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Juventus, CR7 prove di addio: Storia di un'amore mai decollato

 Rispetto, passione e voglia di vincere . Tre pensieri che accomunavano la Juventus e Cristiano Ronaldo tre anni orsono e che sono stati f...

sabato 29 settembre 2018

Serie a = Sabato da brividi

Per gli amanti del pallone questo sabato non è come tutti gli altri, si inizia alle ore 15 col derby capitolino tra Roma e Lazio, per poi alle 18 spostarsi allo Stadium di Torino per il match tra Juventus e Napoli, insomma ci attende un grande pomeriggio di calcio con 2 super sfide che potranno già fornire risposte importanti.

Roma - Lazio: Il derby della capitale giunge in un momento molto particolare per entrambe le squadre. I biancocelesti si presentano con 12 punti in 6 giornate, dati da 4 vittorie e 2 sconfitte, ma le 2 partite perse sono state contro Napoli prima, e Juve dopo. nonostante l'inizio di campionato tragico, la Lazio ha poi sconfitto Frosinone, Empoli, Genoa e Udinese.
La situazione dei giallorossi invece è molto differente. La squadra di Di Francesco arriva a questo match dopo la vittoria interna per 4-0 contro il Frosinone, ma prima di questi facili 3 punti, ha mostrato grandi difficoltà pareggiando all'Olimpico, con Atalanta e Chievo e perdendo a San Siro contro il Milan e a Bologna. Si parlava di una squadra incapace di reagire, di giocatori senza il giusto piglio. A Di Francesco, servono ulteriori risposte e non vi è sfida migliore che quella contro una Lazio lanciata .

Juventus - Napoli: Dire che questo è il big match della giornata è abbastanza scontato. Parliamo della gara tra la prima e la seconda della classe. La squadra bianconera arriva a questa fondamentale sfida dopo un en plain di successi. Se mettiamo assieme campionato e Champions League hanno conquistato 7 vittorie su 7.
Qualora dovesse vincere anche contro i principali rivali, questa sensazione che aleggia sulle altre squadre diverrebbe ancora più importante e difficile da levare. Dall'altra parte, il Napoli ha bisogno di espugnare l'Allianz Stadium, e l'anno scorso ci è riuscito per la prima volta.
Ricorderete come nello scorso Aprile un colpo di testa di Koulibaly fece si che la formazione campana espugnasse per la prima volta l'impianto torinese.
La nuova squadra targata Ancelotti ha ancora molti paradigmi del calcio di Sarri, ma ha aggiunto una dose sostanziosa di praticità. Insomma è una formazione più consapevole dei propri mezzi. 
Certo la sfida di Torino non è assolutamente decisiva ai fini dello scudetto, d'altronde non lo fu a poche giornate della fine dello scorso anno, non vedo come lo possa essere a fine settembre. Nessuna delle due squadre in caso di sconfitta dovranno ridimensionare i propri obiettivi.
Ciò detto, ci sarà sicuramente tanto divertimento.
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venerdì 28 settembre 2018

Dove deve migliorare il Milan?

Dopo il pareggio (immeritato, ma pur sempre pareggio) di ieri sera, molti tifosi cominciano a mormorare e lamentarsi a causa dei parecchi punti persi per strada fino ad ora.
Se andiamo a vedere però ogni partita singolarmente, possiamo tranquillamente affermare che i rossoneri sono una squadra a larghi tratti bella da vedere giocare, il livello tecnico e di palleggio medio è pregevole, anche se nessuno sia un top player, tranne Higuain.
Suso e Bonaventura sono giocatori di tecnica e di talento, ma non calciatori di livello europeo, più per struttura fisica che per altro: e per quanto siano degli ottimi giocatori, non sono dei fuoriclasse assoluti.
Calhanoglu e Kessie, che avrebbero invece tutto per essere dei top europei, sono ancora troppo discontinui, ma possono arrivarci.
Per quanto riguarda la fase difensiva Romagnoli e Musacchio sono una buona coppia, ma non necessariamente sempre concentrati, cosi come Calabria che deve ancora crescere molto, e non ha il fisico per scalare in area con successo. Dall'altra parte invece Rodriguez va spesso a ruota e non è supportato mai da una mezzala difensivamente ordinata dal suo lato.
Donnarumma è un portiere con dei riflessi e una capacità di scendere giù fuori dal normale, ma deve lavorare tanto specialmente con i piedi.
I cambi possono garantire un rendimento di livello alla squadra a cui manca solamente la determinazione e la mentalità che ti fa portare a casa i risultati.
La favola del "giocar male e vincere" con cui si riempie la bocca da sempre la maggior parte della popolazione calcistica italiana rimane per me la favola che piace raccontarsi.
Giocare bene è certamente una maggiore garanzia di successo (lo rende più probabile), ma allo stesso tempo giocare bene è anche saper difendere, che è meno spettacolare, e saper reggere come squadra, e portare a casa il risultato.
Basti pensare per avere la conferma, che la Juventus quando è andata in vantaggio nel 2018 ha perso poco più del 5% dei punti disponibili. Il Milan in questo dato è la peggiore squadra.
Si tratta solo di crescere ed avere pazienza, è più facile smettere di fare errori e di cercarsi la sfortuna che dare un gioco ad una squadra.
Per questo motivo il Milan è ampiamente in lotta con le 3 rivali per i posti dal 3 al 6 esattamente come lo scorso anno.
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martedì 25 settembre 2018

La Juve vola, Il Napoli insegue, Inter, Milan e Lazio si inseriscono in extremis mentre la Roma è nell'inferno

Passato il primo mese di serie A è giusto tirare le prime somme, se si volesse fare un riassunto breve si potrebbe dire tranquillamente che la Juventus domina, mentre il Napoli insegue dietro di mezza ruota. Poi ci sono i veementi ritorni di Lazio, Inter e Milan che provano ad aggiungersi in extremis al duo di testa, mentre la Roma è in crisi nera e Di Francesco pare dopo poche giornate già appeso a un filo molto sottile.

Insomma siamo solamente a fine Settembre, ma il campionato vive già una fase calda con il turno infrasettimanale alle porte che fa da antipasto a un fine settimana piuttosto succulente con il piatto del dessert che ci offre Roma - Lazio e Juventus-Napoli.

