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Juventus, CR7 prove di addio: Storia di un'amore mai decollato

 Rispetto, passione e voglia di vincere . Tre pensieri che accomunavano la Juventus e Cristiano Ronaldo tre anni orsono e che sono stati f...

domenica 30 dicembre 2018

Buon compleanno LeBron

Nasce ad Akron, Ohio, Cleveland.
Vive un'infanzia complicata tra stenti e vita da nomade, con un padre che tutt'ora non ha mai incontrato e la sola madre a proteggerlo dal mondo intero.
Fin da ragazzino ha vissuto mille pressioni, con la gente che riponeva su di lui tantissime aspettative.
Poi c'è l'esordio contro i Kings che viene guardato da migliaia di persone che vogliono realmente vedere se questo ragazzo è così speciale.
Nonostante i numerosi record bruciati alla velocità della luce si rende conto che per vincere deve lasciare i suoi amati Cavaliers.
E quindi ecco che arriva The Decision, che fa di lui un bersaglio per gli haters, che lo reputano un perdente, perchè andando a Miami ha creato un super team.Con i titoli a Miami si toglie delle soddisfazioni, ma sa perfettamente che per farsi perdonare deve tornare a casa per chiudere un cerchio.
Si trova davanti però la migliore squadra possibile i Golden State Warriors.
Le prime Finals contro Golden State le perde e questo lo rende ancora più soggetto a critiche.

Poi c'è il 19 giugno 2016.
C'è quella che Flavio Tranquillo definisce una "Gioconda", una stoppata capace di riassumere al meglio quella rincorsa che come sul campo ha saputo completare nella vita fino a raggiungere l'Olimpo del basket.

Ma lui, non è solamente il giocatore più forte del mondo, noi lo conosciamo anche per il suo impegno fuori dal parquet, la sua scuola che permette a tanti bambini bisognosi di poter fare tutto il percorso di studi gratuitamente, le sue prese di posizione politiche e sociali, con la consapevolezza del ruolo e del megafono a disposizione. Senza sbagliare praticamente mai.

Il 30 dicembre del 1984, cambiava la storia di Cleveland, Dell'Ohio, dell'NBA della pallacanestro.
Il 30 dicembre del 1984 nasceva un signore chiamato LeBron Raymone James.
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domenica 23 dicembre 2018

E' un Gallo a 360 gradi

Avevo in mente già da un po' di tempo  di scrivere un pezzo su Danilo Gallinari, dopo le ultime gare convincenti questa voglia è aumentata e quindi eccomi qua a parlarvi del ragazzo da Graffignana.
Il Gallo sta viaggiando a 19.5 punti, 5.9 rimbalzi e 2.3 assist, sta tirando con il 45% dal campo e col 45% da tre, insomma delle statistiche da ottimo giocatore.
Questi dati confermano una cosa che per me era scontatissima, Danilo se è sano è un ottimo giocatore, il problema è che di norma sano non c'è mai.
Quest'anno sta avendo una fiducia pazzesca nei propri mezzi, è pericoloso dal perimetro e questo gli permette spesso di poter attaccare con veemenza il ferro, regalando con continuità belle schiacciate.
Per me la schiacciata in reverse contro i Mavericks è sinonimo di grande confidenza e forza fisica.
La parte offensiva di Danilo, non è comunque quella che mi sta sorprendendo di più, sappiamo benissimo quanto lui sia un attaccante nato.
Quello che finora mi lascia sbalordito è la voglia che mette nella metà campo difensiva.
I dati sorridono all'ala italiana, Gallo sta concedendo solamente il 38,9% di canestri quando lui è il difensore primario. Numeri del genere li hanno Covington o Tucker, che sono molto più abituati a difendere.
E il miglioramento nella metà campo difensiva ci tiene a sottolinearlo anche Doc Rivers, che dice candidamente che l'Ex Olimpia è uno dei migliori difensori dei Clippers in questa stagione.
Ne sono la dimostrazione le prove ineccepibili contro gente come Lillard, Antetokounmpo o lo stesso Jokic, che ieri è andato di matto quando si trovava di fronte Gallinari.
Insomma Gallinari non è soltanto un attaccante puro, ma sta diventando sempre di più un giocatore a 360 gradi, fino ad ora insieme ad Harris il giocatore di riferimento per questi sorprendenti Clippers.
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mercoledì 19 dicembre 2018

I sorteggi dei sedicesimi di Europa League

Ieri abbiamo affrontato l'argomento dei sorteggi di Champions League, oggi invece andiamo a trattare gli accoppiamenti per i sedicesimi di Europa League.
L'Europa League è la competizione più imprevedibile di tutte, non può essere affrontata nè con superficialità nè con superbia. Le squadre che disputano questo torneo lo trovano come un occasione per poter arrivare a traguardi altrimenti irraggiungibili.
Per quanto riguarda le italiane, Inter e Napoli trovano due avversari abbordabili, adatti per approcciare a questa competizione con progressivo impegno.
Il Rapid Vienna, avversario dell'Inter, vive una delle stagioni più difficili degli ultimi anni.
Nonostante una rosa che in patria è considerata ottima, difficilmente potrà accedere ai playoff, a cui accedono le sei migliori formazioni della regular season austriaca.
Il Rapid dopo aver cambiato allenatore, non ha fatto cambio di marcia in campionato, però in campo internazionale si è levato qualche soddisfazione, superando un girone per nulla semplice, con Villareal, Rangers Glasgow e Spartak Mosca.
Interessanti sono i profili di Thomas Murg e Veton Berisha (fratello di Valon) che solitamente agiscono sulle fasce.
In generale comunque il livello del Vienna è inferiore rispetto a quello del PSV, avversario che è costato il passaggio del turno in Champions.

Per quanto riguarda lo Zurigo, che invece affronterà il Napoli, la squadra svizzera rappresenta una delle sorprese più liete di questa edizione di Europa League, nonostante si sia un po' sgonfiato nel finale del girone. E' una formazione giovane, con molti ragazzi che provengono dal settore giovanile, ha lottato fino all'ultimo per il primato del girone, ma poi ha dovuto cedere il passo a una formazione ben più quotata come quella del Bayern Leverkusen. Attualmente in campionato si trova al quarto posto, ma non è conosciuto per la bellezza del proprio gioco, ma piuttosto per la sua solidità mentale.
Come detto in precedenza il giovane tecnico Ludovic Magnin ha avuto il merito di puntare forte sul vivaio. Il giocatore più in voga tra i principali osservatori europei è quello del nigeriano Stephen Odey, attaccante, classe '98 velocissimo ed abile ad attaccare gli spazi.
In rampa di lancio ci sono pure il mediano classe '98 Toni Domgjoni e Hakim Guenouche, terzino sinistro classe 2000. La bandiera della squadra è Alain Nef, centrale difensivo che in gioventù ha vestito le maglie di Piacenza, Udinese e Triestina.
In generale, un Napoli in formato europeo non dovrebbe riscontrare particolari difficoltà.

Per la Lazio, invece il discorso è totalmente diverso, sfortunata nel girone e dunque sfortunata nel sorteggio. Il Siviglia rappresenta come ogni anno una delle papabili squadra candidate alla vittoria finale, inoltre sta vivendo una stagione straordinaria. Pablo Machin, ha saputo dare continuità a un progetto tecnico sempre rivolto alla qualità del palleggio e al talento dei propri calciatori offensivi.
Il Siviglia, nonostante qualche passo falso, ha saputo vincere il proprio gruppo senza dover fare troppo turnover in campo nazionale. In effetti se andiamo a guardare, la formazione andalusa si trova al secondo posto nella Liga, a soli tre punti dal Barça. Per questi risultati deve ringraziare come detto in precedenza i propri giocatori offensivi: Pablo Sarabia (15 gol e 8 assist), Ben Yedder (13 gol e 7 assist), Andrè Silva (9 gol), Evèr Banega (8 gol e 5 assist). E ancora: Luis Muriel (4 gol), Nolito (4 gol), Franco Vazquez (3 gol), Jesus Navas (6 assist), Quincy Promes (2 assist), in un reparto che veramente imbarazza per alternative possibili e stili di gioco attuabili.
Il Siviglia si conferma attualmente tra le migliori difese della Liga (16 gol subiti in altrettante partite).
Per differenza di livello tecnico, tattico e carismatico, la Lazio dovrà fare doppiamente la partita della vita, al fine di superare il turno.

