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venerdì 7 settembre 2018

Quando lo sport è vita

Quelle lacrime dopo la sconfitta col Messico, quelle lacrime incontenibili, indescrivibili e incomprensibili per una partita dei Mondiali, in cui tutti sapevamo che la Corea del Sud non avrebbe potuto ambire poi a così tanto in un girone di ferro con Svezia, Messico e Germania. Sei stato eliminato, succede, quella semifinale del 2002 fu l'eccezione e non la regola di una nazione che ama prendere a calci un pallone ma che si trova nella parte del mondo dove i calciatori noti e forti non vanno, e se ci vanno sono ormai ultratrentenni.
Ancora meno comprensibile è forse l'esultanza sguaiata dopo la Germania: è una partita inutile, siete tutte e due fuori, perché è esulti così Heung-Min?
Son però sapeva che in ballo c'era molto più di una partita di calcio, era in gioco la sua vita. Si perché se Heung-Min, partito da giovanissimo dal suo Paese natale in direzione Leverkusen, non avesse conquistato un trofeo importante con la sua Nazionale sarebbe dovuto tornare in patria per completare un anno di servizio militare, abbandonando di fatto le speranze di diventare il top player che pareva destinato a diventare nella passata stagione dopo un campionato meraviglioso con gli Spurs, quelli di Londra in questo caso.
L'ultima spiaggia erano i giochi asiatici ed è per questo che Pochettino ha dovuto fare a meno di lui per le prime tre partite.
Un cammino difficile da capitano alla guida dei ragazzi Under 23, il pensiero costante a quella maledetta leva, a quell'ostacolo che avrebbe interrotto magari definitivamente il sogno di una carriera scintillante nello sport che ama, quelll sport che, fortunatamente, oggi gli ha salvato la vita. Dopo 120 minuti da panico la Corea del Sud è riuscita ad imporsi per 2-1 sul Giappone vincendo quel trofeo ritenuto dal suo Governo abbastanza prestigioso da esentarlo da una vita che Heung-Min, partito con un sogno come tutti i ragazzi che amano lo sport, non voleva fare.
Ora puoi piangere amico, ma sono solo lacrime di gioia. Non fermarle.

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