pelicans). Doti tecniche e fisiche? Le do un bel 9. Doti caratteriali e testa? Le do 2, mi spiace. La media, se non erro, fa 5.5. E mi dovrebbe pure ringraziare.
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giovedì 25 gennaio 2018

Andrea Conti è il rinforzo del Milan del mercato di gennaio

Dovremmo essere finalmente vicini al recupero di una delle promesse migliori del panorama italiano, Andrea Conti, reduce dalla rottura del legamento crociato anteriore a metà settembre.
Cosa può dare Conti a questo Milan ?
Il ragazzo è elastico e reattivo, si insinua con naturalezza tra palla e avversario, sa allungarsi per chiudere le linee di passaggio ed è uno specialista dei recuperi grazie alla gran velocità.
Non possiamo dire che Conti faccia parte dell'avanguardia del ruolo del terzino : il suo gioco è definito più dalle sue qualità senza palla ( veloce, agile, resistente e con un tempismo innato per gli inserimenti ) che dalle sue scelte con la palla.
Non influenza lo sviluppo della manovra con conduzioni o passaggi che disordinano lo schieramento avversario, non è abituato ad entrare dentro il campo per favorire la fase di costruzione e non ha un bagaglio tecnico sufficientemente raffinato per poter fare la differenza se isolato da fermo nell'uno contro uno.
Tuttavia, ai suoi limiti corrispondono altrettante qualità : il Milan ritroverà un treno ad alta velocità, in grado di andare avanti e indietro sul proprio binario per tutta la partita, che se riceve sulla corsa è nelle giuste condizioni per fare la differenza.
La sfida sta nel saper collocare un giocatore dalle caratteristiche così definite in un sistema, trovando un compromesso tra il suo gioco e il resto della rosa a disposizione.
Alla fine tra le responsabilità di un allenatore c'è anche questa : riuscire a far fruttare l'investimento della società.
In questo caso l'investimento è stato decisamente di livello.
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mercoledì 24 gennaio 2018

LeBron James ancora una volta hai battuto un record

Da questa notte è entrato a far parte dell'esclusivo  club dei 30.000 punti in NBA, insieme a lui soltanto Malone, Jabbar, Kobe, Jordan, Chamberlain e Nowitzki.
30.000 sono una montagna e a stupire è COME li ha fatti: con appena 19 tiri di media tentati ogni sera per 1106 partite totali.
Per lui passare la palla è più importante che segnare. Eppure il meno "scorer" in senso stretto dei 6 è stato più veloce di loro ad arrivare al traguardo. Senza mai dare l'impressione di forzare e di strafare.
Rispetto agli altri 6 è l'unico ad avere anche 8mila rimbalzi e quasi 8mila assist (7858).

Se amate il basket, amate anche Lebron Raymone James. Avanti verso l'Olimpo.
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martedì 23 gennaio 2018

Che fine ha fatto il Marco Borriello che conosciamo?

Mancino naturale, attaccante dotato di gran dinamismo e potenza fisica.
Possiede una buona tecnica ed è capace di fare reparto da solo giocando di sponda oppure proteggendo palla facendo salire la squadra. Dotato di grande senso del gol, riesce a segnare di testa o in acrobazia.
Già, ma cosa è successo quest'anno a Marco Borriello?
13 presenze e un solo gol solamente nella sua prima stagione alla SPAL, gol con cui tra l'altro è diventato primatista nella storia della serie A per aver segnato con 12 casacche diverse.
L'attaccante napoletano classe '82 però sta vivendo una delle stagioni più complesse dal punto di vista personale e realizzativo, considerando anche che veniva dalla splendida stagione a Cagliari nella quale aveva realizzato ben 16 gol.
Sembrava al capolinea il rapporto tra il bomber e la SPAL, dopo che nell'ultima partita era stato fischiato al momento della sostituzione; è un periodo duro per Borriello, che con un post su Instagram ha voluto chiarire alcune cose dichiarando di voler restare in maglia biancoazzurra per centrare la salvezza.
In realtà per regolamento il calciatore non potrebbe comunque cambiare maglia, avendo già vestito questa stagione le casacche di Cagliari e SPAL.
Ce la farà a tornare il giocatore che abbiamo ammirato negli ultimi anni o il declino è cominciato anche per lui?
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lunedì 22 gennaio 2018

Markelle Fultz, che succede?

Problemi fisici e tempi di recupero - di massima- per una contusione si sta fuori un paio di partite, una slogatura, se non grave, una-due settimane, problemi muscolari, anche diverse settimane, rottura legamenti o tendini, ahi, almeno un anno. Capita, è lo sport.

Ma che succede se a infortunarsi è la testa, non una botta, una commozione, parlo di un problema psicologico. Basta un mese, mezza stagione, una carriera?

Io non lo so, il cervello fa naturalmente parte del corpo, di un uomo, di un atleta.
Diagnosticare un "infortunio" in questa area e poi curarlo, esercizio delicato, ai limiti della scienza.

Che succede a Markelle Fultz? Voi lo sapete? Io no e forse nemmeno quelli che gli sono vicini lo sanno. O se lo sanno, lo raccontano male. Tra problemi alla spalla mai sentiti, liquidi iniettati o estratti, variazioni di tecnica non richieste, il numero uno dello scorso draft è ormai fuori da quasi tre mesi. Apparentemente vicino al rientro, poi guardi i video dei giornalisti al seguito -oramai ne ha una squadra che segue solo lui- vedi il tiro, e ti vengono i brividi. E' lui o il cugino? Come s'intitola "Scherzi a parte" in America?

Il sospetto, a questo punto, è che il problema di Markelle non sia collocato sulla spalla, ma appena più su. In mezzo alle orecchie. Preoccupante, complicato, ma forse risolvibile.

Teoricamente un ragazzo di neanche vent'anni, pagato (molto) per fare l'attività che più ama al mondo, dovrebbe essere considerato un privilegiato in paradiso. Di norma è così. poi però ci troviamo di fronte alla realtà di un bambinone (o serie di bambinoni), scaraventato in un meccanismo che genera aspettative enormi- figuriamoci se sei n.1- con gli occhi del pianeta terra puntati addosso. Non sempre la pressione produce diamanti.

Markelle era considerato da tanti, me compreso, il miglior prospetto della sua classe. Mezzi fisici adeguati, feel for the game giusto e poi il tiro, oltre il 40% da tre, in grado di farne, con un po' d'adattamento, un'arma multiuso nel decennio a venire. Perfetto complemento della coppia Simmons & Embiid.

Sono poi venuti i dubbi del training camp, che diavolo sta facendo? Le conferme delle prime apparizioni NBA, nemmeno una tripla tentata, via a rifiutare il tiro, neanche fosse un Andre Roberson qualunque. Phila tira giù la saracinesca e per ora non la sta riaprendo.

 Visite, riposo, recupero, da qualche settimana ha ripreso ad allenarsi in gruppo e, come detto, è tornato a mostrare il tiro. Un disastro, ancora. Solleva la palla, neanche fosse un macigno, braccia in avanti troppo staccate dal corpo, airball in serie. Speriamo sia un bluff.

A Londra durante lo shootaround, era con i compagni, ma non ha mai tirato, limitandosi ad esercizi di potenziamento e stretching. Fisicamente mi è sembrato a posto, salvo un particolare, una faccia così triste che pensavo fosse una maschera. Maschera mai smessa, neanche quando incitava i compagni dalla panca.

Markelle, tu non conosci De Gregori, nè sai chi sia Nino. Mi raccomando, non aver paura di sbagliare un "open three", non verrai giudicato per questo. Io ho pazienza, io ancora ci credo.
E voi?
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domenica 21 gennaio 2018

Un "Lupo" come direttore sportivo del Palermo?