Detto questo, è utile concentrarsi sui vari spunto che queste prime 5 giornate di campionato ci hanno lasciato.

La Juve sta proseguendo con molta calma sulla falsariga dello scorso campionato, la Vecchia signora è l'unica squadra ad aver calato il pokerissimo con 5 vittorie su 5 e dunque è anche l'unica squadra a punteggio pieno. Basta andare a vedere i primi quattro incontri per notare che la Juventus non ha avuto dei match particolarmente preoccupanti, ma come sappiamo bene ogni partita nasconde le proprie insidie. A eccezione della prima partita contro il Chievo i Campioni d'Italia non sono mai andati in grande difficoltà contro Lazio, Parma, Sassuolo e Frosinone. Non si può dire nulla diverso della Champions, la Juve ha meritatamente portato a casa i tre punti a Valencia.
Dunque un ottimo inizio di stagione che lascia un solo dubbio: Quante giornate dovrà saltare Ronaldo in Champions League?

Il Napoli segue la squadra torinese con 3 punti di distacco, ed è fino ad ora la squadra che ha dimostrato ripetutamente di poter essere l'antiJuve. Se escludiamo il passaggio a vuoto contro la Samp la squadra di Ancelotti ha sempre vinto. In questo caso però bisogna andare a vedere le squadre che Insigne e compagni hanno affrontato e battuto: Lazio, Milan, Fiorentina e Torino. Insomma vittorie di un certo spessore, in un inizio di campionato che poteva nascondere qualche insidia di troppo. C'è da dire però che i partenopei non hanno mai convinto del tutto, perchè hanno trionfato in rimonta sia contro i biancocelesti che con i rossoneri e in più in Champions hanno pareggiato in casa della Stella Rossa. Ciò ammesso, la compagine del presidente De Laurentis viaggia spedita è ha le carte in regola per mettere i bastoni tra le ruote ai bianconeri.

Dopo un avvio di stagione da paura, con le 2 sconfitte contro Napoli e Juve, la Lazio si è ripresa molto bene è ha superato Frosinone, Empoli e Genoa ripresentandosi con prepotenza nelle parti di classifica che contano di più. D'altra parte il calendario delle prime due partite era stato poco clemente nei confronti di Immobile e compagni, ma Inzaghi è stato bravo a riprendere saldamente il comando della squadra e a riportarla dove merita.

Proseguendo in ordine di classifica troviamo l'Inter a 7 punti. I nerazzurri stanno correndo a corrente alternata, hanno perso contro il Sassuolo, hanno pareggiato in casa col Toro per poi vincere a Bologna. Dopo la sosta, hanno perso a San Siro con il Parma e vinto all'ultimo respiro su un campo complicato come Marassi. Il tutto va analizzato insieme al successo pazzesco ottenuto in Champions contro il Tottenham. 
Insomma che dire, i nerazzurri sono una compagine molto combattiva che necessita della battaglia per accendersi. Ha difficoltà a impostare e ciò gli crea parecchi problemi con avversarie che l'aspettano più dietro (vedasi il Parma). Le due vittorie arrivate alla fine contro inglesi e blucerchiati non sono una casualità, questa squadra non molla mai e, quando la sfida si accende, non si tira certo indietro.

Ora passiamo all'altra milanese: il Milan, che è ancora in attesa di recuperare il match col Genoa della prima giornata, perciò il giudizio è rimandato. La sconfitta col Napoli ci può stare, la vittoria con la Roma è un segnale, non illusorio, del valore della squadra. Il pareggio con Cagliari e Atalanta sono invece la perfetta fotografia dei rossoneri. Il potenziale è ampio, Higuain è il prototipo di centravanti che mancava, ma è necessario mantenere il livello di concentrazione alto per tutta la partita.

Infine parliamo della big più in difficoltà della Serie A: la Roma.
Dopo aver vinto contro il Torino in trasferta, i giallorossi sono piombati in una crisi tremenda e hanno collezionato in serie: il pareggio interno contro l'Atalanta, la sconfitta di San Siro con il Milan, il pari casalingo con il Chievo e l'incredibile batosta di Bologna. Il tutto intermezzato dal secco 3-0 al Santiago Bernabeu contro il Real Madrid. A prima vista questa partenza della Roma è abbastanza inspiegabile. E' senz'altro vero che il calciomercato ha derubato la Roma di Allison e Strootman, ma aal'ombra del Colosseo sono giunti Olsen , buon portiere, e, soprattutto, Nzonzi, Pastore e Cristante. Si parla di un campione del Mondo, un talento con grande esperienza internazionale e uno dei giovani più promettenti del calcio italiano. Insomma la situazione negativa pare davvero inspiegabile, il tutto fa ancora più risalto se si pensa che, solo 5 mesi fa, questa squadra si giocava la semifinale di Champions League contro il Liverpool. Insomma squadra in ritiro e Di Francesco appeso a un filo molto sottile. Che il tecnico abruzzese abbia perso lo spogliatoio? Il problema è risolvibile senza cambi di guida? Ai posteri l'ardua sentenza. Solo una cosa è certa: la rosa della Roma avrebbe tutte le carte in regola per essere l'antiJuve e il tempo per riprendersi di sicuro non manca.
Per farsi coraggio i giallorossi dovrebbero rivedere l'inizio di stagione della Juve nel 2015/2016.
Tutti ricorderanno come finì...
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giovedì 20 settembre 2018