Per quanto riguarda gli altri accoppiamenti, ennesimo ostacolo internazionale per il Salisburgo, che se la dovrà vedere con il Club Brugge che è una squadra difficile da scardinare.
Nessun problema per Chelsea e Arsenal, che se la vedranno con Malmoe e Bate Borisov.
Prova importante anche per il Genk, formazione piena di ragazzi terribbili, che se la dovrà vedere con lo Slavia, partendo con i favori del pronostico.
Indubbiamente le formazioni che provengono dall'est europa, spesso non riescono a equiparare le prestazioni fornite nella prima parte di stagione, in virtù delle condizioni meteorologiche a cui devono sottostare nell'arco della stagione sportiva.
Quindi occhio a formazioni come Zenit, Dynamo Kiev, Shaktar, Krasnodar e Viktoria Plzen, che potrebbero trovare soprattutto tra febbraio e marzo maggior difficoltà rispetto a quanto dimostrato nella prima partita di stagione: per loro, lo scoglio dei sedicesimi di finale spesso si dimostra insormontabile.
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lunedì 17 dicembre 2018

Gironi Champions: La Roma prende il Porto, la Juventus l'Atletico Madrid

Senza dubbio il match più complicato da analizzare è quello della formazione juventina, che trova l'Atletico del Cholo Simeone.
Se ci soffermiamo sui singoli dati è abbastanza evidente che la formazione torinese abbia numeri migliori, ma sappiamo benissimo che la squadra spagnola è un avversario molto complesso.
L'Atletico finora ha perso solamente due partite in tutta la stagione, ed è la migliore difesa della Liga con solo 12 gol al passivo.
Entrambe le società sono accomunate da un fatto: le difficoltà maggiori fino ad ora sono arrivate contro avversari che non avevano paura di mettere pressione sulla prima costruzione di gioco, senza timore reverenziale. Alla Juventus è successo contro lo Young Boys, mentre all'Atletico nella pesante sconfitta del Signal Iduna Park.
I Madrileni hanno però zoppicato anche contro squadre decisamente meno quotate (Leganes, Villareal, Girona e Club Brugge) chiaro segno di non aver ancora raggiunto la piena maturità a muovere difese schierate.
E' abbastanza superfluo dire che il gioco dell'Atletico dipenda quasi eslusivamente dal suo numero 7. Le Petit diable è già arrivato in doppia cifra e rappresenta il vero faro dell'attacco colchoneros, ancor di più per ora che Diego Costa è infortunato, anche se quest'ultimo sarà pienamente recuperato per febbraio.
Da non sottovalutare è il dato dei marcatori totali dell'Atletico, ben 14 e dunque 3 in più rispetto ai bianconeri. Dunque bisogna stare attenti sui calci piazzati, con Gimenez e Godin sempre pronti, e alla crescita di elementi come Lemar, Gelson Martins, Vitolo e Angel Correa, molto abili a ripartire forte.
Servirà dunque la migliore Juve per superare un'ostacolo che, comunque, deve essere affrontato con rispetto, non con timore.

Trasferiamoci nel centro Italia, più precisamente a Roma.
Ai capitolini difficilmente poteva andare meglio, anche se va ricordato che il Porto è la squadra che ha raccolto il maggior numero di punti in questa edizione di Champions.
E' chiaro che nel breve periodo la Roma troverebbe difficoltà anche con la Virtus Entella (prossima avversaria di Coppa Italia).
La squadra continua a peccare di equilibrio e, all'indiscutibile crescita dei giovani (Under, Zaniolo e Kluivert), non accompagna un rendimento complessivamente soddisfacente.
Detto ciò, mancano però due mesi all'appuntamento contro i portoghesi. 
Come ben sappiamo, nell'epoca dell'assoluto monopolio juventino, gli obiettivi delle altre grandi formazioni italiane devono essere soprattutto quello della ricerca di continuità e successo in campo internazionale.
Per superare questo momento psicologicamente difficile Di Francesco si dovrà dare da fare, e dovrà inoltre sperare di recuperare il più presto possibile alcuni giocatori che sono determinanti per il successo di questa squadra.
Il Porto lo reputo comunque un ottima squadra, che non deve per nessun motivo essere sottovalutato.
Il pericolo principale è rappresentato dal fisico centravanti maliano Marega, che sta segnando con continuità in tutte le competizioni. A mettere davanti la porta Marega, ci pensa il 23enne trequartista Otàvio, che ha saputo raccogliere ben 8 assist nella prima parte di stagione.
Sulle fasce hanno diversi giocatori abili nell'uno contro uno (Torres, Brahimi, Jesus Corona ed Hernani).
In mezzo al campo a fare filtro troveremo Hector Herrera che da sempre è un pallino delle big italiane. Inoltre ritroveremo Alex Telles, l'ex terzino dell'Inter ha trovato la continuità in un ambiente più congeniale alle sue caratteristiche offensive di cui dispone ed ha già messo in cascina 5 assist in stagione.

Sugli altri ottavi di finale do' qualche nozione in generale, Tottenham Dortmund e Liverpool Bayern sono partite non adatte a chi soffre di cuore. Manchester City, Barcellona e Psg avanti abbastanza agevolmente, mentre occhio all'Ajax, imbattuta nel doppio confronto di girone contro il Bayern Monaco, se c'è una squadra che potrebbe fare lo scherzetto ai Blancos, quella sono proprio gli olandesi.
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giovedì 13 dicembre 2018

Juventus, che figuraccia contro lo Young Boys

Come ho più volte detto anche in occasioni precedenti, l'unico nemico della Juventus è la Juve stessa.
Anche l'avversario meno ostico può diventare terribilmente difficile da battere, se l'approccio è come quello espresso dai bianconeri ieri sera.
Questa sconfitta, rispetto a quella con lo United è più preoccupante, perchè figlia della presunzione più che della sufficienza.
A nulla serve elencare le occasioni mancate, il campo sintetico e il turnover.
La Juventus è arrivata prima, perchè lo United vive delle contraddizioni di una rosa qualitativamente squilibrata nei reparti.
Non so se è bravura o fortuna, comunque la Juventus è abile nel fare passi falsi laddove se lo può permettere. Attenzione però, che da questo momento in poi gli errori dovranno essere ridotti all'osso, e anche i pochi commessi potrebbero essere pagati cari.
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mercoledì 12 dicembre 2018

L'Inter deve mangiarsi le mani

La squadra nerazzurra non esce per mancanza di concretezza, ma per manifesta inadeguatezza tecnica e filosofica, perlomeno a questo livello. Parliamoci chiaro: la squadra di Spalletti ha vinto con le proprie armi e con le proprie convinzioni solamente nella trasferta di Eindhoven. Nonostante ciò, l'Inter si è ritrovato a punteggio pieno dopo due partite, grazie anche al caos finale della sfida d'andata contro il Tottenham. Il doppio confronto con gli inglesi ha messo in evidenza una chiara differenza in termini tecnici e carismatici tra i due club: ciò era ampiamente preventivabile, considerando come la squadra di Pochettino veleggiasse ad altissimo livello da quasi un decennio. Il fatto, tuttavia, che la competitività internazionale dei nerazzurri fosse grossomodo paragonabile a quella del PSV Eindhoven, si è rivelata un’autentica sorpresa. La formazione olandese ha giocato una partita coerente, equilibrata, preparata nei minimi dettagli, mettendo in evidenza anche qualche scambio tecnico sulla verticale di grande levatura. Lozano e Bergwjin hanno dimostrato di avere le idee decisamente più chiare rispetto a Icardi, Politano e Perisic riguardo come creare pericolo, soprattutto nell'ambito di un'azione manovrata. In generale, la squadra di Van Bommel ha dimostrato di essere molto più avanti nel proprio processo di crescita rispetto a quella di Spalletti. Una realtà senza dubbio paradossale, considerando come in realtà siano stati i nerazzurri a giungere a un solo colpo di testa (peraltro fattibile, di un giocatore che farebbe bene a prendere tutto quello che può dal compagno di reparto, invece di andare a piangere dal paparino) dall'approdo al turno successivo. 
Anche in questo caso, l'approssimazione è stata pagata a caro prezzo. Tuttavia, se nel caso del Napoli si è trattato di un'approssimazione nei dettagli, a contorno di un lavoro coerente e apprezzabile sotto il profilo dei principi di gioco, in questo caso la superficialità entra nella profondità dei macro-argomenti, quelli che incidono sul rendimento a lungo termine di una stagione che ha ancora molto da raccontare. 
L'Inter non è migliorata rispetto allo scorso anno, forse non è migliorata nemmeno negli ultimi cinque anni. La filosofia di Spalletti dipende ancora tantissimo dal rendimento di Icardi e dalla capacità degli esterni d'attacco di determinare qualcosa nell'uno contro uno. Non si sono visti miglioramenti riguardo la ricerca di una maggior incisività nella porzione centrale di campo, nè sulla capacità di fare propria la gestione dei momenti importanti della gara. 
Spalletti aveva avuto il merito (fino a ieri) di raggiungere ciò che, alla fine, conta di più in questo sport: il risultato. L'Inter, nonostante difficoltà e momenti bui, era riuscito a tornare ai gironi di Champions League. Inoltre, la qualificazione agli ottavi di finale della competizione, unico obiettivo stagionale (oltre alla conferma entro i primi quattro posti del campionato italiano), sembrava a un certo punto alla portata. Ora come ora, mancato l'obiettivo principale, diventa inevitabile spostare l'attenzione sulla mediocrità tecnica che l'Inter, da ormai troppo tempo, fatica ad abbandonare. 
Una formazione interista che dipende dalle prestazioni del proprio centravanti e che non trova nessun altra soluzione se non quella di arrivare sul fondo dell'esterno, non è nient'altro che quella di Mancini. Sono passati tre anni, siamo ancora qua. 
L'Europa League è una competizione che si vince con qualità e convinzione delle proprie giocate: difficile possa essere il caso di questo gruppo, peraltro nemmeno troppo profondo in termini di rosa.
Postilla finale: ode a Trent Sainsbury. Il 26enne centrale difensivo australiano si è rivelato il migliore in campo per distacco, grazie alla puntualità dei propri interventi e all'attenzione verso il corretto posizionamento. A sei mesi dall'inizio del Mondiale si poteva prendere per due noccioline quando, snobbato da tutti, fu costretto a trovare continuità nel Grasshoppers, formazione di metà classifica della Super League svizzera. Avrebbe fatto comodo ad almeno tredici squadre di Serie A, essendo anche dotato di passaporto comunitario.
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mercoledì 5 dicembre 2018