Abbiamo da poco passato metà gennaio e il Palermo ha quasi del tutto rinforzato la rosa, diventando sempre più internazionale, sono infatti 17 gli stranieri presenti in squadra dopo l'ultimo arrivo di Fiore. Nonostante la ricerca di nuovi talenti e potenziali plusvalenze arrivi prevalentemente da fuori, è cambiato il trend a cui ci avevano abituati gli amici di Zamparini, Curkovic, Lemic e Riso, che prevedeva l'arrivo continuo di giocatori dell'est presentati come futuri campioni, ma che si sono resi in parte protagonisti della "caduta del Palermo".
I tifosi reduci da sessioni di mercato deludenti, con l'arrivo di meteore e le continue cessioni di giocatori importanti, con Lupo pensavano che si sarebbe ripetuta la stessa storia, in virtù anche della poca esperienza del direttore sportivo in campionati di livello. I risultati, però gli stanno dando ragione. La scorsa estate Lupo ha portato in Sicilia Szyminski, Dawidowicz e Murawski, tre giocatori polacchi, giovani, duttili, volenterosi, che, dopo un iniziale scetticismo, sono oggi ritenuti importanti da tutto l'ambiente.
Alla corte di Tedino anche Coronado e Gnahorè che si sono rivelati ottimi acquisti, ma anche altri che per altre vicissitudini non si sono potuti mettere in mostra, come per esempio Ingegneri e Monachello.
Nel mercato di gennaio, Lupo è già riuscito a colmare alcune carenza di organico riscontrate nella prima parte di stagione: in difesa è arrivato il giovane belga Fiore, in scadenza di contratto con lo Standard Liegi, giocatore duttile che può ricoprire sia il ruolo di centrale che di terzino sinistro. In attacco è approdato dal Venezia, Stefano Moreo per dare fisicità e maggior peso al reparto offensivo.
In questa sessione di riparazione Lupo sembra puntare molto sul mercato transalpino: infatti dopo Fiore potrebbe arrivare il giovane centrocampista del Psg Lorenzo Callegari in scadenza di contratto. Si tratta per il prestito, anche se al momento non è prioritario. Al momento ci sono da segnalare due cessioni, Monachello che non trovava spazio e Cionek che ha chiesto di essere ceduto. A breve potrebbe partire anche Embalo, poco congeniale con il gioco di Tedino.
Va dato merito a Lupo di aver portato una filosofia di mercato diversa rispetto agli ultimi anno, con una logica, sfruttando al meglio le risorse che ha a disposizione. Zamparini pare aver deciso di dare piena autonomia alla coppia Lupo-Tedino e i risultati si vedono. Sembra davvero una nuova era per il Palermo, che attende di conoscere il suo destino dalla procura, ma che viaggia spedito verso il ritorno in Serie A. E forse non è un caso, perchè se andiamo a guardare le stagioni migliori del Palermo dell'era Zamparini, troviamo direttori sportivi validi e un minimo progetto: Foschi, Sabatini e oggi Lupo.
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sabato 20 gennaio 2018

Atlanta Hawks: cosa fare per rinascere? parte 1

Da tempo la situazione degli Hawks mi intrigava e, da tempo, stimolato da vari spunti trovati qua e là, mi ripromettevo di fare una piccola analisi su di loro. Ho evitato volutamente di mettere troppi numerini per evitare che il testo risulti noioso.

-07/01/17 Cavaliers acquire Kyle Korver from Hawks
-20/06/17 Atlanta Hawks trade center Dwight Howard to Charlotte Hornets
-06/07/17 Tim Hardaway Jr. signs 4-year offer sheet with New York Knicks
-13/07/17 Denver Nuggets sign free agent Paul Millsap
-18/07/17 Jazz sign Thabo Sefolosha

Quando gli Hawks, dopo aver smontato il roster pezzo per pezzo, si sono apprestati ad affrontare la stagione con un roster composto unicamente da alcuni giovani di (chi più, chi meno) belle speranze, qualche buon comprimario e svariati mestieranti, l'obiettivo e il futuro della franchigia penso fossero chiari a tutti: tanking.

Dopo 44 partite, poco dopo il giro di boa della regular season, gli Hawks si trovano esattamente dove si aspettavano (e desideravano) di essere. Con un record di 13-32, attualmente penultimi a est.
Allo stato attuale delle cose, avrebbero la più alta probabilità di aggiudicarsi, in sede di lottery, la first pick al prossimo draft...e, se non fosse la first pick, sarebbe comunque una scelta altissima in un draft in cui sembra non ci sia "errore", pescando uno chiunque tra i primi 5-6 prospetti.

La peggior squadra della lega, i nuovi Sixers, scambierebbero pure il palazzetto per una scelta al primo giro...  se ne sono lette di tutti i colori su di loro. Alcune cose non sono lontane dal vero, è innegabile. Il record parla chiaro, attualmente sono la peggior squadra della lega ma, paradossalmente, secondo me, si trovano in una situazione migliore rispetto ad altre franchigie e i motivi sono vari. Il primo, indubbiamente, è che nel perdere attualmente sono i migliori (peccato per il 4-6 nelle ultime 10), a differenza di squadre come i Suns, i Bulls o i Mavericks. Poi hanno delle basi ben precise e "solide" su cui ricostruire, cosa che non tutte le squadre da tanking hanno (o almeno, non così solide).

Il loro rebuilding e il loro futuro passano sostanzialmente da alcuni punti:

-Le Picks

Gli Atlanta Hawks potenzialmente ( e molto probabilmente ) si presenteranno al NBA draft 2018 forti di 3 scelte al primo giro.
Possiedono la loro scelta, che sicuramente sarà una delle primissime, e quasi sicuramente riceveranno la scelta dei Timberwolves (protected 1-14) e la scelta dei Rockets (protected 1-3). A queste va aggiunta la loro scelta al secondo giro, anch'essa tra le primissime.
Nel 2019 probabilmente si presenteranno al draft con altre due scelte al primo giro: la loro e quella dei Cavs (protected 1-10). A queste vanno aggiunte la scelta Hawks al secondo giro e una tra quella dei Timberwolves e dei Lakers (la più bassa).

In due anni, potenzialmente, si troveranno a chiamare 8 giocatori, di cui 5 al primo giro.
Ad ora, le principali esigenze della squadra sono sostanzialmente un centro (penso che molti ad Atlanta sperino di poter chiamare Ayton con la loro scelta) ed una guardia tiratrice. Poi, c'è un supporting cast da costruire e, con tutte quelle scelte, qualcosa di buono si può fare (sia "pescando" che scambiando).

Ritengo che sia ancora presto per mettersi a discutere su chi dovrebbero, o non dovrebbero, chiamare. La certezza è che 8 scelte in 2 anni non sono poca cosa e le possibilità (trade, trade up...) sono molte.

-Dennis Schroeder

E' il meno giovane dei giovani Hawks. E' un '93 e, vista la sua età, sarà chiamato ad essere il vero volto della squadra nelle prossime stagioni.

In questa stagione sta viaggiando a 20.1 punti, 3.0 rimbalzi, 6.8 assist e 1.1 rubate in 32 minuti di utilizzo. Sta tenendo i career high (come era preventivabile, comunque) per punti, assist, rubate, rimbalzi offensivi, FT%...e USG% (29,9%).

Purtroppo guardando il giocatore tedesco si può notare come abbia due facce. Da un lato, è un giocatore estremamente energico, atletico (pur essendo abbastanza undersized, rispetto alle dimensioni delle point guard degli ultimi anni), che ha dimostrato di essere migliorato decisamente sia nel decision making che nella comprensione del gioco.
Dall'altro lato è uno scorer inefficiente, con una scarsa dimensione perimetrale (29% in stagione su 3.7 tentativi, ma già se riuscisse a tenere un 34-35%, come nella scorsa stagione, le carte in tavola cambierebbero), incapace di coinvolgere adeguatamente i compagni.