Nella notte della prima espulsione di Ronaldo la Juve sbanca Valencia

SENZA PER FORZA PARLARE DEGLI EPISODI ARBITRALI, sui quali gente più competente di noi spenderà sicuramente sufficienti parole, una sola considerazione sulla vittoria della Juventus. A furia di predicare di tecnica, pare che Allegri abbia effettivamente raggiunto un upgrade del concetto di squadra che è sempre stata la sua Juve. Oltre all'estrema sensibilità con cui la squadra reagisce ai momenti della partita, questa sera la vittoria è stata determinata dall'intensità che i 10 bianconeri rimasti in campo hanno saputo dare nella frazione centrale del match, quella che l'ha deciso. Non è un caso che il Valencia abbia rialzato la testa, rendendosi pericoloso proprio quando ha inserito giocatori intensi come Gameiro e Cheryshev nella mischia, approfittando anche del fisiologico calo fisico - e quindi dell'intensità - della Juve.
È stata una partita decisa dai duelli vinti, quelli di Matuidi, Can, Mandzukic, Sandro, Cancelo e, ultimo ma non meno importante, Chiellini. Non sottovalutiamo, però, il peso della tecnica in questi duelli vinti. Giocatori che normalmente non eccellono nel tocco di palla come altri loro compagni (pensiamo soprattutto ai due mediani e Cancelo), si fanno continuamente apprezzare anche per gesti tecnici. Se vogliamo, anche la titolarità di Bernardeschi, tecnicamente comunque validissimo, a scapito di Dybala, si inserisce in quest'ottica. Il dato è che però tutti questi giocatori sembrano aver effettivamente migliorato il loro tasso tecnico. Per come muta continuamente il suo schieramento, la Juve sembra una squadra che gioca molto in allenamento. La grande intensità che vediamo in campo è figlia di quella in allenamento, ed è in un certo senso confortante constatare come questa possa essere la causa di tanti miglioramenti tecnici dei calciatori. In un contesto di grande personalità, provare e riprovare ad alzare la velocità del proprio gioco nel tempo porta a un affinamento delle capacità tecniche, inizialmente penalizzate dal cambio di ritmo.
Certo, forse queste sono tutte supposizioni errate. I concetti espressi nella chiusura del post sono presupposti fondamentali del mio modo di vedere il calcio come allenatore, e naturalmente cerco di portare acqua al mio mulino.
Però in giro per il calcio dei grandi gli indizi cominciano a essere tanti...

