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lunedì 18 giugno 2018

Diario Mundial day 4

Costa Rica - Serbia 0-1
Aleksandr Kolarov risolve la grana Costa Rica e consegna il primato alla Serbia, in attesa di Brasile e Svizzera.
I centroamericani si arroccano nella propria metà campo fin dall’inizio. La tattica di Ramirez é di per sè sensata: la Serbia fatica a trovare spazio tra la linee e si deve affidare per lo più allo scarico sugli esterni e alla palla lunga sulla testa di Milinkovic-Savic e Mitrovic.
Tuttavia, il tecnico costaricense affossa le possibilità di rimonta della propria squadra con un integralismo senza eguali. Mantenere una linea a cinque fino all’ultimo secondo si è rivelato a dir poco eccessivo: l’ingresso di Colindres doveva spostare la densità dalla propria area a quella avversaria, ma l’uscita del mediano Guzman ha di fatto spaccato in due la formazione.
La Serbia ha margini di miglioramento, soprattutto nella trequartista offensiva. Milinkovic-Savic ha offerto lampi di puro talento, offrendo due cioccolatini al funzionale ma fin troppo robotico Mitrovic. Del resto, quello del centravanti è un problema cronico per la squadra di Krstajic: chissà, spostare Milinkovic-Savic da falso (o vero?) numero nove potrebbe favorire anche Adem Ljaijc, oggi impalpabile sulla sinistra, accentrando notevolmente il suo raggio d’azione.
Aleksandr Kolarov in formissima: piede caldissimo in occasione del gol, polmoni e gambe d’acciaio per tutta la gara.
Per quanto riguarda il Costa Rica, pesa notevolmente l’occasione sprecata da Gonzalez nel primo quarto d’ora: il successo di questa squadra passa inevitabilmente attraverso il pragmatismo nei calci piazzati, in un castello difensivo che però fatica veramente a costruire qualcosa di concreto in ripartenza.
La sensazione é che però possa fare lo scherzetto, soprattutto alla Svizzera che fatica in fase d’impostazione.

Germania - Messico 0-1
Juan Osorio annienta Joachim Low sotto ogni punto di vista e permette al Messico di ottenere una meritata vittoria.
La selezione messicana cambia completamente volto tra il primo e il secondo tempo, uscendo vincitrice in entrambi i casi. Nella prima frazione di gioco, aggressivitá sul portatore di palla, gioco nello stretto e taglienti verticalizzazioni spaccano in due la formazione tedesca.
Tra Khedira e Kroos e il blocco difensivo c’è troppa distanza e l’abilità nelle combinazioni veloci permette ai messicani di uscire facilmente dalla pressione avversaria e di ritrovarsi diverse volte in superioritá numerica negli ultimi trenta metri.
La densità nella porzione centrale di campo induce frequentemente all’errore i tedeschi e all’immediata palla lunga sull’esterno opposto per i messicani. Malissimo i tedeschi nelle marcature preventive, soprattutto disastroso Hummels nelle uscite sulle transizioni avversarie: spesso e volentieri i contropiedi messicani nascono da una lettura sbagliata dell’ex centrale del BVB.
Nella seconda metá di gioco, il Messico abbassa intelligentemente il baricentro e compatta le linee negli ultimi trenta metri. Gli spazi in area di rigore diventano ridottissimi ed é Toni Kroos l’unico a riuscire ad arrivare alla conclusione, con scarsa precisione.
La Germania ha poche idee in fase di costruzione. Nel corso del primo tempo, le difficoltá dei due centrocampisti portano all’allargamento della manovra, soprattutto sulla corsia di destra. Tuttavia, solo Kimmich riesce a vincere il duello personale con l’avversario: Muller appare nervoso e sotto ritmo, Ozil non riesce a incidere, Plattenhardt scarsamenre cercato dai compagni.
La scarsa capacità dei tedeschi nel rendersi pericolosi nella ripresa si può attribuire anche alle scelte di Low.
Mario Gomez andava inserito molto prima. Werner ha dato lampi di talento nelle occasioni in cui il Messico ha concesso la profonditá, ma gli inesistenti spazi della ripresa imponevano la presenza di un panzer lì davanti, anche per compensare le difficoltà in fase di costruzione.
Brandt ha messo in luce proprietá tecniche tali da rappresentare un rimpianto, visto il suo ingresso tardivo: la sua abilità nel trovare la conclusione in un nanosecondo poteva essere la chiave per il pareggio.
Che squadra il Messico, che interpreti lì davanti. Vogliamo parlare della capacità di Herrera di affettare l’avversario in penetrazione, o del lavoro in alleggerimento del Chicharito, o della qualità nello stretto di Lozano?
Se questa squadra sbaglia meno scelte in transizione diventa incontenibile.
Chiosa finale sull’arbitro iraniano Faghani: miglior prestazione del Mondiale finora.