Potrà diventare, in futuro, un giocatore importante(non un primo violino) per una squadra con delle ambizioni?

Buona parte del futuro degli Hawks potrebbe dipendere da quale delle due facce prevarrà.
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venerdì 19 gennaio 2018

Josip Ilicic è finalmente diventato un giocatore continuo?

Josip si è finalmente preso Bergamo, dopo le critiche giustificate per un inizio di campionato non proprio indimenticabile.

Da sempre criticato per la poca cattiveria agonistica, ora, dopo altri passati in Serie A, trova collocazione in un'Atalanta europea, che gli ha dato fiducia e lo ha messo nelle condizioni migliori per esprimere il suo talento, cristallino ma incostante.

Mette piede in Italia grazie al presidente rosanero Maurizio Zamparini, che preleva (dopo averci giocato i preliminari di Europa League) dal Maribor lui e il suo compagno di squadra Armin Bacinovic, che avrà poi una carriera minore in termini di soddisfazioni.

Gli anni rosanero sono degli anni altalenanti ma estremamente densi per Josip.

Non proprio un funambolo, non molto abile di testa (nonostante i suoi 190 cm di altezza)  ma dotato di grande tecnica che rende pericolosa in ogni caso la sua presenza in prossimità dell'area di rigore avversaria, Josip si avvicina al calcio italiano, quel calcio giocato da talenti neanche lontanamente paragonabili a quelli della lega slovena.

Salterà solo poche partite durante la sua prima Serie A: questo ci fa capire che Josip si è ambientato, ed anche in fretta. Tuttavia, nonostante il mancino a tratti devastanti, il suo impatto realizzativo con il campionato italiano non è dei migliori: i primi due anni lo faranno esultare solo 14 volte, un numero di reti ben al di sotto delle sue potenzialità.
Il suo anno più prolifico in termini di marcature sarà il suo ultimo rosanero, il terzo italiano, in cui mette a segno 11 reti in 32 presenze e fa alzare l'interesse di importanti club per lui.

La Fiorentina punta forte sullo sloveno, battendo la concorrenza e arricchendo il portafoglio del presidente rosanero di 9 milioni di euro. Tante aspettative su di lui, tante promesse da mantenere.
Forse troppe.
Stevan Jovetic si è appena trasferito in Inghilterra, al Manchester City, Mario Gomez è stato chiamato per essere il suo sostituto (sarà poi autore di un flop pazzesco) e approderà a Firenze insieme a lui lo sloveno prelevato dal Palermo.

Il primo anno in viola sarà però da dimenticare, totalmente.
Sul piano del potenziale espresso in campo, dei gol, delle presenze. Ci vorrà qualche anno di ambientamento, qualche allenamento in più per veder il miglior Ilicic.

Infatti, anche qui sarà il terzo anno in viola quello migliore per il trequartista scuola Triglav: 15 reti in 37 presenze, la stagione che avrebbe potuto rappresentare un trampolino di lancio (forse l'ultimo) per la carriera dello sloveno.
Ma niente, l'anno dopo rientra in quel tunnel in cui è solito transitare per un po'.

Ora la Dea, inversione Europa League, con al suo fianco Gomez, che potrebbe rappresentare il suo più grande problema, ma che, stando alle ultime prestazioni, non sta facendo altro che giovare allo sloveno.

Al Palermo era considerato la spalla di Pastore, alla Fiorentina era incredibilmente offuscato da Giuseppe Rossi (16 gol in 21 partite) e Cuadrado (esploso proprio in quella stagione) e questa storia potrebbe ripetersi a Bergamo, dove il Papu ha letteralmente trascinato l'Atalanta verso la qualificazione europea.

Che Ilicic soffra l'ombra dei compagni di squadra talentuosi è documentabile: il miglior anno rosanero di Ilicic coincide con l'assenza di Pastore, passato l'anno prima al PSG, così come il miglior anno in viola coincide con l'assenza di Cuadrado, Giuseppe Rossi e simili. L'anno della sua esplosione viola era l'uomo di punta del reparto offensivo viola, così come l'anno della sua esplosione al Palermo.

Però intanto godiamocelo l'Ilicic di queste ultime prestazioni, che non si vedono tutti i giorni talenti (parzialmente) sprecati come il suo.

Un Ilicic più maturo, che gioca con e per gli altri.
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giovedì 18 gennaio 2018

La legge di Anfield

Ci voleva Jurgen Klopp per costringere Pep Guardiola e il suo Manchester City alla prima sconfitta in Premier League, la seconda in stagione dopo la battuta d'arresto subita in Champions League per mano dello Shakhtar Donetsk, ininfluente però per la qualificazione agli ottavi. Klopp ora è in vantaggio negli scontri diretti con Guardiola: dopo la partita della settimana scorsa sono 6 le vittorie del tedesco, in dodici confronti diretti giocati tra Bundesliga e Premier League.
Andiamo ad analizzare quali sono state le chiavi tattiche che hanno permesso al tecnico tedesco di mettere sotto una delle squadre più forti d'Europa, almeno per una settantina di minuti.

Pressing alla tedesca
Aggressione e ri-aggressione sono i cavalli di battaglia delle squadre di Klopp da sempre, e il Liverpool durante la partita non ha difettato in intensità durante queste situazioni. Per settanta minuti i Reds sono riusciti a minare le certezze del Manchester City, a partire dalla costruzione bassa, giocata coinvolgendo anche l'incredibilmente dotato Ederson.

Il Liverpool è rimasto alto ai limiti dell'area di rigore avversaria, con la linea di difesa che si è alzata sistematicamente per comprimere gli spazi tra i reparti. Roberto Firmino era il primo muro posto da Klopp tra i due centrali di difesa e il playmaker Fernandinho. In questo modo, Stones e Otamendi non potevano giocare a schermo col brasiliano per attirare gli avversari davanti, ma erano invece costretti a girar palla sugli esterni. Per capire quanto era importante per Klopp tenere Fernandinho fuori dal gioco del City, basti guardare alla posizione alta di Can, ben oltre le due mezzali del Liverpool, ad impedire un controllo tranquillo all'avversario, nel caso fosse riuscito a ricevere comunque palla.

La posizione delle ali Salah e Manè era inizialmente stretta, a proteggere ogni tentativo di imbucata centrale verso le mezzali avversarie o verso l'unica punta Aguero. I due facevano una fatica immensa, infatti poi uscivano forte sui terzini quando questi erano in procinto di ricevere il pallone ai margini della linea laterale, costringendoli così o a forzare la giocata in avanti o a perdere metri di campo. Alle spalle delle ali Wijnaldum e Oxlade-Chamberlain restavano comunque in marcatura a uomo sui loro omologhi, De Bruyne e Gundogan, e allo stesso modo i terzini Robertson e Gomez seguivano le ali Sterling e Sanè.

L'efficacia di questo meccanismo, eseguito da tutti alla perfezione con il rispetto dei tempi d'uscita e delle distanze corte, è testimoniata anche dai numeri. Prima di questa partita, il Manchester City ha concesso una media di 8.3 recuperi palla nella propria metà campo, mentre il Liverpool ne ha raccolti 20, più del doppio. Gli uomini di Guardiola hanno ridotto dell' 11,8% il numero di passaggi giocati con successo in ogni zona; ma soprattutto il Liverpool ha costretto i propri avversari a giocare nella propria metà campo più di quanto fossero abituati a fare: dopo aver giocato nelle 22 giornate precedenti una media di 331 passaggi a partita nella propria metà campo ieri il City ne ha giocati 125 in più.