Palermo alla Global Futures Sports and entertainment

Da qualche giorno ormai sembra ufficiale la cessione del Palermo calcio, ad una cordata inglese.
Prima di dare un giudizio alla conferenza stampa di ieri bisogna ringraziare (da tifoso del Palermo) Zamparini.
L'imprenditore friulano ci ha fatto scoprire tantissimi campioni, ha portato nel calcio d'oggi giocatori del calibro di Cavani, Dybala, Pastore e tanti altri che ovviamente conosciamo.
Grazie a lui abbiamo calcato campi importanti come l'Europa League o l'Olimpico di Roma nella finale di Coppa Italia in cui 40000 tifosi palermitani hanno invaso le strade della capitale.
Probabilmente l'era migliore è finita con quella finale persa 3-1 contro l'Inter.
Da li in poi tante promesse non mantenute, ed è questo che il tifoso rosanero ha sempre contestato, la mancata trasparenza.
Tornando al discorso iniziale, la cessione sembra effettivamente esserci stata, ma adesso bisogna capire chi saranno i nuovi proprietari, chi c'è dietro a questo gruppo di investitori.
Il Palermo è stato acquistato dalla Global Futures Sports and entertainment e ieri in conferenza stampa si sono presentati quattro rappresentanti: il primo è Clive Richardson, l'advisor Belli che ha gestito la cessione, David Platt ex giocatore e capitano della nazionale inglese e James Shun.
Ovviamente dopo la conferenza stampa di ieri è un po' presto per trarre delle conclusioni, anche perchè sono state fatte tante domande e quelle più importanti non hanno ricevuto alcuna risposta.
Mi viene da pensare a questo punto che quella di ieri sia stata una conferenza per calmare un po' le acque.
Per quanto riguarda David Platt, il suo ruolo dovrebbe essere solamente quello di consulente tecnico, ma magari rimarrà come braccio destro di Foschi.
Come parere personale, io penso che questa cessione sia avvenuta, spero al più presto che escano fuori i nomi che ci sono dietro a questo fondo.
A questo punto non resta che dare fiducia ed aspettare.
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giovedì 29 novembre 2018

Eriksen e Son l'hanno risolta

In assenza di Son e Eriksen, l'Inter avrebbe tranquillamente portato a casa il risultato.
Appena i due campioni hanno solcato il terreno di gioco la musica è cambiata, e una partita che era pienamente in controllo per i nerazzurri, col passare dei minuti ha cominciato a pendere dal lato dei londinesi.
Per gli uomini di Spalletti c'è molto poco da recriminare, hanno giocato una partita praticamente perfetta (e non era per niente facile), sbagliando solamente in occasione del gol di Eriksen, dove hanno fatto girare Alli con troppa tranquillità in area di rigore.
Spalletti ha impostato una partita di gestione, cercando di rallentare il ritmo per quanto possibile e sperando, di trovare il gol in contropiede.
Pochettino probabilmente si aspettava una Inter di questo tipo, il tecnico argentino ha accettato la strategia avversaria, salvaguardando l'integrità fisica dei propri fuoriclasse, per poi affondare nel momento opportuno.
Nel calcio d'oggi molto spesso sono i tre cambi a fare la differenza: se due di questi prendono il nome di Son ed Erikson, facile che qualcosa di positivo possa accadere.
Il merito principale di Pochettino è quello di aver creduto nuovamente in un giocatore come Sissoko, che era stato messo da parte in precedenza.
Il ruolo di Sissoko, schierato davanti la difesa ha permesso di minimizzare le incertezze tecniche di cui soffre, premiando al contrario le sue caratteristiche principali, ovvero progressione e forza fisica.
Quindi il francese è diventato l'ago della bilancia, in una squadra costruita intorno ai palleggiatori.
Sissoko riesce a garantire qualche soluzione offensiva in più, grazie alla tonicità e testardaggine con cui si lancia in avanti con la palla tra i piedi, ma anche, allo stesso tempo, a mettere una pezza nelle situazioni potenzialmente pericolose.
Detto questo ciò che conta è la classifica e il Barcellona, farà il proprio dovere contro gli Spurs: dovrà essere l'Inter a non perdere la calma davanti al proprio pubblico, contro un PSV che può avere tutta la voglia del mondo, ma allo stesso tempo resta parecchio lacunoso.
Quindi per una volta servirà un'Inter battagliero e concentrato dal primo all'ultimo minuto.
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martedì 27 novembre 2018

I Los Angeles Clippers stanno sorprendendo

I Los Angeles Clippers sono probabilmente la squadra che sta sorprendendo più di tutte, nelle prime 19 partite hanno un record di 13-6 che vale il primo posto nell'agguerrita Western Conference.

I Clippers sono una squadra con uno dei roster più profondi della lega, senza una superstar, ma per ora sono la compagine più continua, che sta approfittando dei passi falsi delle squadre sulla carta più blasonate.
Se andiamo ad analizzare il roster possiamo notare che il punto di forza teoricamente sarebbe la difesa, infatti nessun'altra squadra può vantare di avere difensori del calibro di Bradley, Beverley, Harrell e Mbah a Moute.
In realtà se leggiamo le statistiche i losangelini figurano come 6 miglior attacco della NBA, mentre dal punto di vista difensivo si trovano solamente al 12esimo posto.

Dal punto di vista offensivo, hanno giocatori come Harris che è in scadenza ma che sta facendo una stagione molto buona, hanno Harrell (fino ad ora il Mip), che non avrà grandissimo talento, ma gioca ogni partita come se fosse indemoniato, c'è Williams che non sta mantenendo le medie superbe dell'anno scorso, ma nei momenti decisivi è glaciale e poi c'è Gallinari che fino ad ora (18 partite giocate) sta giocando la miglior stagione in carriera sotto quasi tutte le voci statistiche.
Merita una menzione d'onore anche il rookie Gilgeous-Alexander, un giocatore con ampi margini di miglioramento che sa fare un po' tutto e a cui Rivers sta concedendo tanto spazio.
Proprio quest'ultimo citato, ha probabilmente il merito più grande per questo inizio di stagione, Doc sta facendo un egregio lavoro, e sta decidendo col passare delle partite su chi puntare e su chi no.
Sicuramente il fatto che nell'era della Lob City con Griffin, Jordan e Paul non avevano mai avuto un inizio del genere fa sorridere, ma probabilmente la spiegazione sta nel fatto che questa stagione il roster non abbia una vera superstar, quindi il gruppo è più facile da allenare e quindi Rivers riesce ad avere riscontri positivi che si tramutano poi in vittorie.
Molto probabilmente non finiranno al primo posto nella Western Conference, ma una squadra che batte Oklahoma City, Houston(due volte), Milwaukee, Golden State, San Antonio e Memphis merita attenzione e rispetto.
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lunedì 26 novembre 2018

La capitale in difficoltà dal punto di vista calcistico

La Capitale delle occasioni perse e degli ormai sempre più continui vorrei ma non posso. La Lazio spreca un'occasione d'oro. Contro un Milan incerottato crea gioco, conclude (poco), va sotto e la riacciuffa all'ultimo secondo. Quarto posto confermato e pareggio raggiunto con i nervi le uniche note positive. L'assenza tecnica e fisica - rispettivamente - di Alberto e Savic ormai prolungata, nonostante la loro presenza regolare in campo, si fa sentire, con una squadra diventata d'un tratto normale. Vittorie con le squadre più deboli, sconfitte con quelle più forti (Inter, Napoli, Juventus e sulla carta Roma). Elogio alla normalità che sa di continue occasioni perse. Verranno tempi di magra e i punti messi in cascina ora avrebbero fatto comodo. Se Atene piange, Sparta non ride. In estate la squadra viene privata di 2/3 dell'asse portante dell'undici in campo. Sulla panchina siede un allenatore che fa dei dogmi tattici un suo punto di forza. Si pretende che, l'equazione "sostituisco un giocatore con un pari ruolo", produca effetti come alla PlayStation. Al diavolo le sinergie tra giocatori, il carisma dei ceduti, il loro apporto tecnico e tattico. Ecco, Di Francesco avrà anche i suoi limiti, consistenti nel non rendere oro una squadra che potrebbe lottare al massimo per l'argento, ma è colpevole in concorso con la società. I risultati dissonanti tra campionato e Champions derivano anche dall'approccio, che gli avversari della Roma impongono alle partite. Con squadre chiuse come l'Udinese, i giallorossi faticano incredibilmente. Monchi e chi per lui avrebbero dovuto capirlo a suo tempo, conoscendo potenzialità e limiti dei giocatori presi in relazione a quelle del proprio allenatore.

mercoledì 21 novembre 2018

Italia vince di misura ma convince

Una vittoria che fa bene al morale e...per il ranking.
Vincere aiuta a vincere e togliersi dal groppone il tormentone della pareggite, è un antidoto fondamentale contro gli opinionisti da salotto. La prossima partita è a Marzo 2019, ma la sensazione generale è che sarebbe stato bello avere un'altra partita della nazionale, come a prenderci gusto. Mancini prosegue a grandi passi nella campagna di allargamento della rosa e le amichevoli alla portata lo permettono. La linea guida intravista, comunque, è quella di mantenere uno zoccolo duro di giocatori sempre presenti (es. Verratti, Barella, Bonucci, Chiesa anche se per un tempo), funzionali alla quadratura del cerchio trovata dal ct di Jesi. Il gol nel finale è solo il coronamento di un percorso appena iniziato, che non sarebbe cambiato neanche con il pareggio. Particolare che sia venuto da un giocatore, che ha fatto il salto di qualità proprio in questa stagione. Politano si è calato benissimo nella realtà più complessa di un grande club, in termini di pressione, rendimento e difficoltà dei match. L'amichevole di per sè poi è stata godibile, anche per merito degli Stati Uniti, molto reattivi nelle ripartenze e pericolosi sui calci piazzati. Fondamentale adesso è non sacrificare questa via sull'altare del "resultantismo". Per concludere, Mancini non sarà il miglior Ct sulla piazza, ha sbagliato qualche mese fa nel cavalcare l'onda nazionalista della presenza di italiani nei club di A, ma sta dando un senso al suo ruolo e all'incarico conferitogli: dare sfogo al cambio generazionale, creare un ciclo, in prospettiva di essere gli outsider di lusso nella corsa agli Europei.