mercoledì 19 settembre 2018

Champions League: Pazza Inter, Napoli scarico

Il primo Martedì di Champions League non ha regalato sconti e rischia già di essere ricordato come quello decisivo. Inevitabile partire dallo scialbo pareggio del Napoli in terra serba. Il fatto che la Stella Rossa avesse impoverito il livello tecnico della competizione con la propria qualificazione era già stato sottolineato al termine della nostra cavalcata dei preliminari estivi. Del resto, il tecnico Milojevic non è uno sprovveduto ed è sempre stato consapevole di non avere un gruppo adatto a sostenere questa competizione, nonostante gli arrivi di Marko Marin e Richmond Boakye al fotofinish. L’unico modo per la formazione serba di uscire vivi da un girone così competitivo era proprio quello di puntare sulle principali armi a disposizione: fisicità e grande senso d’appartenenza. Detto questo, la muraglia serba non doveva comunque rappresentare un ostacolo insormontabile per la formazione partenopea. Una manovra veloce, diretta e incisiva negli ultimi trenta metri avrebbe permesso, prima o poi, di trovare una falla nella densità apportata dai padroni di casa. Il punto è proprio questo: il Napoli ha giocato sotto ritmo dall’inizio alla fine. Nonostante la squadra di Ancelotti abbia ampiamente dominato il possesso e abbia creato alcune occasioni pericolose (sebbene Borjan, portiere dei padroni di casa, non abbia dovuto sporcarsi troppo le mani), difficilmente si è riusciti a trovare una velocità di gioco tale da trovare impreparata la linea difensiva avversaria. In un contesto così arroccato, è mancata soprattutto la ricerca dei mezzi spazi: se l’area di rigore risultava fin troppo affollata per il povero Milik, anche grazie all’ottima prestazione del 24enne centrale australiano Degenek, di cui ignoro completamente il motivo per cui si trovi ancora in Serbia, lo spazio alle spalle dei centrocampisti serbi era quello decisivo nel perseguimento del successo. L’unico ad aver occupato discretamente lo spazio tra la linee si è rivelato Insigne: proprio da una situazione di questo tipo è nata la chance migliore della gara, in occasione della traversa dello stesso Lorenzinho. Peccato, perché in questo senso sia Fabian Ruiz sia Zielinski avrebbero potuto fare molto meglio. Ancelotti non è affatto uno stolto e sicuramente da tempo è al lavoro per arrivare a una pulizia di manovra che risulti essere implacabile nei confronti di avversari di questo tipo: la questione è che, in un girone così complicato, perdere due punti contro il contendente più morbido potrebbe rivelarsi sanguinoso ai fini della qualificazione alla prossima fase.
Continuiamo con il nostro percorso con il pazzo aperitivo milanese. L’Inter ha reagito alle proprie difficoltà con cinque minuti di grande determinazione. Ciononostante, la squadra di Spalletti ha ancora grandi problemi in termini di produzione offensiva. L’attacco dell’area di rigore avversaria risulta essere ancora molto debole, un po’ in continuità con quanto visto nella scorsa stagione. Nonostante l’arrivo di un elemento come Nainggolan, potenzialmente devastante nei mezzi spazi, la formazione nerazzurra fatica tantissimo a sviluppare qualcosa di produttivo nella porzione centrale del campo. Ecco dunque che la produzione offensiva si ritrova a essere vincolata dai piedi di due elementi: Politano sul lato destro del campo e Asamoah dalla parte opposta. È chiaro che entrambi fanno quello che possono nel limite delle proprie capacità e, quando effettivamente riescono a produrre qualcosa di interessante, l’area di rigore avversaria si ritrova spesso spoglia d’opportunità: con Icardi spesso braccato dai due centrali avversari, l’unica alternativa rimane la ricerca della profondità di Perisic. Difficilmente Brozovic, Vecino o lo stesso trequartista belga si propongono in inserimento frontale. Paradossalmente, a questa squadra sarebbe utilissimo un giocatore come Parolo, che certo non rappresenta l’oggetto dei sogni notturni di nessuno ma inevitabilmente è molto bravo in questo tipo di situazioni. Diciamoci la verità, l’Inter ha giocato una partita piuttosto scialba. Prima del folle finale di gara, i guantoni del portiere olandese Vorm erano rimasti pressoché immacolati. Detto questo, bisogna anche registrare una certa crescita negli equilibri del reparto difensivo, reparto in cui gli acquisti sono stati maggiormente indovinati. Skriniar ha dimostrato di poter occupare efficacemente la posizione di terzino in situazione d’emergenza, nonostante la notevole differenza strutturale nei confronti di avversari come Lucas Moura. Asamoah si è rivelato l’uomo in più a tutti gli effetti: oltre alla costante sicurezza in fase difensiva, a sorprendere è stata soprattutto la sua precisione in proiezione offensiva. Se l’Inter oggi può guardare con fiducia al proprio futuro europeo, ciò è dovuto anche all’intelligenza e alla qualità del laterale ghanese in occasione della meravigliosa volée di Icardi. Tutti abbiamo negli occhi gli impietosi cross del povero Biraghi nel finale di gara di Italia-Polonia: questo perché la grande maggioranza dei terzini non è particolarmente lucida quando arriva sul fondo del campo. Asamoah lo è stato, ringraziamo Asamoah, impariamo da Asamoah. Nonostante le difficoltà, l’Inter ritrova una componente molto importante in un contesto europeo: la risolutezza al di là delle criticità. La consapevolezza di poter arrivare sempre e comunque al risultato si rivelerà molto utile alla squadra di Spalletti in questa stagione, in virtù soprattutto del fatto che difficilmente si potrà arrivare a una fluidità di manovra degna di nota. Due fattori giocano a grande favore dei nerazzurri: la netta vittoria del Barcellona sul PSV (4-0 con tripletta di Messi) e il calendario, che metterà di fronte proprio la formazione olandese nel prossimo turno. Un eventuale successo nella trasferta di Eindhoven renderebbe le prospettive europee particolarmente interessanti, soprattutto nel caso in cui i blaugrana dovessero fare il proprio dovere a Wembley contro il Tottenham.
Liverpool-PSG è stato un piacere per gli occhi degli appassionati. L’intensità contro la superbia. Mi risulta difficile comprendere il motivo per cui una formazione come quella parigina si ritrovi effettivamente senza alcun vero regista di primo livello. Il ritiro di Thiago Motta e l’incomprensibile cessione di Lo Celso hanno lasciato un buco clamoroso in quella posizione, tanto che, in assenza dello squalificato Verratti, che comunque ha già dimostrato di non essere sufficientemente disciplinato per occupare quel compito, si è dovuto ricorrere all’adattamento di Marquinhos. A maggior ragione contro un avversario che non lascia respiro in fase di costruzione, diventa fondamentale produrre un primo possesso veloce e convincente, come sporadicamente accaduto nella partita di Anfield. Detto questo, dopo un’abbondante mezzora di apnea, il PSG è riuscito più volte a sviluppare una manovra talmente verticale da lacerare il campo. Quando i tre davanti, fenomenali nella loro intercambiabilità e nella loro determinazione, riescono a combinare e contemporaneamente portare il pallone verso la porta avversaria, non c’è gegenpressing che tenga. In ogni caso, bisognerebbe tirare ancora una volta le orecchie a Mbappe, colpevole della sanguinosa palla persa che, in pieno recupero, ha permesso a Firmino di trovare il colpo da biliardo decisivo. Quando un ragazzo di appena vent’anni si ritrova già a essere Campione del Mondo (da protagonista), teoricamente ci sarebbe poco da insegnare. Eppure, con la concentrazione e l’attitudine al sacrificio del collega Cavani, potrebbe collocarsi davvero davanti a tutti. Dopo aver imparato a trattare il pallone da Neymar, adesso servirebbe spostare la propria attenzione verso l’attaccante uruguagio per arrivare a un ulteriore upgrade. Postilla finale per Sturridge, apparso veramente in forma nel suo ritorno da titolare con la maglia del Liverpool, a distanza di sei anni dall’ultima volta: una carriera martoriata dagli infortuni, davvero felici di rivederlo competitivo ad alti livelli.
Storie ed epiloghi simili, con le dovute proporzione, per Club Brugge e AS Monaco, sconfitti di misura rispettivamente da BVB e Atletico Madrid. Le due formazioni hanno coraggiosamente deciso di affrontare la principale competizione europea con un gruppo molto giovane: e se quella dei belgi è più che altro una necessità, quella dei monegaschi è un’assoluta volontà, date le ingenti disponibilità economiche. Nell’undici monegasco, allenato dall’ottimo Leonardo Jardim, scendevano in campo elementi come Benjamin Henrichs, 21enne terzino destro arrivato dal Bayer Leverkusen, Jean Aholou, mediano di 24 anni all’esordio nella competizione, o Kevin N’Doram, 22enne centrocampista cresciuto nel vivaio monegasco e appena promosso dalla formazione riserve. Nella sfida all’Atletico Madrid, il parziale vantaggio è stato siglato da Samuel Grandsir, esterno offensivo di 22 anni, arrivato in estate dal Troyes. Allo stesso modo, nella ripresa sono entrati i giovanissimi Sylla (centravanti classe 1999), Adama Traoré (centrocampista classe 1995) e Jordi Mboula, potenziale crack del calcio europeo, acquistato dal Barcellona per 3 milioni di euro nonostante la giovanissima età (classe 1999). Poco importa se il confronto con il Cholismo è stato perduto: con queste prospettive, il percorso è ancora lungo e affascinante. Ugualmente, il Club Brugge ha dato tutto in un confronto assai complicato contro i ragazzi terribili del BVB, altro club che ha gettato il guanto di sfida alla carta d’identità (basti pensare che, sull’esterno sinistro, giocava il 18enne Sancho, senza contare le presenze di Pulisic in trequarti e Diallo al centro della difesa). La formazione belga ha sorpreso per concretezza e idee di gioco, capitolando solamente a causa di uno sfortunato rimpallo nel finale di gara, dopo aver sfiorato più volte il gol del vantaggio. Il tecnico croato Leko ha saputo costruire un’identità battagliera e competitiva, nonostante una rosa d’ampio azzardo. Il talento comunque non manca. Wesley, centravanti brasiliano di 21 anni, che abbiamo imparato a conoscere nei suoi trascorsi con la maglia dell’AS Trencin, è destinato a una carriera d’alto livello: fosse in grado di abbinare concretezza sotto porta alla prorompente fisicità, il suo valore di mercato s’alzerebbe in modo esponenziale. Arnaut Groeneveld, esterno d’attacco nigeriano, classe 1997, ha avuto un impatto pazzesco nella Jupiler Pro League, dopo essere stato acquistato dal NEC Nijmegen. Infine, sentiremo parlare di Thibault Vlientinck, altro prodotto del sistema di formazione giovanile belga: alla soglia dei 21 anni, l’esterno destro è alla prima, vera stagione da protagonista con la maglia nerazzurra.
Infine, chiudiamo con gli ultimi due confronti della serata. Schalke 04 e Porto s’annullano nella serata di Gelsenkirchen (1-1): respira il nostro connazionale Tedesco che, dopo la sfavillante scorsa stagione sulla panchina del club tedesco, non ha iniziato la nuova annata nei migliori dei modi (zero punti nelle prime tre giornate di Bundesliga). A dir la verità, anche in questo caso si è andati vicini al patatrac, soprattutto a causa della disastrosa prestazione del centrale difensivo Naldo, autore di ben due falli da rigore nella stessa serata (di cui uno fallito dall’ex interista Alex Telles). Dall’altra parte, il Galatasaray dell’intramontabile Terim si ritaglia un ruolo da protagonista nel girone più abbordabile della competizione, completato dalle due formazioni precedentemente citate. Il secco tre a zero sulla malcapitata Lokomotiv Mosca è un’autentica iniezione di fiducia verso un gruppo che aveva ricevuto qualche critica nel corso dell’estate, soprattutto a causa di un’apparente mediocre sessione di mercato. In realtà, l’undici proposto dal tecnico turco vede alcune interessanti individualità, perlomeno in grado di reggere il livello del girone in questione. Degni di nota, in particolar modo, si rivelano essere due nuovi acquisti: il 21enne nigeriano Onyekuru, autentico crack della corsia di sinistra con la propria velocità, arrivato in prestito dall’Everton (che ha rifiutato una cospicua proposta d’acquisto dallo stesso club turco, segno di come questo ragazzo sia destinato a un prossimo futuro in Premier League) e il trequartista Akbaba, particolarmente apprezzato nei suoi inserimenti in area di rigore. Pur essendo nato in Francia, deve la propria formazione calcistica al movimento turco e, dopo anni di militanza presso Alanyaspor, ha subito un’autentica crescita esponenziale nel corso dell’ultima stagione. Classe 1992, ha già realizzato due reti in Super Lig con il nuovo club e, soprattutto, due reti con la maglia della Turchia nelle recente vittoria in Nations League sul campo della Svezia, entrambe nel finale di gara.