L'importanza delle seconde palle
La tattica che il Liverpool ha usato per forzare la mano al Manchester City ha generato un grosso numero di palle contese. Se c'è un fondamentale nel quale il calcio di Klopp è ancora più adatto al campionato inglese di quello di Guardiola è proprio nella conquista delle seconde palle. In pratica tutti i gol dei Reds sono nati da una situazione del genere.

Il gol dell'1-0, segnato dal Liverpool dopo soli 8 minuti, nasce da una palla contesa sulla quale si fionda Oxlade-Chamberlain, la cui corsa in conduzione lascia sul posto Delph e prende in controtempo Otamendi, che si stava allargando per andare a coprire Salah. Il gol del Liverpool per il momentaneo 2-1, quello che segna l'inizio dei dieci minuti più folli di tutta la partita, con i Reds a segno altre 2 volte, nasce proprio da una situazione del genere: le due mezzali Wijnaldum e Chamberlain mangiano letteralmente De Bruyne su una palla rimasta a metà sulla trequarti del Liverpool dopo un duello di testa tra Sanè e Robertson. Il gioco a due tra le due mezzali dei Reds libera Chamberlain alle spalle del centrocampo del Manchester City, che può così giocare un filtrante in profondità sulla corsa di un compagno.
In molti hanno sottolineato la gravità dell'errore di Stones, reo di aver perso un duello fisico con un giocatore sulla carta più leggero come Firmino. Ma forse è perfino più grave la superficialità di Otamendi che, convinto di un ipotetico vantaggio del compagno, non ha rincorso Firmino all'indietro, preferendo andare in copertura verso la porta.

Quattro minuti dopo questo episodio, Salah ha conquistato ancora palla in pressione su Otamendi e ha permesso a Manè di scagliare il suo sinistro vincente nel sette alla destra di Ederson. Infine, al sessantesimo, Salah ha siglato personalmente il 4-1 beffando Ederson con un pallonetto, dopo un'uscita precipitosa e una giocata di piede scadente del portiere, forzata però ancora una volta da una palla vagante riconquistata da Wijnaldum.

Il Liverpool ha vinto la maggior parte dei duelli e lo ha fatto in tutte le zone del campo: 32 tackle vinti a 24, 20 intercetti a 9, 24 palle rubate a 18. Il City ha avuto una netta superiorità solo nei duelli aerei e principalmente grazie a Otamendi e Fernandinho. Ma quando la palla colpiva terra, era quasi sempre un giocatore vestito di rosso ad arrivare per primo.

Il lavoro delle mezze ali
La partita del Liverpool non è stata solo caratterizzata dal calcio "Heavy metal" che piace tanto al suo allenatore. Negli otto minuti che hanno portato al gol di Chamberlain, il Liverpool ha avuto il vantaggio nel possesso palla e nella percentuale di passaggi riusciti. Anche se è arrivato a inizio partita, il primo gol ha rotto l'equilibrio e ha finito per cambiare i piani dei due allenatori. Il Liverpool però ha continuato a determinarne il contesto, abbassandosi e controllando gli spazi.
La circolazione bassa del Liverpool aveva lo scopo di liberare uno tra Wijnaldum e Chamberlain alle spalle di Gundogan e De Bruyne, ma i Reds non hanno disdegnato il calcio lungo direttamente sulle punte, anche senza pressione avversaria, proprio per incrementare quelle situazioni di palla contesa nella trequarti avversaria. In questi frangenti, la forza delle mezzali, con la loro capacità di accorciare continuamente in zona palla, si è rivelata fondamentale.
Chamberlain ha costantemente riempito l'area di rigore avversaria. Lui e Wijnaldum hanno alternato movimenti incontro per ricevere il pallone a movimenti interno-esterno, per liberare spazio centralmente e permettere alle punte di essere servite. Se in fase di non possesso sono stati decisivi per negare spazi centralmente, soprattutto alle mezzali avversarie, in fase di possesso hanno semplificato l'avanzata del pallone lungo le catene laterali.

Meccanismi difensivi impeccabili
La partita del Liverpool è stata disciplinata in ogni contesto, anche nelle fasi di difesa statica, notoriamente una delle più problematiche per questa squadra. Il Liverpool è sempre riuscito a restare compatto, si coperto al centro ma con costanti scivolamenti in zona palla

Le uscite dei centrocampisti o dei difensori sono state coperte sempre con efficacia: quando la mezzala saliva a coprire il pallone, Can si muoveva lateralmente sul lato forte e lo stesso movimento era eseguito dalla mezzala opposta. Allo stesso modo, quando un terzino usciva sull'ala per evitare di essere poi puntato, tutta la linea di difesa si muoveva lateralmente per compensare. Per il portatore di palla del City è stato molto complicato avere la visuale libera, sia per giocare il pallone filtrante, che per cercare l'ala in isolamento contro il terzino con un cambio di gioco. Più in generale, le rotazioni tra mezzala, ala e terzino dei Citiziens si sono rivelate efficaci e gran parte del merito va forse attribuito al lavoro oscuro operato da Emre Can. Il turco-tedesco, che potrebbe arrivare prossimamente in Italia (sponda Juventus), oltre a sfiancarsi nel lavoro di raddoppio su Fernandinho, nelle zone basse di campo ha lavorato come un vero e proprio battitore libero davanti la difesa, assorbendo gli inserimenti degli avversari nei mezzi spazi.

La bontà della prova di Can è stata ancora più evidente dopo la sua sostituzione con Milner. Nei dieci minuti finali, il City ha segnato due gol che hanno rimesso in piedi la partita, e in entrambe Milner si è eretto a protagonista negativo. Prima ha bucato l'intervento in tackle, finendo per sguarnire la zona davanti la difesa e per favorire il gioco a due tra Gundogan e Aguero, che ha portato al gol di Bernardo Silva. Poi Milner non ha assorbito il contro-movimento di Gundogan, che si è inserito nello spazio liberato dall'arretramento di Sanè, che aveva trascinato con sè Lovren. Gundogan ha poi siglato il gol del 4-3 finale.

Al Manchester City non è riuscito il miracolo. In stagione le era già capitato sette volte di ribaltare una situazione di svantaggio: un'impresa difficile da spiegare ad un livello così competitivo. Una battuta di arresto su un campo dove i Citiziens non vincono dal 2003 era preventivabile e, guardando alla classifica, persino sopportabile. Guardiola può dormire insomma sonni tranquilli, anche se il Liverpool è riuscito forse finalmente a rispondere al dilemma su come si batte questo City, ma quante squadre hanno i mezzi per replicare una partita del genere?

La sfida di ieri è stato uno spt eccezzionale per il rinnovamento tattico che la Premier League ha iniziato lo scorso anno, e che ora sta iniziando a dare i suoi frutti. Due tecnici all'avanguardia come Guardiola e Klopp sono riusciti a offrire uno spettacolo a livello tattico di alto livello, pur nel contesto caotico e squilibrato tipico della Premier League, che ancora costituisce parte del suo fascino.
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mercoledì 17 gennaio 2018

#OnFire - Anthony Davis

Che fosse in un periodo di onnipotenza lo si era intuito al Madison due notti fa, con una partita regale condita da alcuni canestri impressionanti (quello decisivo su Porzingis andrebbe rivisto fino alla noia). Che però fosse capace di imporsi non sui Knicks, ma sul parquet della prima squadra a Est, quei Celtics che girano a perfezione e reduci da 8 vittorie nelle ultime 9, con 45+16 (di questi 16 rimbalzi ben 8 sono offensive) era davvero difficile da ipotizzare.

Per la seconda partita di fila va sopra i 45 punti e 15 rimbalzi, roba di cui nessuno è stato capace negli ultimi 35 anni. I Pelicans sono "solo" 3 partite sopra il 50% ma sembrano capaci di centrare i Playoffs nonostante un roster che, al netto di DMC e Holiday, sembra davvero scadente.

