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lunedì 26 novembre 2018

La capitale in difficoltà dal punto di vista calcistico

La Capitale delle occasioni perse e degli ormai sempre più continui vorrei ma non posso. La Lazio spreca un'occasione d'oro. Contro un Milan incerottato crea gioco, conclude (poco), va sotto e la riacciuffa all'ultimo secondo. Quarto posto confermato e pareggio raggiunto con i nervi le uniche note positive. L'assenza tecnica e fisica - rispettivamente - di Alberto e Savic ormai prolungata, nonostante la loro presenza regolare in campo, si fa sentire, con una squadra diventata d'un tratto normale. Vittorie con le squadre più deboli, sconfitte con quelle più forti (Inter, Napoli, Juventus e sulla carta Roma). Elogio alla normalità che sa di continue occasioni perse. Verranno tempi di magra e i punti messi in cascina ora avrebbero fatto comodo. Se Atene piange, Sparta non ride. In estate la squadra viene privata di 2/3 dell'asse portante dell'undici in campo. Sulla panchina siede un allenatore che fa dei dogmi tattici un suo punto di forza. Si pretende che, l'equazione "sostituisco un giocatore con un pari ruolo", produca effetti come alla PlayStation. Al diavolo le sinergie tra giocatori, il carisma dei ceduti, il loro apporto tecnico e tattico. Ecco, Di Francesco avrà anche i suoi limiti, consistenti nel non rendere oro una squadra che potrebbe lottare al massimo per l'argento, ma è colpevole in concorso con la società. I risultati dissonanti tra campionato e Champions derivano anche dall'approccio, che gli avversari della Roma impongono alle partite. Con squadre chiuse come l'Udinese, i giallorossi faticano incredibilmente. Monchi e chi per lui avrebbero dovuto capirlo a suo tempo, conoscendo potenzialità e limiti dei giocatori presi in relazione a quelle del proprio allenatore.

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