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martedì 28 agosto 2018

Grazie di tutto Manu

Pochi secondi, la notizia viene resa pubblica, era diventata terribilmente pesante nei giorni scorsi ma nessuno ne era ancora sicuro. Pochi secondi e tutti lo sanno, Manu Ginobili ha deciso di appendere le scarpe al chiodo. I post di qualsiasi gruppo a tema basket vengono inondati da post, poche righe, a volte una foto lasciata lì a commentarsi da sola. Una marea di post, dicevamo, che dopo i primi 10 minuti possono risultare scontati o banali ma non è così, lo scopo è comunicare, condividere la serie di emozioni contrastanti che noi appassionati stiamo provando.
Questa non sarà una narrazione piena di dettagli e aneddoti, precisa e studiata, ma più un insieme di pensieri e istantanee che si accavallano, così a caldo, una sorta di flusso di coscienza alla Joyce o, da romanticone, l’ennesima celebrazione della tua impulsività, del sangue caldo e della passione che hai portato in Texas per sconvolgere e far esasperare quel ghiacciolo di Pop. Questa è non è la testimonianza di un così detto “die hard fan”, cioè sì, lo è, ma per svariate ragioni (tra cui la mia ignoranza) non ho potuto seguirti come avresti meritato e lo ha fatto solo nella parte finale della tua carriera.
Il primo dettaglio che risuona nella mia mente è la tua capacità di zittire le critiche, quelle che con l’aumentare delle stagioni si facevano sempre più numerose: “Ormai è bollito, non sa più tirare, non salta come una volta, non ha le gambe per difendere, è arrivata l’ora di ritirarsi”. Parole dure, molte provenienti da tifosi delusi più che da hater, perché il livello a cui li hai abituati era così alto da far rimbombare prepotentemente anche il minimo calo. E diciamocela tutta, il calo si è inevitabilmente visto, con periodi bui (le percentuali non proprio brillanti al tiro nei PO) da cui sei sempre riuscito ad uscire piazzando una giocata per ricordare a tutti chi fossi: un difensore portato a scuola, un passaggio dietro la schiena o un missile che attraversa gli avversari per arrivare puntuale nelle mani del destinatario, un rischio che solo tu potevi e volevi prenderti, un buzzer beater, un tiro da metà campo, una rubata, una stoppata come quella decisiva su Harden nel 2017. Per non parlare delle schiacciate, le poche che hai regalato in questi anni sono state sufficienti a farci saltare ed esultare come se fosse il più spettacolare degli slam dunk contest, perché sapevamo che alla tua età, dopo anni e anni in un campionato che ti logora, ci vuole veramente qualcosa in più per portarla sopra al ferro. Vedasi anche la schiacciata dell’ultima stagione, a seguire il tiro di Leonard, a cui tu stesso hai reagito con stupore, con una faccia da “ammazza, questa l’ho fatta grossa”.
40 year-young come ti definiscono a San Antonio, giovane ma allo stesso tempo anziano, tanto da meritarsi la paternità del Grandpa juice, il fattore che ti permette di sconfiggere l’avanzare del tempo quando scendi in campo. “It’s the amount of energy and passion and care that a 40 year older can give to an NBA team” ha detto Mills a riguardo, e non poteva fare di meglio. Perché questa è stata la tua carriera: un mix letale di energia e passione che pochi hanno saputo mettere sul parquet e ancora di meno hanno saputo portare avanti quando il fisico dava loro dei segnali d’avvertimento, il tutto accompagnato dalla leadership esplicita o meno con la quale ti sei caricato la squadra sulle spalle. “Cazzo, se lui fa certe cose a 40 anni, chi sono io per rilassarmi e tirare il culo indietro, devo tornare ad allenarmi!” avrà sicuramente pensato più di un rookie o qualsiasi giocatore più giovane che ha avuto la fortuna di lavorare con te.
Quel vecchietto che, sempre nell’ultima stagione, in un’intervista afferma “Ya no estoy en edad para tirarme al piso” (sono troppo vecchio per tuffarmi sui palloni) e poi, qualche giorno dopo lo fa, eccome se lo fa, con una cattiveria ed un agonismo che ti fanno ricredere sui numeri presenti nella sua carta d’identità. Bel colpo Manu, grazie per esserti burlato dei giornalisti che hanno avuto il coraggio di crederti.
Oggi, giorno dell’ufficializzazione del ritiro, sappiamo che questa non sarà una presa per il culo, purtroppo. Sempre oggi, siamo davanti alla fine definitiva dei Big Three degli Spurs, quattro se contiamo anche quel grand’uomo di Popovich. Non me ne vogliano i veri Jordan, Pippen, Rodman, Jackson, Bryant, Shaq, James, Bosh, Wade, Magic, Bird, Parish, Kareem, ma un nucleo del genere non lo rivedremo per molto molto tempo. Un gruppo intelligente, fin troppo talentuoso, umile e disposto a farsi comandare, in cui ogni stella ha saputo dare il proprio contributo e mettersi in mostra quando le altre erano più sotto tono, capace di essere sempre ai vertici ogni anno, capace di far irrompere nella lega il mantra di “Spurs mentality”. Un rammarico e una tristezza che mi permetto egoisticamente di esprimere. Ti avrei voluto vedere un’ultima stagione, per rispettare il tuo contratto, e poi sarei stato pronto a vederti andare. O forse no, perché certi numeri sono solo tuoi ed ogni anno ci prendevamo gusto. “Dai Manu, gioca ancora un anno poi smetti” una, due, tre e quattro volte. Ad ogni fine di stagione, quando ti chiudevi nel silenzio per trarre le tue conclusioni, riecheggiava nell’aria questo timore, quello del tuo ritiro, ma nessuno osava introdurre il tema per paura che potesse materializzarsi. E poi, alla fine, leggevamo contenti che avresti continuato, questa era l’unica Decision da seguire con ansia.
Dall’altro lato, però, devo ammettere che meriti di dire basta, meriti di poter staccare, abbandonare il ritmo frenetico di voli, trasferte, back-to-back e poterti finalmente dedicare alla famiglia che hai inevitabilmente messo un po’ in secondo piano. Riversa le tue attenzioni su di loro e falli felici tanto quanto hai fatto con noi.
Avrei potuto vederti, anche molto da vicino, e questo rimarrà un piccolo rimpianto, ma so che ci saranno sempre i video carichi di “ManuGonnaManu” pronti a scaldarmi il cuore.
Quelle che dovevano sembrare due righe sono diventate un poema, senza che neanche me ne accorgessi, tanto è il piacere che ho di parlarne. Goditi lo tsunami d’affetto che ti sta arrivando da tutto il mondo, non c’è altro modo per descrivere la tua grandezza. Non c’è molto spazio per la tristezza, perché le attenzioni vanno date alla gratitudine. Grazie Manu, grazie di tutto.

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