Noi nella nuova generazione che sforna talenti su talenti dall'ultimo draft, finiamo quasi per dimenticarci di questo ragazzo del 1993 che, seppur tra qualche problema fisico di troppo, tende abbastanza spesso a rimarcare di essere uno dei migliori cestisti della lega. Si è "svegliato" troppo tardi per inserirlo nella lista dei candidati MVP?
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#OnFire - Joel Embiid

Prima o poi, qualcuno gli farà ingoiare il suo iphone come una zigulì all'amarena. Però in campo sta ridefinendo il ruolo del centro moderno partita dopo partita.
Si, esatto: "centro", non "dinosauro", "telegrafo" o "fax". I centri in grado di dominare esistono ancora. Un po' anche grazie a Embiid. Trattasi dell'evoluzione naturale di Olajuwon, Ewing o David Robinson. Il futuro, benvenuti nel 2018.

Ieri notte, nella vittoria sui Raptors, Joel ha mostrato in tutto il suo splendore, come si gioca da centro puro nell'era dell'intelligenza Artificiale, dei Social e delle cretinate di Lavar. Il post-basso, per lui, è pane quotidiano. Poi, magari, decide anche che può spostarsi sul perimetro o tirare da tre a rimorchio in transizione (con grande morbidezza di tocco). Però, il post-basso è il suo pane quotidiano.

C'è stato un movimento su tutti, nel primo quarto contro Valanciunas, a simboleggiare quanto Embiid sia a proprio agio spalle a canestro. Badate bene, roba per palati fini. E non solo perchè ha segnato.
JJ Redick lo serve sul lato sinistro. Embiid sfrutta il perno per ruotare leggermente. Vuole prima guardare il centro area (con la visione periferica) per servire a una mano un taglio. Nessuno si butta in mezzo, quindi decide di giocarsela uno contro uno. Parte stessa mano - stesso piede verso destra, vira, accenna un dream-shake, torna a sinistra sul perno e fa arresto-passo in avvicinamento-e-tiro. Canestro, fallo, "processo". Raffinato, intelligente, poderoso.

Per non parlare del resto, con turn-around-jumper dal centro area, jab-step e tiro dalla media, movimenti in avvicinamento (mettendo anche palla a terra) e la sua "classica" entrata dopo aver fintato la bomba (il difensore abbocca spesso, perchè il suo tiro è credibile).

In totale: 34 punti (in 34 minuti e spiccioli) con 11 rimbalzi, 11-21 dal campo e una speranza.
La speranza che Embiid diventi un giocatore "generazionale", un modello tecnico a cui ispirarsi per i più giovani (non lo è già?). Così, magari, potremo vedere qualche altro 2.13 con buoni fondamentali in post e meno ossessione per il tiro da tre. Il gioco ne beneficerebbe.
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lunedì 15 gennaio 2018

NBA Sundays: New York Knicks vs New Orleans Pelicans

I motivi per guardare questa partita ci sono eccome, in primis per seguire il duello ravvicinato tra Porzingis e Davis e quello tra Kanter e Cousins.

Primo tempo: Le due squadre partono subito forte, ma parte forte soprattutto Kanter che sveglia il Madison Square Garden con una schiacciata poderosa sulla testa di Demarcus Cousins. I Pelicans chiamano il primo timeout quando sono sotto 15-11, Porzingis ha già messo a referto 7 punti mentre dall'altra parte gli unici ad andare a segno sono Davis e E'Twaun Moore. Gli altri Pelicans dormono e continuano a sbagliare tantissimi tiri e i Knicks si ritrovano addirittura sopra di +9 con 7 punti di Jarrett Jack. Una tripla di Doug McDermott porta New York per la prima volta in doppia cifra di vantaggio a +14, mentre le percentuali dei Pelicans - al netto di conclusioni di buona qualità- precipitano a 2/14 da tre e 5/23 dal campo. Un bel canestro di Tim Hardaway jr. alzando la parabola contro Anthony Davis permette ai Knicks di chiudere il primo quarto sul 29-13.
I padroni di casa toccano il massimo vantaggio con un'altra tripla di McDermott sul +17, ma da quel momento si svegliano i Pelicans, che fanno rientrare quasi subito in campo Cousins e Davis e cominciano la rimonta fino ad arrivare a -6, con Jrue Holiday che finalmente si sblocca da tre salendo a quota 10 punti segnati. A quel punto l'Unicorno new yorkese torna in campo e rimette le mani sulla partita tornando sopra di ben 15 lunghezze, andando a chiudere i primi due quarti con il risultato di 57-48 perchè Davis sulla sirena spara una tripla wide-open.

Secondo tempo: Anthony Davis ricomincia da dove aveva lasciato segnando dalla media distanza per il -7 e forzando il timeout di coach Hornacek che è arrabbiatissimo con i suoi. Davis converte un altro passaggio facile e arriva a quota 20 punti con solo 3 errori al tiro su 11 tentativi, ma la difesa dei Pelicans continua a lasciare spazio a Jarrett Jack che è in giornata di grazia e realizza il suo 19esimo e 20esimo punto, che equivale anche al suo record stagionale. Di conseguenza dopo l'ennesimo timeout chiamato dal coach dei Pelicans per cercare di dare una svegliata ai suoi, Porzingis regala alcune pennellate che contribuiscono a riportare la squadra della "grande Mela" sul + 15, tra l'altro dimostrando di saper reggere alla grande il confronto con Cousins, ma soprattutto con Davis (visto che il primo questa sera appare abbastanza svogliato). Davis continua a mettere punti attaccando il ferro e scollina a quota 30 punti. Tim Hardaway Jr da solo batte l'intera panchina dei Pelicans per 16-5 dimostrando ancora una volta le svariate difficoltà di un roster cortissimo come quello di New Orleans. In qualche maniera i Pelicans riescono a contenere lo svantaggio a soli 14 punti in chiusura di terzo quarto, anche se dal punto di vista fisico sembrano alle corde. La contemporanea uscita di Porzingis e l'ingresso di un disastroso Michael Beasley, però, rimettono in partita i Pelicans, che sono trascinati da Davis che continua a segnare arrivando a quota 39 e portando i suoi a -8.
La difesa dei Pelicans sale di tono con Demarcus Cousins (fino a quel momento disastroso) ma continua a pasticciare in attacco e non riesce ad andare oltre il -6 di svantaggio. L'accelerazione arriva negli ultimi due minuti di partita, in cui i Pelicans riescono ad arrivare due volte a -2, ma la prima volta Hardaway jr risponde alla grande segnando dalla media distanza e la seconda volta non viene fischiato un vistosissimo fallo ai danni di Davis che sarebbe valso il pareggio a 30 secondi dalla fine. Poi però nell'azione successiva Porzingis commette fallo in attacco e a 3.5 secondi dalla fine Davis impatta sul 109-109 su assist di Cousins.

Supplementare: Hardaway Jr apre il supplementare con una tripla, anche se poi sbaglia in difesa e concede un gioco da tre punti a Holiday e Cousins a rimbalzo d'attacco firma il sorpasso. Porzingis risponde immediatamente con la folgorante tripla del +2, ma ancora Holiday replica dall'arco per un minuto di sorpassi e contro sorpassi. Kanter va a segno dalla breve distanza e poi forza la palla persa a Cousins, ma uno scatenato Holiday va di nuovo a segno con un bel arresto e tiro che manda al bar gli avversari. A questo punto nel possesso successivo si affrontano i due pesi massimi delle due squadre in attacco c'è Anthony Davis e in difesa  Kristaps Porzingis. A questo punto il pellicano si inventa un canestro pazzesco e porta i suoi sul 120-117.
A questo punto Porzingis avrebbe anche la tripla aperta per pareggiarla ma sbaglia il tiro. Vincono i New Orleans Pelicans per 123-118 rimontando una partita che sembrava persa, grazie alla prestazione mostruosa di Anthony Davis che mette a referto 48 punti e 17 rimbalzi, ai 31 di Holiday e a un Cousins che nonostante la brutta prestazione al tiro 4/16 sfiora il 5x5 con 15 punti 16 rimbalzi, 5 assist, 7 recuperi e 3 stoppate. Ai Knicks invece non bastano i 25 a testa di Porzingis e Hardaway Jr, i 22 di Jarrett Jack e i 18+10 di Kanter per portare a casa una vittoria che a fine terzo quarto sembrava una semplice formalità.