Brasile - Svizzera 1-1
La squadra migliore del Mondiale si è resa conto di quanto sia difficile vincere questa competizione.
Il Brasile sbatte contro una Svizzera attenta, fisica, pragmatica e anche un po’ fortunata. La squadra di Tite illumina per gran parte della gara ma paga a caro prezzo soprattutto due fattori: eccessivo auto-compiacimento ed errore individuale.
Sebbene nell’azione del gol di Zuber (a proposito: un po’ arruffone palla al piede ma estroso sulla sinistra) non faccia impazzire l’immobilismo di Alisson, il centrale dell’Inter pecca ben due volte: prima di posizionamento e poi di esperienza, facendo passare la spintarella dell’esterno svizzero per quello che è (appunto, una semplice spintarella, niente di più).
Il Brasile gioca comunque una partita difficilmente contestabile. La squadra di Tite sa quello che deve fare e quando lo deve fare, avendo anche l’umiltà di abbassare il baricentro e compattare le linee nei momenti di stanca.
Diventa complicato mettere in difficoltà i verdeoro, se non sono questi a perdere contatto mentale con il campo. I due centrali difensivi, di base, sono ugualmente abili nelle uscite aggressive e in ripiegamento. Casemiro è sempre posizionato al posto giusto, mettendo una pezza nelle ripartenze avversarie.
Coutinho da mezzala è una manna dal cielo: il giocatore del Barça è di gran lunga l’uomo piú pericoloso della squadra, trovando lo spazio giusto per poter ricevere palla e fare quello gli pare.
Gabriel Jesus è una forza della natura, sia palla al piede che in fase di alleggerimento.
Per fermare una formazione del genere serviva una squadra che fosse altrettanto abile nelle fasi opposte ai verdeoro.
Nella compatezza generale degli elvetici, l’uomo-chiave è Valon Behrami. Il mediano dell’Udinese scivola su di una marcatura stretta su Neymar quando quest’ultimo si muove negli ultimi trenta metri. I momenti in cui il fuoriclasse del PSG effettivamente lascia spazio a strappi importanti coincidono con la lontananza fisica dall’ex Watford.
È difficile esprimere un giudizio sulla fase offensiva della squadra di Petkovic, perchè questa partita richiedeva di mettere in campo altre attitudini. Seferovic lotta e sbatte contro tutti, Shaqiri è un diesel che prende fiducia e cresce nella prestazione con la squadra.
Lichtsteiner e Rodriguez si mantengono attenti e bloccati come difficilmente vedremo nei prossimi appuntamenti.
Il pareggio del Brasile é differente dalla sconfitta della Germania e ha il sapore di un’occasione persa più che di un campanello d’allarme.
Attenzione però al prossimo appuntamento. I verdeoro si ritroveranno ad affrontare un avversario dall’atteggiamento ancor più turgido e attendista come il Costa Rica. Neymar avrà ancor meno spazio vitale (e sappiamo come soffra contesti di questo tipo) e i centrali costaricensi si sanno muovere bene nell’area di rigore avversaria da piazzato.
Appunto finale: perchè non Douglas Costa per Willian?

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