giovedì 15 novembre 2018

Ventura, comportamento imbarazzante

Tra qualche anno ricorderemo Ventura come un uomo piccolo piccolo, ma non tanto per il fallimento con la nazionale, che è una cosa prettamente sportiva, ma per la presa in giro nei confronti del Chievo, che anzi, nonostante Ventura avesse mancato il Mondiale gli ha voluto regalare un'altra possibilità.
La scelta di lasciare non è a parer mio casuale, il tecnico genovese si era dato le quattro partite con Atalanta, Cagliari, Sassuolo e Bologna come primo checkpoint su cui fare un bilancio per il prosieguo della sua avventura all'ombra dell'Arena di Verona, perchè riteneva che qualora non fossero arrivati risultati in queste partite importanti qualsiasi altro tentativo di rincorrere la salvezza sarebbe stato vano.
Certo, la squadra è quella che è, la rosa rimane con molte lacune nei vari reparti.
Quest'ultimo concetto, non giustifica però Ventura, che aveva preso un'impegno con la società e non l'ha rispettato, umiliando la dignità sportiva dei giocatori, dei tifosi e ovviamente del presidente Campedelli, che in mega difficoltà sotto mille aspetti credeva veramente in un progetto per risollevare le sorti di questa società.
Ventura in questa maniera ha calato la maschera, macchiando la propria carriera di una (ulteriore??) nefandezza francamente indegna per qualsiasi categoria.
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mercoledì 14 novembre 2018

Quanto è importante Ilicic per Gasperini

Al termine di Chievo Atalanta, terminata con il punteggio simil tennistico di 1 a 5 (tripletta di Ilicic), Gasperini sottolineò l'importanza dello sloveno nello scacchiere tattico bergamasco, e la fine (forse) di un periodo buio e di assestamento "mentale" per la Dea. Tralasciando numeri e vittorie (la 4° consecutiva, dopo il 4 a 1 all'Inter), l'Atalanta infatti può essere tranquillamente presa ad esempio come formazione, squadra e società, che si trova ad affrontare quel salto di qualità da realtà provinciale di medio/bassa classifica a medio/alta classifica. Non si può certo banalizzare tutto ad una questione di mentalità, perché è la qualità dei giocatori che scende in campo, ma il contraccolpo per l'uscita prematura dall'UEL, a vantaggio del Copenaghen, ha pesato. Sempre Gasperini, dopo il Chievo, ammise la delusione evidente del gruppo per un obiettivo stagionale sfumato, in virtù di averlo assaporato lungamente la stagione precedente (uscita ai sedicesimi contro il Borussia Dortmund), quasi a voler giustificare i numerosi passi falsi accaduti dopo quell'evento. Non che l'Atalanta avesse sfornato prestazioni sottotono nel periodo incriminato (da Settembre ad inizio Ottobre), ma è evidente che anche l'assenza di alcuni uomini chiave (Ilicic e Zapata su tutti, oltre che un Gomez a mezzo servizio), incise. Qui, in questa piccola crepa, si innesta tutto il succo del discorso. Quando la mente di giocatori, staff e società vola verso obiettivi ambiziosi, scendere a patti con la realtà, tramortiti dalla crudezza del risultato, è dura. Serve profondità di rosa, qualità degli interpreti e soprattutto assestamento mentale, la cui durata evidenzia la distanza in essere verso il raggiungimento del percorso di crescita iniziato dai bergamaschi. Ovvio che esistano molteplici attenuanti a sfumare questo pippotto del lunedì mattina, tra le quali un mercato impostato sul player trading e la massimizzazione delle plusvalenze possibili dei giocatori in rosa, ma ritengo che questo sia lo scalino che Gasperini, giocatori e società debbano compiere, per diventare habitué dei piani alti della A, senza più faticose rincorse autunnali o primaverili.

domenica 11 novembre 2018

Der Klassiker termina 3-2 per il Borussia

Difficilmente assisteremo a una sfida migliore di quella tra BVB e Bayern Monaco di ieri sera.
Il risultato premia la squadra che ha giocato meglio, in una partita giocata sul peso delle proprie convinzioni tattiche, piuttosto che sull'annullamento dell'avversario.
Grazie a questo successo il Dortmund raggiunge il primo checkpoint stagionale, che vale la consapevolezza di poter battere chiunque con le proprie armi, ma soprattutto impartisce una sonora lezione alla diretta avversaria sul piano prettamente sociale.
Entrambe le società si sono affidate a due allenatori alla prima vera esperienza ad altissimo livello.
Entrambe le rose sono costituite da due blocchi: quello dei veterani, contrapposto a quello dei giovani, ma solo la formazione giallonera può contare sulla forza del gruppo.
A Monaco lo zoccolo duro non è più in grado di fare la differenza e in più non lo vuole neanche accettare.
Dall'altra parte invece giocatori come Sancho, Zagadou, Larsen, Hakimi, Pulisic e Dahoud sono al centro del progetto.
La situazione del Bayern è un ossimoro vivente, tra la complessità attuale e la semplicità di soluzione.
In una realtà collocata tra un allenatore incapace di creare i presupposti affinchè tutti possano trovare realizzazione , un rinnovamento generale francamente deludente e un gruppo di veterani deleterio se non in grado di accettare la propria condizione, il punto di partenza dovrebbe essere quello di sistemare al più presto una di queste problematiche.
Facile comprendere quale possa essere risolta nel minor tempo possibile.
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giovedì 8 novembre 2018

Lo United vince in maniera sporca all'Allianz Stadium

Non chiudere le partite è segno di immaturità. E se un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma non troppo.
Lo United la vince in maniera sporca, sicuramente immeritata per quanto visto in campo, ma la vince.
Non basta un Ronaldo intelligente, fenomenale tanto per il gol, quanto per la pulizia delle giocate in campo.
Non bastano i pali a giustificare una sconfitta. Gli ospiti dimostrano che in campo europeo, specialmente con squadre del tasso tecnico mediamente elevato, la fortuna aiuta gli audaci ed i cali d'intensità mentale non sono ammessi.
Lo ha dimostrato l'altro ieri il Napoli nel primo tempo, lo ha dimostrato l'Inter in positivo, recuperando un match sostanzialmente chiuso. In questo risultato, parte della responsabilità è imputabile ad Allegri, reo di aver inconsciamente dato il segnale alla squadra, di tirare i remi in barca con il cambio di Barzagli - De Sciglio.
Leggevo giorni fa, di come il tecnico livornese insista molto sulla qualità dei giocatori e del gruppo nel comprendere ed interpretare le varie fasi di un match. Rimandato.
D'altro canto Mourinho sorride giustamente, aizza la folla da personaggio qual'è e nasconde così sotto la sua ala protettiva i limiti di una squadra messa sotto per 80 minuti.
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domenica 4 novembre 2018

Palermo: Vittoria al cardiopalma per la vetta del campionato

Nonostante la temuta allerta meteo, a causa della pioggia caduta in maniera torrenziale nella giornata di ieri, con conseguente scomparsa di 12 persone, la partita si gioca regolarmente.
Il primo tempo è equilibrato, con la squadra calabrese che gioca a viso aperto senza particolare timore reverenziale. Per la verità il Cosenza nella prima metà di gara non crea molto, l'unica occasione degna di nota è quella al 12' di Maniero, che su errore di Struna sfiora il gol del vantaggio tirando di poco a lato.
Il Palermo, non riesce a trovare i varchi giusti, anche grazia all'abilità del Cosenza nel chiudere gli spazi e il centrocampo rosanero fatica a trovare gli attaccanti.
I cosentini marcano in maniera asfissiante e i rosa sono poco lucidi e non riescono a trovare la chiave giusta per scardinare la difesa avversaria.
Nel secondo tempo il match rimane praticamente uguale, nonostante le grandi energie spese nel primo tempo tiene bene il campo e continua ad imbrigliare il gioco del Palermo che cerca solamente le giocate con i singoli.
Dal 60' in poi il Palermo prova a schiacciare definitivamente il Cosenza nella propria metà campo.
Al 77' i rosa trovano il vantaggio sugli sviluppi di un calcio d'angolo, con Salvi che insacca di testa.
La gioia del vantaggio dura pochissimo, un giro d'orologio dopo, il Cosenza impatta sul pareggio con Baclet, che dimenticato da Struna, mette facilmente il pallone alle spalle di Brignoli.
Ultimi minuti di gioco particolarmente caldi, con Puscas che prende una clamorosa traversa all'83', ma è al 90' che il Palermo trova il gol della vittoria con Puscas su assist di Nestorovski.
Nei minuti di recupero c'è tempo pure per un espulsione, in ripartenza falletti, si fa 80 metri di campo palla al piede e costringe Idda al fallo da rosso.
Al 98' arriva il fischio finale, che pone fine a una gara interminabile e nervosa.
Vittoria difficilissima per il Palermo che gioca con il cinismo da grande squadra.
Una gara veramente ostica per i ragazzi di Stellone, che si sono lasciati intimidire dal Cosenza.
Dal punto di vista tattico il Cosenza ha interpretato meglio la gara, ma il merito del tecnico rosanero, è quello di aver letto bene la partita e di aver azzeccato i cambi che hanno permesso al Palermo di liberarsi della tela del ragno intessuta da Braglia.
Falletti dimostra ancora una volta di essere un giocatore importante mentre Puscas un cecchino d'area di rigore. Oltre alla vittoria, il rumeno con il suo gol, restituisce fiducia e credibilità ad una squadra che punta decisa alla promozione diretta.
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venerdì 2 novembre 2018

Quali sono le possibili antagoniste alla corsa per la Champions della Juve?