martedì 18 settembre 2018

Ronaldo si è sbloccato

Lo so, è martedì ed è finalmente tempo di Champions League, ma non ho avuto tempo di parlare dei primi due gol di CR7 in serie A e dunque meglio tardi che mai.
Finalmente Ronaldo ha segnato. Con buona pace di giornalisti e telecronisti già pronti a snocciolare numeri e stendere articoli sul fuoriclasse portoghese. Il 2 a 1 dell'Allianz mette in luce pregi e difetti dei bianconeri, come anche degli avversari. Un Sassuolo che sembra già aver compreso la volontà del suo tecnico De Zerbi. Costruzione basa esasperata, anche a costo di perdere palloni sanguinosi (si veda Marlon con Matuidi), ricerca continua dei triangoli e del gioco sulle fasce. Boateng è un terminale offensivo che stuzzica non solo le fantasie fantacalcistiche, ma che è interessante nell'evoluzione del suo ruolo. Da trequartista capace di inserirsi a numero 9 boa in grado di far salire la squadra. Leggerini i due attaccanti esterni, così come il centrocampo, via via dominato fisicamente con lo scorrere del minutaggio. Il rimpianto di non aver inserito prima Babacar è forse l'unico errore di De Zerbi. Dare maggior peso offensivo avrebbe potuto creare maggiori grattacapi alla difesa bianconera. Capitolo Juventus. I cambi dalla panchina esprimono la profondità della rosa in mano ad Allegri. Nonostante ciò il gioco non è spumeggiante come vorrebbero gli esteti del calcio e molto probabilmente mai lo sarà. Il calcio è fatto di equilibri, di conoscenza tra gli interpreti e di testa. I padroni di casa sono artefici e carnefici del proprio destino, inutile girarci attorno. Pretendere poi dal tecnico livornese, di rinunciare al pragmatismo e alla concretezza di mettere fieno in cascina per il prosieguo del campionato, è pura follia. Dividere i giudizi ad Allegri non interessa, se l'obiettivo finale è vincere. Si può questionare il come, come non si può non condannare il gesto di Costa nei confronti di Di Francesco. Una sequenza di fotogrammi ignobile, che merita la punizione del giudice sportivo e del club.

domenica 16 settembre 2018

Tim Duncan: Il frastuono del silenzio

Quante volte ci è stato detto, durante la nostra vita, magari da parte dei genitori nell’ambito familiare, o dai professori in quello scolastico, o da allenatori e Senior in quello sportivo, che il silenzio vale più di mille parole?
Ecco, io sono dell’ idea che ci sono poche persone al mondo che riescono a coniugare le due cose perfettamente, considerabili dei geni, e diventare leggende.
In ambito musicale, basti pensare a Freddie Mercury; praticamente due persone diverse nello stesso corpo: nel privato un uomo timidissimo e silenzioso, sul palco una straordinaria creatura che teneva in pugno migliaia di fans con il suo carisma inarrivabile.
Se pensiamo alla pallacanestro, invece, non può non venire in mente Tim Duncan, tanto carismatico quanto silenzioso.
Non sono uno psicologo, ne niente di simile, ma mi piace pensare di provare anche lontanamente a capire cosa c’è nella testa di Tim.
Come fa una persona con un QI cestistico così elevato, a non aver bisogno di neanche una parola per scambiare discorsi che potrebbero tranquillamente durare una giornata intera?
A lui però basta lo sguardo, nient’ altro che gli occhi, per comunicare senza problemi. In più, sembra non trasmettere emozioni, come se avesse una sorta di impermeabilità a tutto ciò che succede attorno a lui, come se non ci fosse nient’altro al mondo che gli importi.
Beh, direi anche che se al primo sorriso che fai in carriera vieni espulso, te credo che non hai tutta sta voglia di sorridere!
Il lavoro, in silenzio è sempre stato nelle sue corde; Tim infatti ricorda bene le parole che la madre usava per motivarlo :
“Good, better, best. Never let it rest. Until your good is better, and your better is best”.
E’ un motto che qualunque sportivo dovrebbe seguire il più possibile se vuole arrivare in alto.
E lui in alto ci arriva, eccome se ci arriva.
Non sono tante, le persone che riescono a cambiare in modo cosi tangente una lega sportiva di questo livello in silenzio.
Silenzio esteriore, ovviamente; non credo che dentro la testa la situazione sia la stessa, anche perché se gli osservate gli occhi, anche se all’ apparenza vi sembreranno spenti, vedrete una lucentezza unica, che solo i geni hanno in dote.
E nella testa c’è un frastuono, le parole utilizzate della madre per incitarlo (morta due giorni prima del suo 14° compleanno), il desiderio di quest’ultima che suo figlio un domani potesse avere un’ istruzione e laurearsi (cosa che lui fece per non mancare alla promessa fatta alla madre), i ricordi dell’ uragano che aveva distrutto la sua isola da ragazzino.
Lui ce l’ha fatta, e secondo me il come lo si capisce da una cosa; Tim non è una persona scaramantica, ma ha un rituale che secondo me è veramente stupendo, perchè in quel momento avviene una combinazione perfetta.
Prima di ogni partita, era solito “abbracciare” la palla forte contro il proprio petto.
Ecco, secondo me, in quel momento, quello che poteva succedeva attorno al 21 in maglia neroargento era un silenzio tombale,la testa si svuotava di pensieri e si creava un’ armonia tra il suo silenzio e il mondo circostante, tale da rendere Tim come se non ci fosse bisogno di altro per essere felice.
E a lui stava benissimo cosi perché in fondo, diciamocelo, siamo tutti più felici con una palla in mano.