Secondo il mio parere la partita l'ha persa New York, perchè non ti puoi permettere di subire una rimonta così, anche se l'artefice principale della rimonta ha chiuso alla fine con una prestazione spaventosa da 48 punti e 17 rimbalzi. Se vogliamo trovare la causa della sconfitta basta andare a vedere come hanno affrontato difensivamente l'ultimo quarto i padroni di casa. Inoltre sono mancati i punti di Michael Beasley che ha giocato veramente male. Dalla parte dei Pelicans ho apprezzato comunque DeMarcus Cousins che si è reso conto di non essere in giornata e ha lasciato più spazio in attacco al compagno di reparto Davis, continuando comunque a impegnarsi in difesa.
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domenica 14 gennaio 2018

#LaRubricaDelGM

In questa nuova serie andremo ad analizzare il lavoro svolto da i GM di alcune squadre NBA e cercheremo di vedere le mosse giuste da fare per risollevare le sorti di quella franchigia
Oggi cominciamo con i Los Angeles Clippers che in questo momento in cui scrivo sono con il record di 20-21 e sono a una partita da New Orleans che occupa l'ottavo posto e a una e mezza da Oklahoma che occupa il settimo posto.

Alzi la mano chi, ai blocchi di partenza della stagione, non ha pensato che il GM dei Clippers avesse fatto l'Offseason della vita:
-via Luc Mbah a Moute (lacrime)
-via CP3 (fiumi di lacrime)
-via The Truth (esondazioni)
-dentro Gallinari (bene)
-il rinnovo di Griffin (benissimo)
-Teodosic (cuori a raffica)
-Beverley (Oh si, siamo cattivissimi)
-L. Williams (al posto della panchina si è presa una tripla)
-Dekker (eh, ce l'hanno dato)
-Harrell (eh ci hanno dato anche lui).

Viste le premesse, tanto di meglio, o anche poco di meglio, secondo me era difficilissimo fare. Voto al GM altissimo. Poi però, si inizia a giocare. Si ferma Teodosic, si ferma Gallinari, si ferma Beverley, si ferma Griffin. 4/5 del quintetto fuori, non per due giorni. Per mesi. Nel caso di Beverley, per una stagione. Poteva essere General Manager dell'anno, ma c'è scritto Clippers, e quindi oltre alla palma della sfiga non si vince nulla. Il lavoro del GM è capire il momento storico della squadra e adeguarsi di conseguenza: la situazione però non è delle migliori. Adesso tra due settimane dovrebbe tornare Gallinari mentre sono già tornati Griffin e Teodosic.
Vendere per perderne tante? Difficilissimo, perchè anche cedendo DeAndre (l'unico che avrebbe senso cedere) a meno di regalarlo (follia) si andrebbe probabilmente a migliorare la profondità del roster, e paradossalmente a vincere un pochino di più.
Migliorare il roster a stagione in corso? Impossibile, almeno per puntare seriamente alle Finali di Conference.
Quindi? Quindi il bravo Gm deve pazientare. Deve convincere il mondo ad aspettare la Los Angeles meno titolata ancora un anno, sperare di indovinare un'altra off-season e soprattutto sperare che, l'anno prossimo, ci sia scritto un po' meno Clippers, su quella maglia.

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sabato 13 gennaio 2018

Lauri Markkanen è il nuovo Nowitzki?

Diavolo di un pick-and-pop. Non dico che era stato sottovalutato in sede di draft, la sua mano non permetteva di sottovalutarlo. Però, sinceramente, non pensavo potesse essere così efficace fin da subito.

Ala-forte di 2.13, ma in spot-up sembra Kyle Korver. Anzi, i Bulls sul perimetro lo cercano come se fosse Korver. E fanno bene, perchè tecnicamente è quasi perfetto, lineare, a tratti imbarazzante per la felicità con cui la palla esce da quelle mani. Ha il tiro nel sangue, esattamente come i tiratori puri. Esattamente come lo avevano Hubert Davis, Dell Curry o Dale Ellis.

Ovvio che, da quelle altezze, possa tirare in faccia anche a Shaq sulle spalle di Yao Ming( o il contrario). Meno ovvio che sia così rapido a posizionare i piedi anche in uscita da un blocco pin-down o che rimanga sempre in controllo quando taglia dentro e poi esce sulla linea da tre.

Nella vittoria contro i Knicks di due notti fa mi ha impressionato. Non è un creatore di gioco, ma al momento va bene così. A NY ha giocato con focus, non ha mai tremato, seppur nel più emozionante palcoscenico del mondo. Dove gente come Reggie Miller o Michael Jordan ha fatto la guerra. No, nulla, in tranquillità Markkanen ne ha segnati 33 con 8-15 da fuori e una schiacciata in transizione sulla testa di Kanter, dopo aver superato Doug McDermott.

Ne sta mettendo 15.4 di media, non è poco. Pensavo fosse l'evoluzione di Matt Bullard, Terry Mills, Jason Smith. Mi sa che (salvo imprevisti) il finlandese sarà molto, ma molto, ma molto di più.
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venerdì 12 gennaio 2018

Bruno Tedino il mago che ha svegliato alcuni calciatori del Palermo

Posavec, Struna, Jajalo, Chochev e Trajkovski.
Una lista mica tanto breve questa che vede in fila cinque interpreti rosanero bersagliati, fino a qualche mese fa e a buon ragione, da gran parte dei tifosi del Palermo.
Fischi al "Barbera", improperi lanciati dal divano quando si giocava in trasferta, pagelle inguardabili, a volte anche insulti personali e, dunque, fuori luogo per questi giocatori che ancora non erano riusciti nell'impresa neanche troppo ardue di entrare nel cuore della piazza palermitana. Sarebbe bastato un cenno di presenza, di orgoglio che a volte esula anche dalla prestazione, eppure, complici le due precedenti annate disastrose, il pubblico del Barbera non ha potuto abbracciarli ed accoglierli come sa fare.
Fino all'arrivo di Tedino.

Perchè il tecnico friulano, anche lui oggetto dello scetticismo iniziale, sin dal suo arrivo ha saputo porre delle priorità nel piano del lavoro stabilito per riportare il Palermo in A.
E prima del gioco e degli schemi, era necessario recuperare tanti calciatori le cui motivazioni erano andate perse tra la cocente retrocessione dello scorso anno e le vicende fuori dal campo. Così, con calma e fiducia, Tedino ha sciolto una matassa che pareva tanto ingarbugliata da non poter più essere utile alla causa\.

A partire da Josip Posavec -a mia memoria il giocatore più fischiato dell'era Zamparini.
Al giovanissimo croato mancava soltanto un'aggressione fisica, poi avrebbe completato l'iter per laurearsi come il più odiato dai tifosi rosa. Errori decisivi? Papere inguardabili? Non solo: ciò che davvero appariva inaccettabile era l'incapacità di reagire alle critiche con prestazioni all'altezza. Tedino gli ha rinnovato la fiducia, contro tutto e tutti, pur avendo a disposizione un rimpiazzo come Pomini che certamente sarebbe stato garanzia di sicurezza per la categoria.
Il portiere classe '96 ha risposto presente: qualche incertezza iniziale ha fatto vacillare ancora una volta la pazienza degli stanchi spettatori, ma se oggi la difesa rosanero è la migliore del campionato, una parte del merito va dato anche a lui.