Dopo le prime tre giornate, e la conseguente chiusura dei gironi d'andata, la Juve appare insieme al Barcellona la favorita per la corsa al titolo, in questo articolo analizzeremo squadra per squadra le possibili outsider che potrebbero mettere in difficoltà i bianconeri.

Va comunque preso in esame il fatto che siamo appena all'inizio e dunque qualsiasi situazione può essere completamente ribaltata, e la vittoria del Real, partito in sordina la scorsa stagione, e l'eliminazione del PSG agli ottavi che invece era partito forte ne sono la dimostrazione.
Detto questo, i Blaugrana e la Vecchia Signora appaiono le due squadre meglio organizzate, per quanto riguarda i catalani, probabilmente sono stati un po' sottovalutati a inizio Champions, ma hanno giocato in maniera impeccabile, collezionando 3 vittorie in altrettante partite e realizzando 10 gol a fronte di 2 subiti, basta questo per far capire la forza di questa corazzata. Tutto questo in un girone non particolarmente semplice, con Inter, Tottenham e Psv.
La difesa centrale si è rinforzata, e oltre Pique e Umtiti, potrà contare su Lenglet.
A centrocampo nonostante sia partito Don Iniesta, è arrivato Vidal, anche se sta trovando qualche difficoltà nel trovare spazio. Ma il giocatore cileno non è l'unico acquisto a centrocampo, infatti il Barcellona ha trovato in Arthur una mezz'ala fantastica, con grande qualità e personalità.
Poi c'è l'attacco, in cui non c'è niente da dire, in attacco il trio composto da Messi, Suarez e Coutinho, fa invidia forse a tutti tranne che alla Juve.
Parlando proprio dei bianconeri, loro hanno una delle difese più forti al mondo, Cancelo e Bonucci hanno aumentato il tasso qualitativo, Chiellini è il solito muro, mentre Alex Sandro sta tornando quello di due anni fa.
Se c'è un neo per la società torinese, quello è il centrocampo, Pjanic e Matuidi sono le certezze, Can sarebbe perfetto come terzo giocatore del centrocampo, ma la sua propensione agli infortuni, così come Khedira lo rende un giocatore discontinuo. Bentancur è un ottimo giocatore, ma ha ancora molto da imparare, quindi forse la soluzione migliore per la società bianconera, sarebbe intervenire nel mercato di Gennaio. Per quanto riguarda il reparto avanzato, anche qui, come nel caso del Barcellona poco da dire, 3 vittorie su 3 nel girone, 7 gol fatti e 0 subiti, insomma una macchina infermabile.
Queste sono le due squadre che secondo me si contenderanno il trono d'Europa, adesso passiamo alle squadre che potrebbero inserirsi in corsa: Bayern Monaco, Real Madrid, Manchester City, liverpool, PSG e Atletico Madrid. I bavaresi guidano il loro girone con 7 punti insieme all'Ajax. 
Il Bayern ha perso Vidal, ma ha mantenuto un ossatura in grado di portarla alle semifinali nella passata stagione, dove è stato sfortunato ed è stato eliminato dal Real Madrid.
Proprio gli ultimi citati, i Galacticos devono per forza di cose avere un posto riservato nella corsa alla vittoria finale. Come tutti sappiamo i Blancos stanno vivendo un periodo parecchio complicato, Lopetegui è stato esonerato dopo la bruciante sconfitta nel Clasico per 5-1, ed è stato sostituito da Solari. Aldilà di questo avvio complicato, è chiaro che centrare il quarto successo consecutivo pare davvero un'impresa complessa, ma nonostante dipartita di CR7 la rosa è molto forte.
Per quanto riguarda il City di Guardiola, gioca un calcio fenomenale e, ormai, il gruppo è al terzo anno di crescita. Sulla carta le qualità per puntare al grande traguardo europeo le avrebbe tutte, ma le difficoltà che questo club ha sempre avuto a livello europeo non si scordano, e per questo ripongo molta cautela sui Citizens.
Restando in Inghilterra è tempo di parlare di Liverpool, i Reds hanno perso la finale scorsa, ma hanno mantenuto quasi tutto lo stesso gruppo. Salah continua a segnare e non intende fermarsi, insomma sono una buona candidata.
Nello stesso girone si trova il PSG, i parigini, in quanto a singoli sono messi molto bene, ma l'equilibrio è latitante. In un gruppo in cui ci sono Liverpool, Napoli e Stella Rossa, il rischio è di non arrivare neanche agli ottavi di finale.
Infine, non si può sottovalutare l'Atletico Madrid. La squadra si Simeone è partita malino, ma è una compagine forte e concreta. Quando inizierà la fase che conta veramente bisognerà porre attenzione ai madrileni. Da non sottovalutare, poi, che la finale si disputerà nel suo stadio, il Wanda Metropolitano, il prossimo 1 giugno.
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martedì 30 ottobre 2018

Bucks unici imbattuti

I Bucks, dopo aver battuto questa notte l'altra squadra che finora aveva sempre vinto, sono rimasti l'unica franchigia a non aver ancora sconfitte al passivo.
Per i Raptors comunque era pronosticabile un cammino da protagonista nel povero Est, mentre pochi credevano realmente Milwaukee come una reale minaccia per le prime forze dell'Eastern Conference.
Particolarmente impressionanti sono state le due vittorie contro Timberwolves e Magic ottenute rispettivamente con un margine di 30 e 22 punti, con la pratica archiviata già all'intervallo e titolari tenuti sotto i 30 minuti di utilizzo.
Senza dubbio l'artefice principale di questo splendido inizio di stagione è il nuovo coach, Mike Budenholzer.
Lui è uno dei migliori allenatori della lega, ed è stato in grado di vincere 60 partite con gli Hawks nel 2015.
La prima differenza a livello, e la più evidente, è sicuramente relativa al PACE della squadra.
I Bucks sono da anni una squadra con del potenziale offensivo alto, ma han sempre scelto di giocarea ritmi piuttosto bassi, risultando l'anno scorso tra le ultime 10 squadre della NBA per quanto riguarda il PACE (numero di possessi giocati a partita).
Quest'anno sotto la guida di Budenholzer, i Bucks giocano circa 10 possessi in più di media, risultando la sesta squadra con il PACE più alto.

E'aumentato considerevolmente anche il numero di triple tentate e segnate a partita, grazie soprattutto al contributo dei lunghi, che stan permettendo ai Bucks di allargare il campo per lasciare più spazio alle iniziative di Giannis.
Fino ad ora i vari Brook Lopez, Ilyasova e Henson stanno dando il loro contributo, tirando con continuità e con buoni risultati da fuori.

E chi l'avrebbe mai detto che nel 2018 conviene giocare in transizione e mettere in campo più tiratori possibili? E' meglio che i sostenitori della vecchia pallacanestro se ne facciano una ragione, perchè tanto in qualunque caso contrastare i Warriors è praticamente impossibile.

Giannis, grazie a questa pallacanestro, soffre molto meno le lacune al tiro, sta dominando sotto le plance, il greco sta viaggiando su una proiezione di 16.6 rimbalzi e 2.0 stoppate per 36 minuti, contro i 9.8 rimbalzi e 1.2 stoppate della passata stagione.

Difensivamente, i Bucks sono attualmente la seconda miglior squadra della lega, impressionante fino a questo momento il contributo di Henson e Giannis, con il secondo che sembra aver fatto un deciso salto di qualità anche nella metà campo difensiva.
Snell e DiVincenzo, dalla panchina si stanno rivelando due ottimi difensori perimetrali.
Ma anche il quintetto con Ilyasova e Lopez, non propriamente due defensive stopper, sta producendo degli ottimi risultati.
Sorprendentemente infatti, il quintetto Bledsoe, Middleton, Giannis, Ilyasova e Lopez subisce circa 80 punti per 100 possessi, risultando il milgiore difensivamente dei Bucks e tra i milgiori in assoluto della lega.

Ritmo più alto, quintetti "larghi" per esaltare le capacità di Giannis, salto di qualità difensivo.
I Bucks sono da considerarsi una vera e propria minaccia per il titolo ad Est, e probabilmente Giannis avrà seriamente qualche Chance di prendere la statuetta del giocatore più forte della Lega a fine anno.
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domenica 28 ottobre 2018

Il "Clasico" più strano di sempre.