mercoledì 12 settembre 2018

Delpo

50 degli ultimi 60.
50 degli ultimi 60 Slam sono andati a Federer, Nadal o Djokovic. Un numero mostruoso, impensabile, inimmaginabile. Ieri DelPo non ci è andato neanche vicino, a guardare il punteggio (secco 3-0). Invece ha avuto le sue occasioni. Un gioco perso nel primo set da 40-0, con quel servizio che si ritrova. Tre palle break nel secondo set, tutte nello stesso gioco. Pochi punti, un niente, quasi. Il problema è che nelle ultime 60 occasioni in cui si è giocato un torneo importante, per 50 volte “quasi” non è stato abbastanza. Quei pochi punti in più, quel break decisivo, quel recupero decisivo, lo hanno fatto sempre loro tre. Tre mostri. Tre fra i più grandi di sempre, anche se il concetto del “più grande di sempre” è terrificante, inutile e anche dannoso, per lo sport e soprattutto per i tifosi.
Ieri, triste, deluso, con le lacrime appena esaurite, DelPo si è presentato in conferenza stampa. Candido, come sempre. “Novak ha meritato”, la sostanza. Ha spiegato di come fosse costretto a giocare costantemente al limite, ma nonostante questo Nole era sempre lì, a ributtare la palla dall’altra parte, aggredendo al minimo cedimento. Delle poche cose che ha detto, però, una lo eleva come tennista, come uomo e nella mia classifica di sportivi amati: “Non mi sento triste per non aver potuto vincere più di uno Slam a causa loro, sono soltanto uno di quelli che ha avuto la fortuna di giocare nella loro stessa era”.
Fortuna. Non Sfortuna, come avrebbe potuto tranquillamente dire. Si ritiene fortunato, anche se in un’altra era probabilmente sarebbe stato il numero uno. Si ritiene fortunato, nonostante senza infortuni al polso probabilmente avrebbe più di un “solo” Slam, e sarebbe stato molto più costantemente al vertice della classifica ATP.
Palito ieri mi ha dato un insegnamento importante: giocare contro i migliori, competere contro i migliori, è una fortuna.
Anche se bisogna asciugarsi le lacrime una volta di più. Anche se bisogna asciugarsi le lacrime una volta di troppo.
Lui, come Wawrinka, sono due che hanno capito il loro posto nel mondo. Gli altri tre, semplicemente, sono di un altro pianeta e il massimo che si può fare, per poter dormire sereni, è uscire dal campo sapendo di aver dato tutto.
Stan se l’è anche tatuato addosso:
“Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better.“
Gracias, DelPo.

martedì 11 settembre 2018

Un Italia tutt'altro che gradevole s'inchina ai Campioni d'Europa in carica

L'Italia continua a non vincere in una partita ufficiale da oltre un anno, ma poco importa se essa serve a studiare la nuova Italia che verrà.
Questa sera usciamo sconfitti dal Portogallo Campione d'Europa, ma anche stavolta qualcosa di buono s'è visto. Dal secondo tempo in poi però, dopo che Mancini ha cambiato il modulo da 4-4-2 a 4-3-3. Il CT della Nazionale ha infatti optato per il più classico dei moduli per provare alcuni esprimenti, quali ad esempio Jorginho nel centrocampo a 2 e Lazzari terzino destro. Quest'ultimo all'esordio in Nazionale. il resto della squadra era composto da: Donnarumma; Caldara, Romagnoli, Criscito; Chiesa, Cristante, Bonaventura; Zaza, Immobile.
I numerosi cambi nell'11 iniziale rispetto alla partita contro la Polonia, sono stati cosi giustificati da Mancini: "Non volevo rischiare nessuno". Oltre la saggezza e gli esperimenti, la prima cosa che salta all'occhio è che per la prima volta, dopo anni di prevalenza, nessun giocatore della Juventus è partito dal primo minuto nella Nazionale italiana. E' un dato importante e di completa rivoluzione, soprattutto se lo andiamo a sommare al fatto che contro la Polonia, per la prima volta dal 2006, non è stato convocato nessun giocatore della rosa campione del mondo.
Passiamo alla gara.
Primo tempo molto confusionale e completamente lasciato ai portoghesi, che pur senza impegno riuscivano ad entrare in area di rigore grazie agli errori di impostazione degli azzurri che, in fase di manovra, sono stati pressochè zero. Zero come i palloni toccati da Cristante, praticamente inesistente. La prima ed unica volta che lo sentiamo nominare, infatti, è quando ha colpito la (nostra) traversa con un rimpallo. Anche Lazzari male nell'uno contro uno in difesa, mentre fa bene quando deve spingere sulla corsia. Il modulo dell'Italia, in fase d'impostazione, diventava quasi un 4-1-4-1, con Jorginho che scendeva tra le linee per impostare e con Zaza che veniva in contro mentre Immobile scattava sul fondo. Gli unici due tiri in porta nel primo tempo, infatti, sono arrivati da un incursione di Immobile e un azione personale di Chiesa. Nel secondo tempo, causa gol lampo di André Silva, Mancini cambia modulo e passa al 4-3-3 inserendo Berardi al posto di uno spento Immobile.
Da qui l'impostazione del gioco e la disposizione in campo migliorano di molto e, nonostante il risultato finale, l'Italia ha mostrato di poter sviluppare un buon gioco se si affiancano due mezz'ale al regista e se si posizionano due esterni larghi che puntano e corrono sulle fasce. Bisogna soltanto trovare gli interpreti giusti e forse con Mancini potremmo assistere ad una rivoluzione vera e propria della nostra Nazionale dopo il fallimento dello scorso gennaio.
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lunedì 10 settembre 2018