E per restare in tema difensivo, un'altra fetta del primato della retroguardia va ad Aljaz Struna, uno di quelli che parla poco ma, evidentemente, lavora tanto. Due anni fa, con la maglia rosanero aveva combinato parecchi disastri. Tanto da essere prontamente ceduto, seppur in prestito. Il suo ritorno avrebbe dovuto essere passeggero, di sponda in attesa della cessione definitiva. In primo luogo il presidente Zamparini, invece, ha deciso di puntare forte sullo sloveno, che oggi, al termine del girone d'andata, figura tra i migliori difensori della cadetteria.
Nessuno ci avrebbe scommesso un soldo bucato tranne Tedino, che lo ha piazzato al centro dei tre di difesa e gli ha affidato i compiti di impostazione dal basso. Anche in questo caso, lo scetticismo di inizio campionato è andato a farsi benedire.

Capitolo centrocampo, là dove risiede il motore della macchina rosanero.
Perchè se non si fa filtro da quelle parti, dietro c'è da soffrire un po' di più. E se il gioco offensivo non passa dal cerchio di centrocampo, quelli in avanti non fanno soffrire le difese avversarie.
Insomma, i centrocampisti sono il fulcro di gioco di ogni squadra. E quei due, Jajalo e Chochev a questo giro hanno ragione del reparto e, lo dice la classifica, degli avversari. Il bosniaco non ha mai avuto feeling con la piazza. Con i tecnici, invece, si. Non era, non è, nè sarà mai un regista, un Andrea Pirlo o, per restare all'ombra del Monte Pellegrino, un Corini, ma tutti gli allenatori passati da Palermo negli ultimi tre anni hanno visto in lui un uomo imprescindibile per fisicità e caratura morale. Quest'anno Jajalo sta dimostrando un ottimo rapporto con la porzione di campo a lui riservata. E se cominciano a scappargli anche le giocate (vedi il gol contro la Salernitana), allora il suo apporto diventa imprescindibile. Come Chochev, che adesso tutti vogliono sempre in campo, mentre fino ad agosto tutti volevano in un campo di patate. Tedino l'ha detto fin dal primo giorno: il bulgaro è indispensabile, i risultati gli danno ancora una volta ragione.

Si arriva così al bell'addormentato fresco di risveglio, Alek Trajkovski. Anche lo scommettitore più accanito gli avrebbe dato al massimo due centesimi. E la prima parte del girone d'andata ha confermato la sfiducia nel macedone. Poi è uscito dal coma. E non si può non prendere atto delle parole di Tedino, reiterate ad ogni domanda sul numero 7: dategli tempo. Trajkovski il tempo se l'è preso proprio tutto, ma alla fine ha soddisfatto le aspettative dell'allenatore e dei tifosi diventando un'elemento imprescindibile nelle ultime giornate.

Il più lampante risultato della cura Tedino oggi è scritto nella casella dei punti fatti dal Palermo: 39 in 21 giornate; primo posto in classifica; imbattibilità in trasferta; miglior difesa; appena due sconfitte.

La piazza pretendeva un mercato che rivoltasse la rosa come un calzino. La rivoluzione, invece, l'ha fatta il tecnico: fiducia nei giocatori a disposizione e tanta tanta pazienza.
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lunedì 8 gennaio 2018

Bonucci è tornato?

Di certo non si valuta un giocatore da un goal, specialmente un difensore. Ma dopo mesi di critiche, se il suo goal regala 3 punti al Milan qualcosa deve pur valere.
Com'è possibile che un calciatore fino allo scorso anno considerato tra i migliori in Europa, di colpo perda il talento?
Semplicemente non lo perde. La Juventus ha fatto diventare Bonucci un leader, uno di queli che o lo si ama o lo si odia. La grinta e il carisma che pochi altri hanno. Quando però fai una scelta così difficile rischi di montarti la testa, rischi di avere un'idea di te stesso migliore di quella che effettivamente è la realta.
Poi le partite girano male e i primi dubbi sulle capacità spuntano fuori. In metà stagione le ha passate tutte, le critiche furibonde, gli errori più ingenui, il nervosismo e l'espulsione. Non è facile dare il massimo con tutta la tensione che ti circonda. E così il ritornello "senza Barzagli e senza Chiellini" è diventato una moda. Sarebbe bello per lui poter dire di no, ma è la verità. Un attaccante può decidere le partite con una giocata, per un difensore non è così semplice.
E' un ruolo delicato e Bonucci ha pagato per questo. Un cartellino così costoso alza inevitabilmente le aspettative, ma se ti ritrovi in una squadra che non gira e praticamente a pezzi come quella del Milan, puoi farci poco anche quando ti chiami Leonardo Bonucci.
Una buona difesa non la fa un difensore, ma la squadra. Basta vedere la Juventus che con gli stessi interpreti è passata da prendere gol ogni partita a non subirne più. Una buona difesa dipende da tutta la struttura della squadra e quando anche i tuoi compagni di reparto non sono all'altezza (e le colpe sono forse più della società che del singolo), a pagare sei tu.
Le qualità di Bonucci  le conosciamo tutti e non si possono nascondere, le critiche piovono su di lui e ci può anche stare. Ma Leo no, il talento non l'ha perso.
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domenica 7 gennaio 2018

Barzagli racconta la sua carriera

"Il periodo più difficile della mia vita è stato lontano da casa mia. A Palermo mi ero trovato bene, Lippi mi aveva voluto come terza scelta per il mondiale, poi era arrivato il Wolfsburg, una squadra straordinaria, un'ambiente un po' difficile. A 30 anni mi sentivo un calciatore finito, non avevo più stimoli e difendevo poco. Era il 2011, sera, a cena con degli amici. Il mio telefono squilla molte volte, non rispondo mai perchè credo sia qualcuno del Wolfsburg , non avevo la mentalità per sentire nessuno. Torno a casa alle 22, guardo chi era e scopro il numero di Del Piero. Lo richiamo:"Alex, ti disturbo?". "No, Barza, ti chiamo per chiederti una cosa. Come stai fisicamente?"  "Fisicamente? Non come quando siamo diventati campioni". Ha riso, poi ecco il suo piano: "La Juventus mi ha chiesto di proporre un difensore da portare qui, ho fatto il tuo nome. Devi prendere il primo aereo e venire qui, serve la tua esperienza". In un primo momento sono rimasto senza parole. Osservavo Del Piero distruggere il mondo quando ero piccolo, sentirlo a telefono era già un'emozione enorme. "Non posso, Alex, forse mi ritiro". "Cosa? Vuoi ritirarti? Sei uscito di testa? Muoviti che a Torino dobbiamo rinascere, un leader difensivo come te serve". "Ma ho 30 anni e nessuna voglia di giocare".
"A 30 anni hai voglia a fare stagioni decenti, vieni alla Juventus".
Non ringrazierò mai abbastanza Del Piero per aver dato alla mia carriera un senso. Gli anni con la Juventus sono stati i migliori della mia carriera, ho disputato grandi partite e non c'è squadra migliore. Parlate del Real, del Barcellona, la Juventus è unica e nessuno sembra capirlo. La Fiorentina mi ha cercato per una stagione a 400.000 euro in più, ho rifiutato.
La mia carriera è intitolata a questa squadra"

ANDREA BARZAGLI
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giovedì 4 gennaio 2018