Sarà il "Clasico" più strano di sempre, sarà il primo Clasico senza Messi e Ronaldo dopo 11 anni e sarà probabilmente l'ultima chance per Lopetegui sulla panchina del Real, perchè in caso di sconfitta l'esonero sarebbe molto probabile.
Mai come quest'anno è una sfida cruciale per le sorti delle due squadre, da una parte c'è il Barcellona che mancanza di Messi a parte è in buona salute, dall'altra c'è proprio il Madrid che invece ha bisogno di iniezioni di ossigeno per riprendere la corsa verso le posizioni che contano.
La squadra ha sicuramente risentito dell'addio di CR7 e Zidane e non riesce più a uscire dal tunnel che l'ha portato a essere settimo in Liga con appena 14 punti.
In Champions va leggermente meglio, le Merengues sono primi a pari punti con la Roma.
In tema Champions i blaugrana arrivano invece da tre vittorie in altrettante gare.
Sicuramente l'assenza di Messi riequilibrerà leggermente la partita di oggi pomeriggio, ma sicuramente i catalani affronteranno la partita con maggiore tranquillità.
Il risultato del Clasico, può, però cambiare tutto. Lopetegui appare in evidente difficoltà, lui, sbarcato a Madrid dopo il clamoroso addio di Zidane, potrebbe calcarne le orme.
Il francese, nella passata stagione ebbe un avvio simile, ma come ben sappiamo poi conquistò la Champions.
Lo spagnolo però che per i Blancos ha lasciato la selezione spagnola e di conseguenza non ha potuto essere presente al Mondiale dell'estate appena passata appare però in una situazione più complicata.
Aldilà dell'assenza di Ronaldo, i Galacticos sembrano avere problemi più gravi rispetto a quelli di un anno fa e anche in Spagna pensano che l'avventura del tecnico ispanico sia vicina al capolinea.
L'impressione è quella di una squadra forte, ma che ha bisogno di nuovi stimoli per ritrovare quella lucidità e fame di vittoria che tanto spesso gli viene affibbiata.
Vedremo se, per svoltare, sarà necessaria la presenza di una nuova guida, oppure la vittoria nel "Clasico" potrebbe risultare la giusta medicina.
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venerdì 26 ottobre 2018

La Juventus infiamma la Champions

La vittoria di martedì sera ha posto ancora più in risalto il grande valore dei bianconeri, che si sono ancora una volta dimostrati grandi candidati ad alzare la coppa, ma come ogni cosa, c'è sempre qualcosa che si può migliorare.
Il tecnico toscano, è stato molto lucido nell'analizzare la gara. Cercare problemi nei meccanismi dei piemontesi è una cosa imbarazzante, ma qualche lacuna si trova.
Innanzitutto, la cinicità. Per la mole di gioco che la Juve crea deve segnare di più.
 Spesso manca l'ultimo passaggio, e probabilmente il problema è dato dalla vista di Ronaldo.
Mi spiego meglio, in pratica quando i compagni vedono CR7 la passano solamente a lui, e tra l'altro il portoghese non ha ancora trovato il suo primo sigillo in Champions League, ma ciò non può costituire un problema, visto e considerato che fin qui in bianconero ha giocato nella competizione europea 1 partita e 30 minuti.
Inoltre anche all'interno della singola ci sono delle variazioni nell'interpretazione della stessa, la squadra di Allegri solitamente disputa dei primi tempi ottimi, staccando poi la spina nei secondi 45 minuti.
Probabilmente questo è collegato anche alla forma fisica, nei mesi di Marzo e Aprile dove cominceranno le partite importanti probabilmente la squadra bianconera avrà una forma fisica tale da potersi permettere di giocare 90 minuti tutti con la stessa concentrazione.
Bisogna certamente recuperare Khedira e Can che sono due giocatori importantissimi per lo sviluppo del gioco della Vecchia Signora.
Fatta questa premessa generale, tornando alla partita di Old Trafford, la Juve ha fatto una partita spaziale. Adesso il passaggio agli ottavi come prima del girone è a portata di mano, perchè al giro di boa del girone ha già 5 lunghezze di vantaggio sulla seconda squadra che è proprio lo United.
Occorre però rimanere sul pezzo e non effettuare voli pindarici, perchè il PSG della scorsa stagione ne è l'esempio.
L'anno scorso i parigini superarono il girone senza troppi patemi, ma nella doppia sfida degli ottavi di finale contro il Real Madrid presero una sonora lezione di calcio e di umiltà.
Naturalmente le potenzialità per essere una delle candidate al titolo ci sono tutte, ma a febbraio inizierà un altro torneo e la caratura delle rivali potrebbe essere decisamente superiore.
Per quanto riguarda invece Manchester United e Valencia ci si sarebbe sicuramente aspettato di più, ma i risultati che stanno arrivando nei rispettivi campionati rispecchiano un periodo difficile.
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giovedì 25 ottobre 2018

Napoli spettacolare pareggia 2-2 a Parigi

La squadra di Ancelotti pareggia 2-2 al campo dei Principi e continua a lanciare segnali importanti.
Gli azzurri hanno disputato un'ottima gara in cui si sono fatti preferire ai francesi, e avrebbero meritato la vittoria che è stata tolta loro al 93' dopo un tiro spettacolare di Angel Di Maria.
Nonostante lo squilibrio verso l'attacco che i parigini hanno, e l'abitudine alla poca intensità dovuta a un campionato transalpino mediocre, si sta comunque parlando di una delle candidate alla vittoria finale e di una squadra che davanti può vantare un attacco con Di Maria, Neymar, Mbappe e Cavani, insomma una grande del calcio internazionale.
Il percorso seguito fin qui dalla squadra partenopea, ricorda quello della prima Juventus targata Allegri, Ancelotti è stato bravo a non rompere i meccanismi di Sarri e nell'inserirvi all'interno quei ritocchi necessari per migliorare le lacune.
Il lavoro di Carlo, come fu quello di Max, è soprattutto sulla mentalità della squadra, resa meno timorosa e più serena. Ecco così spiegato in pochissimo tempo a cosa sono dovuti i miglioramenti che si evincono nella squadra dell'allenatore di Reggiolo.
Insigne, non è più ingabbiato all'interno dei troppi schemi ed è stato posizionato più vicino alla porta, risultando molto più efficace. A questo si aggiunge un utilizzo del turnover, che negli anni precedenti a Napoli era praticamente sconosciuto.
Coinvolgere molti giocatori, consente di far sentire tutti parte integrante del progetto e di conseguenza compatta lo spogliatoio e migliora lo svolgimento degli allenamenti.
Dicendo questo non si vuole assolutamente denigrare lo splendido lavoro effettuato da Sarri, ma semplicemente sottolineare come sia stato abile Ancelotti a migliorare laddove ce n'era bisogno, facendo diventare il Napoli una macchina quasi perfetta.
Adesso in campionato i campani si trovano al secondo posto a 4 punti dalla Juve, che pare fino a questo punto una corazzata inarrestabile.
Certo c'è da dire però che a differenza dei bianconeri hanno avuto un campionato più in salita e che potrà provare il contrattacco nel mese di Dicembre, periodo in cui i bianconeri avranno una serie di incontri ravvicinati piuttosto probanti.
Per quanto riguarda la Champions, invece gli uomini di Ancelotti sono secondi nel loro girone accoppiati con il PSG. A guidare il gruppo c'è il Liverpool con 6 punti, mentre la Stella Rossa occupa l'ultima posizione con un punto. Considerata la forza posta in campo dal Napoli e le due sfide in casa contro parigini e serbi, il Napoli ha tutte le carte in regola per accedere agli ottavi.
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martedì 23 ottobre 2018

Il problema del Chievo

Il problema del Chievo non è che abbia investito poco nel mercato. Il Chievo non ha mai avuto soldi, non solo in confronto alla grandi potenze del nostro calcio, ma anche e soprattutto rispetto alle dirette concorrenti per la salvezza.
Sono ormai vent'anni che Campedelli fa miracoli per sostenere il proprio club a questo livello professionistico, riuscendo peraltro anche a dare valore concreto alla società, con un centro tecnico giovanile nuovo di zecca.
Non dimentichiamo che il fatturato 2017 della Paluani parla di 43 milioni di euro, con un utile netto di 1,5 milioni, il che non è che consenta grandissimi margini di manovra in un calcio che viaggia sempre più a cifre spropositate.
La reale questione è che, proprio in un contesto calcistico come quello contemporaneo, in assenza di grandi mezzi economici, ciò che rimane da fare è investire nella competenza. Tutto ciò che ha riguardato il Chievo negli ultimi vent'anni ("Miracolo Chievo", "Il Chievo europeo", "Il Chievo rompiscatole") è SEMPRE scaturito dalla competenza. L'addio di Sartori dai quadri dirigenziali ha completamente stravolto (in peggio) quelle che sono state le basi della costruzione del miracolo. Lo scouting è letteralmente imploso. Sono spariti gli investimenti nei confronti di quei ragazzi, italiani e stranieri, che non avevano ancora trovato le condizioni ideali per esprimere il proprio talento e che hanno reperito poi nell'ambiente gialloblù quello ideale per poter finalmente dare sfogo alle proprie qualità. Stiamo parlando di gente come Thereau, Dramè, Jokic, Cesar, Birsa, Bradley, Gelson Fernandes, Zukanovic, Constant, Hetemaj, Acerbi, Paloschi, Inglese e anche Stefano Sorrentino, prelevato per mezzo milione di euro dall'AEK Atene, quando nessuno se lo filava.
Si è inizialmente pensato, con la gestione Nember, che fosse sufficiente portare a casa tantissimi elementi dall'usato sicuro per poter reggere: questo, in realtà, si è rivelato un pensiero assolutamente condivisibile dal punto di vista tecnico (perché alla fine il successo della gestione Maran è da dividere in parti uguali tra l'abilità del tecnico e quella di calciatori che, fino a qualche anno prima, bazzicavano in Champions League), ma totalmente insostenibile dal punto di vista economico. Se andiamo poi a valutare le situazioni in cui Nember abbia effettivamente aperto il portafogli, non ce n'è una che si possa definire soddisfacente: Mpoku (5 milioni), Bani (4 milioni), Bastien (1,5 milioni), Maxi Lopez (1,5 milioni), Ruben Botta (1 milione), Bellomo (1 milione). L'unico grande acquisto della sua gestione si è rivelato Lucas Castro, anche se la sensazione è che sia arrivato più per volere di Maran che per intuizione del dirigente. Il peso economico della rosa è andato così ad aumentare enormemente, a tal punto che la società, proprio in quel periodo, sia dovuta ricorrere a misure che, per quanto restino ancora da giudicare legalmente, rimangono discutibili in ogni caso.
Ciò è stato ammesso anche dallo stesso Campedelli che, dopo l'improvviso allontanamento di Nember dai quadri dirigenziali, avvenuto nel freddo Febbraio del 2017 per divergenze gestionali, dichiara come "il Chievo debba tornare alle origini".
Da qui si arriva al secondo punto discordante, ovvero l'affidamento della direzione generale a Romairone, profilo che ha dimostrato nel corso del tempo di non avere la minima idea di come costruire una squadra competitiva con poche risorse. Si è andati all'estero per concludere sconclusionate acquisizioni come quelle di Gaudino, Jaroszynski, Tanasijevic, Burruchaga, palesemente manovrate da qualche procuratore amico. Si è guardato al mercato interno nel modo più sbagliato, dispendioso e confusionario possibile, impegnando gran parte del proprio salvadanaio per elementi dalla dubbia tenuta atletica o mentale come Barba (3 milioni di euro), Djordjevic (contratto da quasi un milione all'anno), Obi (2 milioni di euro) e anche il povero Pucciarelli, a cui mai si andrà a recriminare per impegno, ma che certo non vale i quasi 4 milioni di euro sborsati (in questo senso bisognerebbe aprire un capitolo a parte sul costo dei ragazzi italiani, enormemente fuori mercato per quello che possono concretamente dare al nostro campionato: magari lo faremo in futuro).
Andare in Serie B, se così dovesse essere, non sarebbe un problema se attorno al cuore e all'impegno di Campedelli ci fossero ancora figure dirigenziali competenti e un'organizzazione tale che vada concretamente a compensare la mancanza di risorse. Ancora una volta, a prescindere dall'esito di questa stagione, il Chievo chiede a Campedelli di ricominciare dagli ultimi anni del secolo scorso, ripristinando quelle condizioni e quelle conoscenze che hanno permesso a una frazione di 5000 abitanti di conoscere (prima) e stabilizzarsi (poi) nei migliori palcoscenici calcistici nazionali. Non importa quanto tempo sia necessario, l'importante è ripartire. Sempre che abbia ancora la forza per poterlo fare.