14 volte Novak Djokovic

Ieri sera, assistendo alla finale maschile degli US Open, tutti gli appassionati si sono resi conto di una cosa per alcuni preoccupante, per altri incoraggiante: Novak Djokovic è tornato ai vertici del tennis mondiale. Nonostante infatti l'ottima partita di del Potro, che ha servito molto bene e usato al meglio il suo micidiale diritto, Nole è parso a lunghi tratti ingiocabile. Recuperi su recuperi hanno spinto l'argentino a rischiare di più, commettendo molti più errori e perdendo così la partita in 3 combattutissimi set. A fine match Delpo era sfinito, mentre Djoko sembrava poter continuare per altre 3 ore tranquillamente e questo ha fatto la differenza. Così Djokovic vince il suo 14esimo Slam ("solo" il terzo a NY), raggiungendo Sampras e portandosi a -3 da Rafa. Si fa ora interessantissima la race per la classifica di fine anno, con Nole che andrà probabilmente a superare Roger e potrebbe addirittura puntare a Nadal, mentre anche Delpo va ad insidiare il posto di Federer, che ha ancora molti punti da difendere fino a fine anno. Per le Finali quindi oltre a questi 4 campioni avremo quasi sicuramente Zverev e Cilic e forse Thiem e Anderson, a meno di sorprese negli ultimi tornei. Molto curioso il fatto che i finalisti dello scorso anno (Dimitrov e Goffin) potrebbero non qualificarsi, una cosa che penso non sia mai successa.
Onore a Nole e onore anche alla campionessa femminile, Naomi Osaka, che batte Serena Williams nonostante mille polemiche stupide e che fanno solo male al tennis.

sabato 8 settembre 2018

US Open: Semifinali poco appassionanti

Ahinoi le semifinali sono state molto meno appassionanti dei quarti di finale. Chi si aspettava (io in primis) una grande lotta tra i due giocatori in foto è rimasto deluso a causa del ritiro di Rafa dopo i primi due set persi, dovuto al solito infortunio al ginocchio. Dispiace vedere un campione stare male in campo e dover abbandonare una delle partite più interessanti dell'anno sulla carta. Speriamo che si riprenda in fretta e che non arrivi alle Finals mezzo distrutto come l'anno scorso. Delpo dall'altra parte, sicuramente non felice per questa vittoria, può certamente gioire per essere tornato all'atto conclusivo dopo 9 anni da quella maledetta finale vinta con Federer, unico suo Slam attualmente conquistato. Per quello che ha mostrato quest'anno si meriterebbe di vincerne un altro.
L'altra semifinale invece è stata deludente per altri motivi: Djokovic troppo forte per Nishikori, che ha giocato come con Cilic (cioè non benissimo) ma che si è ritrovato davanti ben altro avversario, che non gli ha lasciato nemmeno un set. Ora possiamo solo sperare che la finale sia combattutissima e le premesse ci fanno ben sperare dato che sono entrambi in grande forma. Io punterei su Nole in ogni caso, ma che vinca il migliore.

Italia - Polonia 1-1, ma c'è tanto lavoro da fare

Al Dall'Ara di Bologna, Italia e Polonia impattano sul 1-1.
Gli azzurri giocano un match tutt'altro che esaltante, mostrando ampie lacune nella fase d'impostazione, tutto il centrocampo è in grande difficoltà.
Cosa dire di questa nazionale?
Giovane e coraggiosa, ma anche scollegata e poco precisa.
Non mi sento nelle condizioni di gettare la croce su nessuno, nemmeno su Jorginho: quando una squadra è giovane, non serena, ci sta anche che il "cervello" del gruppo si scolleghi e sbagli.
Balotelli nei primi venti minuti ha fatto un ottimo lavoro di sponda, proponendosi per triangolare con Insigne, poi si è perso, molle e immobile, fin troppo ritardato il cambio con Belotti, quest'ultimo molto aggressivo con un ottimo impatto sulla partita.
Lorenzo il magnifico nel complesso ha fatto abbastanza bene e con Bernardeschi sull'altra fascia, formano due ottime ali d'attacco: quando però la punta centrale non si muove è dura concludere contro raddoppi continui. Lo juventino è apparso davvero in palla, buona personalità, si vede che si sente in forma e lo dimostra.
A centrocampo manca ancora un vero leader che sappia prendere per mano la squadra: uno alla De Rossi, anche se si capisce la necessità di un cambio generazionale.
I centrali fanno quanto possono, insufficienti i terzini: distratti, compassati e con poche sovrapposizioni.
Chiesa generoso come sempre.
Insomma ci sarà tanto lavoro da fare, ma proprio tanto.
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venerdì 7 settembre 2018