Gattuso racconta la finale di Berlino 2006

"appena arrivati allo stadio di Berlino mi sento i crampi allo stomaco. Non so quante volte sia andato in bagno prima di scendere in campo, credo una trentina. Per rimediare alla temperatura che saliva poi, decido di ricorrere ad un vecchio ma efficacissimo rimedio: un cubetto di ghiaccio proprio lì in mezzo... Ma appena sento l'Inno, mi passa tutto. Mi carico, sono orgoglioso, orgogliosissimo di essere italiano. Tempi regolamentari, supplementari, niente di fatto: si va ai calci di rigore. Un'altra volta, l'ennesima volta. Basta, non ne posso più. Sono stremato, ho una fifa incredibile. Partono i tiri, non li guardo, resto fuori dal campo girato verso il pubblico, litigando con il quarto uomo che mi vuole fuori dai piedi. Noi li segniamo tutti, per i francesi sbaglia ancora lui: Trezeguet. Traversa! Arriva l'ultimo tiro, quello di Grosso. Rincorsa, tiro...reteee! Siamo campioni del Mondo! Non ci credo, comincio a correre come un matto, vado da Lippi e gli urlo di tutto in faccia. Non chiedetemi cosa...Di quella notte ho un vuoto di memoria di dieci minuti. Dal gol di Grosso alla premiazione non ricordo nulla, se non tante immagini confuse nella mente. Solo quando ci chiamano sul palco realizzo che abbiamo compiuto un'impresa indimenticabile. Prendo la coppa tra le mani, la bacio e gli sussurro:"Quanti km mi hai fatto fare per venire da te!"
Nello spogliatoio è un macello, musica napoletana a tutta grazie al mio iPod e al mega altoparlante di Materazzi. Mezzi nudi, a bere e cantare come matti. E' un delirio, un'onda azzurra che si scatena contro tutto e tutti. Arrivano pure le autorità a farci i complimenti, e quando si presenta il Ministro dello Sport Giovanna Melandri, gli cantiamo: "Oh le leeè, Oh là laaà...Faccela..." Con lei imbarazzatissima di fronte a un branco di uomini in mutande fuori di testa. La festa continua tutta la notte, e chi dorme...
A tarda notte mi metto a rivedere, per la prima volta i rigori. Ogni volta che li guardo, dopo il gol di Grosso, mi viene la pelle d'oca alta tre centimetri. Al ritorno in patria, saliamo su un pullman scoperto e per ogni strada che imbocchiamo, sentiamo "Popopopopopopo", diventato oramai l'inno del Mondiale. Gente impazzita, tutti che si abbracciano, ci ringraziano, persone che salgono sul tetto delle proprie automobili sfasciandole. Poi al Circo Massimo raggiungiamo l'estasi dei sensi, mai viste così tante persone tutte insieme in vita mia. Quando suona l'inno d'Italia è una sola grande voce: grazie a noi, almeno per quel giorno, l'Italia è un Paese unito.

GENNARO GATTUSO
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martedì 2 gennaio 2018

Mirotic e la resurrezione dei Bulls

L'avvio dei Chicago Bulls, abbandonati anche dal beniamino casalingo Wade e dal disfunzionale Rondo, è stato qualcosa che, sportivamente parlando, veramente ha rasentato il dramma: 3 successi e 20 sconfitte nelle 23 di regular season per un disastroso ultimo posto ad est. Poi nelle ultime 14 partite c'è stata un inversione di tendenza con 10 vittorie e soltanto 4 sconfitte.
La resurrezione dei Bulls, stando alle parole di coach Hoiberg e ai numeri del campo, ha un nome e un cognome: Nikola Mirotic. Il cestista di origine montenegrina, dopo aver saltato l'inizio della stagione per una frattura facciale dopo una rissa in allenamento con il compagno Bobby Portis, è tornato a livelli spaziali portando questa squadra ad un record positivo con lui in campo. In alcune interviste Hoiberg non ha altro che parole d'elogio per il suo giocatore: " Niko ha portato una grande fiducia a tutti i compagni. Ora tutta la panchina lo segue quando effettua giocate importanti, tutti i ragazzi esultano assieme in campo dopo le azioni più belle...ci sta facendo diventare un gruppo affiatato. Mirotic del resto è sempre stato abituato a gestire la pressione nella sua carriera, e avere un uomo con la sua esperienza è utile e decisivo per la crescita dei tanti giovani di talento che abbiamo in squadra. Quando hai dei giocatori come lui, che sanno dare confidenza alla squadra, ne beneficia logicamente tutto l'ambiente".
La risalita dei Bulls è passata un po' sottosilenzio in queste ultime settimane, dopo un avvio di stagione davvero tragico, ma questa streak era comunque più probabile del ruolo di mentore di Mirotic per questi giovani Bulls: Niko è un giocatore sanguigno, spesso difficile da gestire, e anche l'incidente con Portis lo dimostra: eppure, paradossalmente, ciò ha fatto del bene alla squadra, che si è unita decisamente da quel momento, e ora i due stanno trovando grandi risultati personali e sono i fari dell'ambiente, dopo essersi riappacificati. Questo lo dice Kris Dunn, altro giocatore che sta trovando continuità dal ritorno di Mirotic: "Hanno riportato l'energia e la positività nel gruppo. Stanno giocando bene vicendevolmente: una volta ci fa vincere Portis, una volta ci fa vincere Niko. Siamo orgogliosi che tutti e due siano tornati al meglio".
Mirotic è semplicemente orgoglioso di essere divenuto, alla terza stagione a Chicago, il mentore di questo gruppo di giovani talenti: a questo punto della sua già lunga carriera, ha confessato di essere mosso dalla più grande passione per il gioco che abbia mai provato. I numeri del resto sono tutti dalla sua parte: Mirotic segna 18.3 punti e piglia 7.3 rimbalzi a serata (tutti e due i dati sono per lui career high). Inoltre sta tirando con il 50.3% dal campo e il 46.6% da tre (mai così bene in carriera).
Andiamo allora a spulciare le sue confessioni riguardo questo periodo d'oro suo e dei Bulls: " Sto cercando semplicemente di giocare con molta fiducia nei miei mezzi, e di prendere le cose in maniera più rilassata. Dopo il litigio con Bobby mi sono guardato dentro e ho capito che avrei dovuto cambiare atteggiamento... ed è ciò che sto cercando di fare. Anche in difesa sto giocando con maggiore energia e concentrazione: non sono mai stato così innamorato del gioco come in questo momento. Ho ancora tanto da migliorare, ma ho voglia di farlo come mai prima".
I supporter dei Bulls lo adorano, e lo acclamano dopo ogni sua giocata decisiva, mentre i compagni lo vedono come punto di riferimento. E, come ha detto ancora Dunn, è utile per tutti avere un giocatore che capisce così bene il basket e i suoi fondamentali d'orchestra. Mirotic ne è lusingato e dice ancora:"E' incredibile vedere tutti i giocatori in panchina divertirsi dopo ogni giocata e fare casino. Prima invece l'ambiente era troppo nervoso: in allenamento le cose andavano bene, ma non riuscivamo a mantenere la stessa qualità del gioco anche durante la partita. Ora invece la situazione è radicalmente diversa: entriamo in campo con tanta energia, e non stiamo ad attendere la partita ma aggrediamo gli avversari con un cipiglio leonino, questo è il grande cambiamento di attitudine che abbiamo mostrato".
E, a chiudere gli elogi, è chi li ha cominciati, Fred Hoiberg: "La cosa migliore del suo gioco, per adesso, non è tanto la qualità dei suoi tiri: è sempre stato un giocatore clutch, uno che può pigliarsi responsabilità quando la palla scotta. Ma, complessivamente, ha elevato globalmente il suo ruolo in campo: fa tante piccole cose che non vanno in tabellino, ma che iniettano dosi enormi di morale ai compagni. Segna, prende i rimbalzi, difende con continuità: tutto il suo gioco è migliorato, e ciò sta trascinando l'ambiente a questi meravigliosi risultati".
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