sabato 20 ottobre 2018

Danilo Gallinari, quello che è stato, quello che sarà

Danilo Gallinari ha saltato 323 gare nel corso dei suoi 10 anni di NBA. Un’enormità. La scorsa stagione è stato in campo in appena 21 partite. La prima cosa che viene in mente, quando si pensa al Gallo nella NBA, oggi è la parola “infortuni”. Non i 39 punti (7-11 da tre) in maglia Nuggets, che schiaffò in faccia alla difesa dei Dallas Mavericks nel 2012, con interpretazioni in spot-up alla “Chris Mullin”. Non i due “quarantelli” del 2015 (40 contro i Magic e 47 contro i Mavericks) in modalità “in-your-face” o il passaggio dietro-schiena sulla riga di fondo a Faried in contropiede-secondario (uno degli assist più spettacolari degli ultimi anni).
Stiamo parlando di uno degli attuali migliori tiratori di liberi della lega. Di un giocatore che è stato capace di viaggiare a quasi 20 punti di media in stagione (2015-2016) e che ha oltre 15 di media in carriera. Lo puoi apprezzare o meno, Gallinari. Condividere o meno il suo approccio alla Nazionale. Non tutti possono dire di aver fatto ciò che ha fatto lui a livello NBA (quando ha giocato).
Però la carriera del Gallo è costellata di (parecchie) ombre. A 30 anni, si può affermare con discreta certezza. Il motivo è semplice. Il “non essere incline agli infortuni” deve essere visto come una caratteristica che conta più della precisione al tiro, del ball-handling, della visione di gioco. E questo Danilo lo ha pagato. Ha dimostrato di poter essere un All-Star (per quello che significa il termine) in una singola gara. Può recitare da “re per una notte”.
Certo, trattasi di 2.08 con gran mano da tutte le posizioni, notevole senso del canestro e capacità di costruirsi il tiro dal palleggio. Mai un mostro di esplosività, ma abbastanza forte fisicamente per assorbire i contatti in entrata. Caratteristiche di una “stretch-4” dal “confortante” avvenire. Potenzialmente. Stanotte, contro i Thunder, ne ha messi 26 in 26 minuti di gioco. Alcuni tiri dalla media con l’uomo addosso (da fermo) sono sembrati degni del miglior Carmelo Anthony. Ma si sa, e la stagione dura ben 82 partite (play-off esclusi).
Nei primi 10 anni di carriera, Gallinari è stato un talento a cui gli infortuni hanno negato la possibilità di dimostrare continuità di prestazioni sul medio-lungo periodo. Spero che si sia messo questi 10 anni alle spalle. Che rimanga sano. Che faccia anche 1-20 dal campo, ma che la parola “campo” possa diventare una costante del suo vocabolario.

lunedì 15 ottobre 2018

Nazionale: E' il momento della svolta?

92 minuti dall'inizio di Polonia - Italia, Insigne batte il corner, Lasagna la tocca verso il secondo palo e trova Biraghi che la butta dentro da pochi passi.
Gli azzurri sbancano lo stadio Chorzow e tornano al successo che, in una gara che conta mancava da più di un anno. Con questo risultato ci salviamo e rimaniamo in serie A, mentre condanniamo Piatek e compagni alla retrocessione nella seconda divisione. Tra l'altro oltre a salvarci abbiamo la grande chance di qualificarci tra le prime quattro di questo torneo. Dovremo battere il Portogallo a San Siro e sperare che i lusitani non vincano in casa contro i polacchi.

Potrebbe essere finalmente arrivato il presupposto per la svolta, per l'apertura di un nuovo ciclo. Certo il detto "una rondine non è primavera" è più che giusto in questo contesto, ma la rete del terzino viola potrebbe davvero aver aperto nuovi orizzonti al nostro calcio.

Non volendo tornare su Ventura, su cui si è già discusso anche troppo, occorre sottolineare come Mancini abbia riportato la qualità. Quest'ultima cosa è troppo importante per una squadra che si pone obiettivi importanti. Il tecnico di Jesi vuole una compagine che giochi nella metà campo avversaria e che comandi il gioco in qualsiasi campo. Se andiamo a vedere gli 11 scesi in campo possiamo benissimo notare che la tecnica non manca assolutamente: Bonucci, Jorginho, Verratti, Insigne, Bernardeschi e Chiesa. L'Italia può fare quello che vuole, e infatti ieri è stato uno spettacolo.
Era dai tempi di Conte che non si vedeva un'Italia così intraprendente. Rispetto a quella nazionale, però questa selezione ha ancor più qualità. Nell'Europeo 2016 si è visto come fosse il gruppo a fare la differenza, la squadra odierna, oltre a essere molto unita ha un potenziale ancora più alta.
Certo si può dire che manca il vero centravanti, ma con la sua aggiunta si potrebbe risolvere il problema. Probabilmente Immobile per questo tipo di gioco non è il giocatore giusto, e la scelta di inserire Lasagna alla fine della partita di ieri potrebbe essere piuttosto indicativa.
Con Bonucci e Chiellini la difesa è al top, tra l'altro dietro di loro ci sono giocatori affidabili come Acerbi e Romagnoli, aspettando anche Caldara. Il centrocampo che appariva in grande difficoltà con Ventura, soprattutto in fase di impostazione, trova nel doppio regista la risposta a tutti i problemi.
Barella, Cristante o Bonaventura possono essere il terzo centrocampista bravo a inserirsi nell'area avversaria per ricevere i passaggi. In porta Donnarumma e Perin non si discutono.
Insomma dopo qualche anno di buio, con l'apice toccato con il mancato Mondiale sembra che un po' di luce cominci a vedersi all'orizzonte. Con questa mentalità, questi uomini con 2-4 anni in più potranno dire la loro sia all'Europeo, ma soprattutto al Mondiale 2022 in Qatar.
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domenica 14 ottobre 2018