Quando lo sport è vita

Quelle lacrime dopo la sconfitta col Messico, quelle lacrime incontenibili, indescrivibili e incomprensibili per una partita dei Mondiali, in cui tutti sapevamo che la Corea del Sud non avrebbe potuto ambire poi a così tanto in un girone di ferro con Svezia, Messico e Germania. Sei stato eliminato, succede, quella semifinale del 2002 fu l'eccezione e non la regola di una nazione che ama prendere a calci un pallone ma che si trova nella parte del mondo dove i calciatori noti e forti non vanno, e se ci vanno sono ormai ultratrentenni.
Ancora meno comprensibile è forse l'esultanza sguaiata dopo la Germania: è una partita inutile, siete tutte e due fuori, perché è esulti così Heung-Min?
Son però sapeva che in ballo c'era molto più di una partita di calcio, era in gioco la sua vita. Si perché se Heung-Min, partito da giovanissimo dal suo Paese natale in direzione Leverkusen, non avesse conquistato un trofeo importante con la sua Nazionale sarebbe dovuto tornare in patria per completare un anno di servizio militare, abbandonando di fatto le speranze di diventare il top player che pareva destinato a diventare nella passata stagione dopo un campionato meraviglioso con gli Spurs, quelli di Londra in questo caso.
L'ultima spiaggia erano i giochi asiatici ed è per questo che Pochettino ha dovuto fare a meno di lui per le prime tre partite.
Un cammino difficile da capitano alla guida dei ragazzi Under 23, il pensiero costante a quella maledetta leva, a quell'ostacolo che avrebbe interrotto magari definitivamente il sogno di una carriera scintillante nello sport che ama, quelll sport che, fortunatamente, oggi gli ha salvato la vita. Dopo 120 minuti da panico la Corea del Sud è riuscita ad imporsi per 2-1 sul Giappone vincendo quel trofeo ritenuto dal suo Governo abbastanza prestigioso da esentarlo da una vita che Heung-Min, partito con un sogno come tutti i ragazzi che amano lo sport, non voleva fare.
Ora puoi piangere amico, ma sono solo lacrime di gioia. Non fermarle.

giovedì 6 settembre 2018

US Open tanto spettacolo

Come avevo previsto le sfide dei quarti di finale hanno saputo regalarci parecchie emozioni. A partire da una delle più belle sfide dell'anno: Thiem-Nadal finita al quinto set. Non è un caso che quasi tutte le migliori partite dell'anno (Nadal-Delpo e Nadal-Djokovic a Wimbledon ad esempio) abbiano come protagonista Rafa. Questo perché lui è il più grande combattente della storia del tennis e anche con un Thiem stratosferico, capace di rifilargli un 6-0 in 25 minuti, capace di sparare missili per quasi 5 ore, alla fine è riuscito a vincere, in un tie break dove ha tirato fuori tutta la sua grinta. Chiunque dovrebbe imparare qualcosa da questo grande campione. E ora arriva il bello: la sfida con Delpo, altro spettacolo assicurato.
L'altra partita a cui ho avuto il (dis)piacere di assistere è stata la rivincita della finale del 2014: infatti Nishikori è riuscito a sconfiggere Cilic, in un'altra partita al quinto set dove il croato pareva avere il controllo ma che si è spento per un po', lasciando così spazio allo scoppiettante giapponese - pur non esprimendo tutto 'sto gran tennis - di ribaltare la partita come solo Alessandro Borghese saprebbe fare. Una partita vinta di testa e speriamo che ora sia in forma per affrontare Djokovic (che ha prevedibilmente superato Millman), altrimenti c'è il rischio di vedere una semifinale a senso unico e di conseguenza di compromettere lo spettacolo della finale (prevedendo che Rafa e Juan Martìn lottino fino all'ultima pallina).
Il femminile, così come l'anno scorso, non mi sta interessando molto, con la sola giapponesina Osaka a far vedere qualcosa di nuovo, mentre ci sono ancora Keys (che non combina nulla tutto l'anno e poi si risveglia per questo torneo), Serena Williams (tornata in forma e pronta a riconquistare l'egemonia del circuito WTA) e la Sevastova che conosco poco, quindi non mi esprimo.

martedì 4 settembre 2018

CR7 continua il digiuno da gol

RONALDO, Ronaldo e ancora Ronaldo. Il protagonista è sempre CR7. Ora, il dilemma è: perchè in 3 giornate di serie A non si è ancora sbloccato?
Dopo JUVENTUS-Lazio si erano fatte molte ipotesi: troppa pressione, adattamento alla nuova squadra e al nuovo campionato. Tutto vero. Si dava per scontato che lo stato di forma del protoghese fosse al top, ma forse non è così. Cristiano dovrà risultare importante e determinate quando la Vecchia Signora ne avrà realmente bisogno. Si parla, quindi, della fase calda della stagione dalla quale, attualmente, siamo lontani. Come dimostrato, nelle prime 3 giornate di serie A, i Campioni d'Italia hanno conquistato 9 punti anche senza il contributo delle reti del loro nuovo campione. Insomma, si può e si deve attendere per osservare Ronaldo nella migliore condizione. Se si guarda al citato triduo di gare, si nota un CR7 che prova colpi importanti. Tali soluzioni sono sovente riuscite in passato. Questa volta, no. Certi movimenti hanno anche espresso un po' di "macchinosità", di pesantezza atletica che presto svanirà. Insomma, in gergo si dice che è "imballato": Durante questa sosta per le Nazionali, Cristiano rimarrà a Torino e la sensazione è quella che già dalla partita contro il Sassuolo, si potranno vedere dei miglioramenti (non che sino a ora le prestazioni siano state negative). Se si osserva la storia del campione, poi, si nota che spesso la condizione è cresciuta più tardi durante il corso della stagione.
E' interessante, poi, un articolo presente sulla Gazzetta dello Sport che spiega come la Juve debba trovare la maniera più congeniale per porre CR7 nella sua "confort zone". E' compito di Allegri e il tecnico non si tira indietro ammettendo che è necessario trovare "il modo di servirlo meglio". La Rosea sottolinea come la recente storia del portoghese dimostri che i suoi gol derivino da un movimento e un solo tocco effettuato nell'area di rigore avversaria. E' necessario talento, quindi. Occorre riuscire a servirlo con maggiore precisione, poi, il suo movimento è sempre perfetto e letale. Sotto questo profilo, non si può prescindere da Dybala, Douglas Costa e Pjanic. Grande, invece, diventa il rammarico per la partenza di Higuain. Già nella trascorsa stagione, il Pipita ha mostrato ottime doti di rifinitore. Detto cio, la Juve non può certo lamentarsi del materiale a disposizione e Allegri sarà bravo a trovare le necessarie contromisure per aiutare CR7 a essere il solito, cecchino spietato, decisivo e letale.