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sabato 23 giugno 2018

Diario Mundial day 9

Brasile - Costa Rica 2-0
Il ruggito del leone.
Coutinho è il vero fuoriclasse di questo Brasile. A differenza del più noto compagno di reparto, quello che porta il numero dieci, indisponente per tutto il tempo regolamentare e “decisivo” solamente a risultato acquisito, l’ex interista è il vero faro della squadra, l’unico in grado di poter determinare qualcosa di concreto quando serve.
Attorno a lui, c’è chi meriterebbe più spazio.
In primis, Douglas Costa. L’esterno della Juventus entra nel secondo tempo al posto di un evanescente Willian e, seppur a corrente alternata, accende la manovra dei verdeoro con il suo guizzo palla al piede.
Non è un caso che il suo ingresso abbia coinciso con il netto cambio di passo della Seleçao.
Gli uomini di Tite giocano un primo tempo al rallentatore.
Il CT carioca conferma dieci degli uomini schierati nell’esordio mondiale. L’unico cambio è obbligato. L’indisponibile Danilo viene sostituito con Fagner, 29enne riserva del Corinthians: una scelta discutibile, vista la presenza di Filipe Luis in panchina. La fascia destra viene completamente annullata dalla sua presenza in aggiunta a quella di Willian: entrambi giocano sotto ritmo, rallentando costantemente una manovra che aveva bisogno di ben altra velocitá per impensierire gli attenti costaricensi.
In generale, il Brasile dei primi 45 minuti gioca da fermo. Nessuno degli uomini offensivi si muove senza palla, pretendendo di incidere esclusivamente con l’estemporaneità del proprio talento. Questo però non è un Mondiale per il singolo: gran parte delle squadre, soprattutto quelle tecnicamente inferiori, mette in campo grande organizzazione collettiva ed è necessaria altrettanta chiarezza e coesione nella produzione dell’azione offensiva da parte di chi attacca.
In questo contesto, Neymar c’entra poco. La miracolosa rete di Coutinho in tempo di recupero consente a Tite di poter lavorare sulla testa del proprio numero dieci, il che è un fatto estremamente positivo (e necessario). L’attaccante del PSG non ha capito come si vince questa competizione: serve più concretezza, più semplicità, più velocitá di pensiero e manovra e meno personalismi e soprattutto atteggiamenti infantili.
Spero che il rigore prima concesso e poi (giustamente) tolto dal VAR abbia dato una bella lezione a O’Ney: chiamare la maestra non porterà nessun vantaggio.
In ogni caso, Gabriel Jesus, Marcelo e le due mezzali cambiano volto nella ripresa. Il Brasile riprende a martellare, rischia meno in ripartenza e impegna diverse volte Keylor Navas, soprattutto nel primo quarto d’ora.
A differenza dell’Argentina, occorre specificare come la Seleçao abbia sempre avuto chiara l’idea di come arrivare alla vittoria: i brasiliani hanno solo la tendenza a impigrirsi e gridare al lupo un po’ troppo, ma a elevate intensitá non ce n’è per nessuno.
Un applauso va dato comunque al Costa Rica. La squadra di Ramirez ha fatto la partita che doveva fare, cercando anche di mettere maggiore aggressività rispetto alla prima gara, soprattutto nel primo tempo.
È difficile uscire vivi da una gara di contenimento, perchè alla lunga ci si deve aggrappare prima al proprio portiere e poi alla fortuna.
È mancata soprattutto quest’ultima.

Nigeria - Islanda 2-0
La Nigeria supera meritatamente l’Islanda e rimescola le carte del girone D.
Sarà una terza giornata al cardiopalma, con l’Argentina incredibilmente ancora viva.
Situazione del girone, con la differenza reti tra parentesi:
Croazia 6 (+5)
Nigeria 3 (0)
Islanda 1 (-2)
Argentina 1 (-3)
Prossimo turno:
Croazia-Islanda /// Argentina-Nigeria
L’Argentina deve vincere contro la Nigeria e sperare che l’Islanda perda, pareggi o vinca contro la Croazia con un risultato inferiore al proprio. In caso di identica vittoria delle due squadre, infatti, passerebbe la selezione islandese per differenza reti.
L’Argentina dunque deve sperare in un favore della Croazia, già agli ottavi e ufficiosamente al primo posto del girone, oppure ottenere una vittoria con un gol in più rispetto a quella degli islandesi (perchè avrebbe un vantaggio in termini di gol segnati).
Per i nigeriani la questione è diversa: vincere con l’Argentina oppure pareggiare e sperare che l’Islanda perda, pareggi o vinca contro la Croazia realizzando un solo gol in più rispetto a quelli realizzati nel proprio pareggio.
Prima della sfida odierna, il pronostico era tutto per gli islandesi. La selezione di Hallgrimsson aveva ben impressionato nella prima partita, mentre i nigeriani, al contrario, non avevano convinto sotto il profilo della manovra.
Gernot Rohr, CT della Nigeria, ha rimescolato un po’ le carte dal punto di vista tattico, accantonando il 4-3-3 per rispolverare quel 3-4-1-2 che saltuariamente aveva provato durante la preparazione.
Ciò ha avuto due grandi ripercussioni nella scelta degli interpreti, risultate poi decisive per il risultato. In primo luogo, la promozione nei tre centrali di Omerou, muscolare centrale del Kasimpasa. In secondo luogo, soprattutto, la presenza da seconda punta del velocissimo Ahmed Musa, preferito al più tecnico Iwobi.
Tali accorgimenti hanno finalmente dato un’identità alla squadra, principale problema nella sconfitta dell’esordio: una formazione attendista, muscolare, che bada al sodo nella propria metá campo per cercare rapide combinazioni in quella successiva.
E tale strategia si rivela vincente: dopo un brutto primo tempo (in generale, poco calcio e tanti duelli), la rete del vantaggio nigeriano arriva proprio da transizione offensiva, approfittando della disarmante impreparazione degli islandesi nelle preventive.
Sconvolgente dal punto di vista concettuale il primo gol preso dall’Islanda, data la consapevolezza che gli uomini di Hallgrimsson hanno dimostrato dei propri pregi e difetti. È chiaro che dare spazio a contropiedisti come Musa, Moses e Iheanacho equivale a morte sicura, soprattutto vista la macchinosità degli interpreti difensivi islandesi.
È un fulmine a ciel sereno per la selezione nordica, con forti ripercussioni nel morale: non che fino a quel momento l’Islanda avesse convinto particolarmente, ma dava comunque la sensazione di poter risolvere la situazione come sempre, in qualche modo, magari di rimpallo.
L’uscita per infortunio di Ragnar Sigurdsson, seppur quest’ultimo non sia esente da colpe in occasione del gol, equivale a quella dell’intera squadra, che perde di lucidità e si spinge con troppa irruenza alla ricerca del pareggio.
Gli spazi diventano troppo ampi per poter essere coperti da Ingason e Arnason ed è un gioco da ragazzi per Musa trovare il raddoppio in campo aperto.
Ancor più un rimpianto il rigore fallito a Gylfi Sigurdsson nel finale di gara, soprattutto in termini di differenza reti. Un errore che nasce dalla delusione di aver perso una grande occasione.

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