IL FASCINO DEL TALENTO

Mi pare giusto concretizzare in inchiostro informatico qualche parola sulla squadra, a parer mio, più affascinante della NBA attuale, i Lakers.
Questa mia attrazione non è, incredibilmente, dovuta a James, anzi. LeBron è l'unica certezza, l'unico pilastro etico, tattico e dogmatico che osserviamo in questi Los Angeles. Come sempre sarà, il 23 è fantastico, ma proprio questa sua purezza incorruttibile me lo rende ormai consuetudine: ovunque vada, fa bene. Certo, l'entusiasmo è a mille, ma la curiosità nei suoi confronti è nulla, perché ingiustificata osservando la sua leggenda passata e presente. L'attrazione sorge, infatti, principalmente dal mistero, dall'imprevisto che plasma meraviglia nell'atmosfera. Per questo James non mi affascina. È stupendo, certo, ma poco affascinante.
Se non da lui, quindi, da dove sorge quell'emozione incerta che emerge spontanea dall'anima? Da tutti gli altri, in particolare, da quegli ultimi talentuosissimi che si celano nell'ombra della squadra più illuminata del mondo. Beasley, Rondo, Stephenson, Mcgee, in primis, ma anche Ball, Ingram, Kuzma. Dei giovani è intrigante il potenziale, mentre per i "veterani" il discorso si spezza in due diverse vie, antitetiche nel giudizio: da una parte il passato li ha deformati, demonizzati, resi oscillanti su montagne russe prestazionali, mentre dall'altra, sotto quelle figure ormai guardate con occhio sorridente di derisione, ancora rimane nitida la consapevolezza del loro enorme talento. Tutti e quattro hanno deluso, qualcuno di più, qualcuno di meno, ma ancora oggi, nonostante i fallimenti, sono intriganti quanto un mistero irrisolto. La loro follia, un misto di pazzia e genialità, è mossa da una predisposizione naturale a meravigliare gli assistenti, sia negativamente che positivamente. Proprio questa imprevedibilità, paradossalmente, può trasformarsi nel Jolly funzionale alla vittoria. Le squadre di LeBron, troppo spesso, sono parse unidirezionali, assolutamente pronosticabili nella pratica, perché tutto ruotava attorno esclusivamente al numero 23, detentore assoluto dei fili per controllare in modo totalitario l'incontro. Questo controllo però si è sempre tradotto in un punto debole: se si limitava LeBron, si limitava l'intera squadra, incapace di ovviare al suo depotenziamento forzato. Nessuno, sopratutto nei Cleveland, è mai sembrato in grado di caricarsi, in particolare nella metà campo offensiva, l'intera squadra nel momento di assenza del suo condottiero. Nei Lakers questo paradigma può invece mutare, a patto che questi quattro matti riescano ad emergere dalla trascuratezza nel momento del bisogno. Possono fungere da bagliore in mezzo al nulla, da stranezza in mezzo alla normalità, in grado di spazzare via i piani studiati dalla altre contendenti. Se riuscissero a rivelare, in modo alternato, la loro faccia eroica, e non quella malvagia, potrebbero permettere ai Lakers di essere molto più forti di quello che oggi noi pensiamo. Molto passa dalle mani di LeBron, troppe volte considerato incapace di coinvolgere profondamente i compagni nel progetto. A lui spetta dimostrare l'unica cosa che fin'ora non è riuscito a confermare in modo completo: essere un leader, non solo in campo, ma anche nella mente di coloro che lo seguono. Non sarà facile, considerando il curriculum dei quattro alunni, cavalli indomabili. Potrebbe essere la sua ultima grande impresa, per consacrarsi legittimamente a pretendente del titolo che fino da quando era ragazzino il mondo gli voleva veder realizzare. Attenzione, quindi, perché con questi 4 i Lakers potrebbero essere una mina vagante, in grado di distruggere sia i pronostici che loro stessi.

lunedì 8 ottobre 2018

Gli Indiana Pacers puntano in alto

“We don’t F with the game”: un’espressione gergale, magari non troppo elegante, indubbiamente divertita, ha concluso la conferenza stampa di Nate Mc Millan, durante il training camp. Il coach dei Pacers si aspetta la maturazione definitiva della sua squadra, ben conscio che, se l’anno scorso il fatto di essere under dog dava un vantaggio per quanto concerne le responsabilità e la pressione sulla squadra, durante la stagione 2018/19 i ragazzi di Indianapolis non saranno presi sottogamba da nessuno in NBA.
Se la scorsa stagione, dopo l’addio dell’idolo Paul George, le ambizioni erano di far crescere i giovani e di assestarsi attorno al livello dei posti playoff, quest’anno il clima a Indianapolis è decisamente più caldo: le proiezioni statistiche attestano Indiana su 20 vittorie in più di quanto non dicessero più o meno un anno fa. Se gli anni scorsi la possibilità di arrivare in finale era bloccata dal cannibalesco sguardo di LeBron James, la spedizione ad ovest del Re mette finalmente in palio lo scettro della Eastern Conference: tutti vogliono sfruttare l’occasione, e Indiana vede improvvisamente rinverdire i ricordi delle annate d’oro 2013-2014.
“Sappiamo che le aspettative attorno a noi si sono alzate” – ha aggiunto coach McMillan – “C’è stato un grande sbalzo fra le prospettive della scorsa annata, piuttosto modeste, e i risultati che abbiamo effettivamente raggiunto.” Parte di questo ʻsbalzoʼ concerne indubbiamente il raggiungimento delle 48 vittorie stagionale, con la top 12 sia per Off Rat che per Def Rat, un risultato per certi versi incredibile, dato che gli analisti proponevano i Pacers, in entrambi i rating, fra le ultime 10 compagini della lega. Ma ad alzare la febbre attorno ai gialloblù sono state le prestazioni offerte nel primo turno dei playoff, al cardiopalma, contro i Cavaliers di LeBron James. McMillan ha portato Cleveland a gara 7, terminando con +40 di plusminus globale una serie persa. Il piano di gioco di Indiana è stato stravolto solo in gara 5, quando il game winner stordente del Prescelto ha ribaltato le gerarchie della serie, riportando a Cleveland il fattore campo. Ma il livello offensivo raggiunto da Oladipo e la difesa di Young e soci non sono passate sottobanco nel panorama NBA, producendo un grande interesse per le possibilità di miglioramento dei nuovi Pacers.
“Dobbiamo metterci alle spalle quello che abbiamo fatto lo scorso anno” – aggiunge però il coach – “Siamo stati bravi, è vero, ma adesso dobbiamo amalgamarci in un nuovo gruppo e dobbiamo forgiare una nuova identità, perché sarà una stagione diversa e noi saremo una squadra diversa, con nuove caratteristiche tattiche.” Comunque McMillan non dovrebbe preoccuparsi troppo di trovare una squadra adagiata sugli allori, anzi, la fame di vincere sembra essere intatta. Indiana lo scorso anno ha chiuso sul 48-34, nonostante l’eroe di casa, Victor Oladipo, abbia saltato 7 gare a causa di diversi infortuni che l’hanno costretto ai box. In queste 7 partite Indiana è rimasta a bocca asciutta, con un tremendo Off. Rat. di 97.8, e i Pacers sono stati sconfitti di 14.2 punti a gara senza di lui.
Questo significa che con Oladipo nello starting line-up, Indiana ha giocato con un pace di 53 vittorie a stagione, che l’avrebbe ipoteticamente collocata al terzo posto della classifica della Eastern Conference. L’obiettivo stagionale, incrociando le dita per evitare infortuni, è quello di raggiungere un migliore piazzamento, integrando nel migliore dei modi gli acquisti dell’off-season: Tyrike Evans (contratto annuale di 12 milioni di dollari), Doug McDermott (tre anni a 22 milioni di dollari), Kyle O’Quinn (un anno a 4.5 milioni di dollari).
Da questa stagione, la rotazione dei Pacers sarà dunque probabilmente a 10 uomini, o almeno sulla carta: il quintetto dovrebbe rimanere immutato con il backcourt formato da Collison e Oladipo, Bogdanovic da 3, Young da 4 e Turner sotto i ferri. Oltre ai 3 nuovi arrivati, dalla panchina usciranno Cory Joseph e Domantas Sabonis, che lo scorso anno sono riusciti a portare qualità e quantità.
L’interesse maggiore, fra i nuovi arrivati, è per ciò che Tyrike Evans potrebbe portare alla causa dei Pacers: dalla panchina gli si chiede playmaking e creazione di tiri, fermo restando che non calerà il minutaggio di Joseph, il play di riserva. Infatti Cory è stato nei due quintetti più produttivi a livello di plus minus della scorsa stagione: quello formato da lui più i titolari, e quello Joseph-Oladipo-Stephenson-Young-Sabonis, che hanno prodotto numeri difensivi davvero elitari.
Oladipo ha rilasciato dichiarazioni lusinghiere sul nuovo arrivato: “Possiamo, sia io che Evans, giocare on e off the ball. Siamo entrambi versatili. Lui ha una grande capacità di migliorare i compagni e di fare grandi giocate.” Evans avrà un ruolo minoritario rispetto alla scorsa stagione a Memphis, dove ha giocato sempre in quintetto causa infortuni, ma in una squadra decisamente migliore dei Grizzlies. Evans ha mostrato il suo career high, lo scorso anno, in usage (28.4 %), e in true shooting (56.1%). La sua pazienza e la sua creatività gli danno un grande vantaggio nel pick’n’roll, specificamente per quanto concerne la sua capacità di segnare: Evans, lo scorso anno, si è classificato all’undicesimo posto per punti per possesso, nell’86 percentile. Avere il lusso di un creatore di gioco del genere può apportare enormi vantaggi all’attacco dei Pacers, in particolare a Oladipo stesso. Evans e Oladipo sono, rispettivamente, ventesimo e ventunesimo per % dal campo sui tiri dal palleggio (il campione è di almeno 4 pull-up a partita) la scorsa stagione. Sui 42 giocatori che hanno tirato almeno due triple dal palleggio a partita, Evans è al terzo posto, dietro due cecchini come Curry e Irving. Evans tira con il 40.5% in queste circostanze, mettendo su numeri rispettabilissimi: insieme a Oladipo e al sottovalutato Collison (che ha guidato la lega per % da 3 punti, con il 46.8 %), forma una triade di tiratori micidiali.
Ciò però non comporta solo una maggiore pericolosità al tiro, ma anche una difesa che, giocoforza, dev’essere più aggressiva, e può permettere di allargare maggiormente il campo sui pick’n’pop per i lunghi di Indiana, Sabonis e Turner, che non a caso stanno cercando di allargare con maggiore efficacia il loro range di tiro.
Indiana sembra, insomma, pronta a fare un ulteriore salto di qualità: l’anno scorso la squadra di McMillan è sbocciata, riprendendosi dalla partenza di George e ricreando un clima di competitività e divertimento. Quest’anno, se possibile, l’obiettivo è ancor più ambizioso: confermarsi, senza snaturarsi, divenendo una delle compagini più temute ad Est e continuando sulla scia di un progetto che ha tutte le carte in regola per rimanere continuativamente ad alti livelli, per giovinezza e spregiudicatezza tecnica e tattica