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venerdì 6 aprile 2018

Commento quarti di finale Europa League

Quando ho dovuto approcciare al consueto riepilogone di Europa League mi sono trovato in difficoltà: siamo arrivati a quel punto della competizione in cui tutti guardano le partite e, perciò, cosa posso aggiungere più di quanto non abbiate già visto?
Per questo motivo, d'ora in poi sarà libera divagazione, con collegamenti (più o meno forzati) con quanto le partite ci abbiano offerto.
Per prima cosa, per l'ennesima volta, è doveroso sottolineare la superba prestazione di Cristiano Piccini sulla fascia destra dello Sporting Lisbona, nonostante la sconfitta sul campo dell'Atletico Madrid (2-0) e la pessima prestazione dei suoi compagni di reparto (serata sfortunata per Coates e Mathieu).
Il terzino cresciuto nella Fiorentina è il prototipo moderno del laterale difensivo: forte fisicamente, puntuale nelle due fasi, preciso in fase propositiva.
Questo ragazzo gioca in massima serie da ormai tre stagioni (inizialmente con il Real Betis, poi in Portogallo), e soprattutto in quella attuale ha saputo reggere il confronto in appuntamenti importanti: Mario Mandzukic, non proprio un cliente facile, fu annullato fisicamente proprio da Piccini in Juventus-Sporting Lisbona di Champions League.
Eppure, non solo non ha mai avuto alcuna considerazione da parte della stampa (che, giustamente direte, chissene), ma ha dovuto anche ascoltare il nostro attuale selezionatore che, ospite a Sky Calcio Club, rivendicava un ruolo secondario in ottica Nazionale per gli italiani all'estero a causa di "ritmi e metodologie differenti".
E il nostro selezionatore, che ben presto tornerà in Under 21 per meriti del tutto ignoti, non è altro che lo specchio dei nostri vertici, impegnati a cercare affanosamente qualcuno che, per la modica cifra di cinque milioni all'anno, venga incaricato di tappare buchi, senza alcun tipo di progetto ad ampio raggio, con gli stessi diffusi e insistenti preconcetti: preconcetti nella scelta dei calciatori, preconcetti nella scelta del selezionatore (chi l'ha detto che deve essere italiano?), preconcetti nelle scelte tattiche, preconcetti in tutto.
Dall'alto del nostro ventesimo posto nel Ranking (che dopo il Mondiale diventerà ancora peggiore), ragazzi non solo come Piccini, Balotelli, Sansone, Soriano, comunque abbastanza noti, ma anche come Grifo e Caligiuri (colpevoli di essere "nessuno", poi il fatto che siano tra i migliori della Bundesliga diventa marginale), El Mudo Vazquez (dimenticato! Un giocatore incredibile, polivalente, che sa fare quaranta ruoli), ed Emerson Palmeri (colpevoli di non essere nati in Italia e di non giocare più in Italia), e ci butto dentro anche Giovinco, fenomeno dove tutti potrebbero esserlo (e allora andateci), non potranno mai essere parte di un progetto nazionale a prescindere, e anche tutti coloro che vorranno dare una svolta alla propria carriera internazionale all'estero dovranno subire la stessa fine.
Diventare di caratura internazionale (altrove) equivale a perdere la Nazionale: solo da noi poteva accadere.
Poi magari, invece di considerare ragazzi che, pian piano, acquisiscono minuti e confidenza con partite e palcoscenici importanti, andiamo a mettere un macigno di speranze sulla schiena di gente come Barella che, pur essendo un ragazzo di buone qualità, prima di indossare la maglia azzurra dovrà intanto trovare collocazione tattica e controllo della propria foga agonistica con la maglia del Cagliari, poi fare il salto di qualità per club e infine replicare prestazioni e progressi a ritmi, intensità e pressioni ben superiori. Buttarlo nella mischia ora equivale a ritrovarci con un Franco Semioli allo Stade de France in Francia-Italia 2-0 del 2006 o, più recentemente, con un Simone Verdi in Italia-Macedonia 1-1: brutta prestazione e chi si è visto si è visto, avanti il prossimo.
In tutti questi anni ho capito che, pur tentando di cambiare qualcosa nella visione italiana del calcio (per quanto possibile, con i nostri mezzi), è concretamente impossibile farlo su larga scala: il tifoso medio rimane fanfarone, complottista e anche un po' violento, le società non hanno i mezzi per prendere una posizione diversa o per lavorare in modo differente e la Federazione non fa nulla per cambiare qualcosa.
Tra quattro anni non scriverò un post identico solamente per il fatto che mi sto già rassegnando ora.
E allora meglio buttare l'attenzione altrove: scrivi RedBull e sarà comunque un successo. Non puoi parlare del successo di Lipsia senza citare il lavoro di Salisburgo, che a sua volta non può essere valorizzato senza fare riferimento a Liefering.
La coppia centrale del RB Lipsia, in un quarto di finale europeo (vinto e anche bene) vedeva due ragazzi rispettivamente nati nel 1999 e 1998: Konatè, acquistato per 300mila euro, e Upamecano, acquistato per 2 milioni di euro e transitato anch'egli in Austria.
A Roma, il centrocampo del Salisburgo vedeva un 1996 (Samassekou), un 1997 (Schlager) e un 1998 (Haidara), tutti nel giro della propria Nazionale maggiore, tutti passati per l'accademia e per Liefering, i quali, davanti a 50mila persone, per poco non portavano a casa anche il risultato.
E ne ho citati pochi per non essere ridondante: ma di cosa stiamo parlando? Questo è il progetto della vita, un qualcosa talmente all'avanguardia, sotto ogni punto vista, che fosse arrivato in Italia saremmo stati capaci di cacciarlo a forconi in mano per un'ipocrisia tutta tricolore.
Ragazzi che imparano a pensare, ad agire, a essere intelligenti nel rettangolo di gioco a quindici anni: gli austriaci lo avevano capito dieci anni fa, quando noi piangevamo l'addio al Milan di Kakà.
E poco importa se il risultato dell'Olimpico ha premiato i biancocelesti: la sconfitta è solo una tappa di un percorso appena iniziato, sia per i ragazzi, pronti per passare al livello successivo, sia per la società, che già si gusta i vari Szoboszlai, Daka, Schmid, Wolf, campioncini di Liefering alle prime esperienze da pro e destinati a diventare i nuovi Haidara, Samassekou e Schlager, a loro volta segnati da un futuro in Germania.
Siamo sicuri che il vero successo sia quello della Lazio (ma avrei potuto dire qualsiasi società italiana)?
Infine, in una competizione che sembra essere destinata a una finale anglo-spagnola (sorteggio permettendo), mi preme sottolineare la crescente preoccupazione nei confronti della selezione russa in vista del prossima Coppa del Mondo.
Ignashevich, Berezutski e Berezutski non solo sono ancora costretti a tirare avanti il carretto a causa dell'assurda restrizione per gli stranieri nel campionato locale, non solo rappresentano ancora, alla loro 1490esima partita complessiva con la maglia del CSKA Mosca (avete letto bene, sono tipo degli Avengers), il meglio di quanto possa offrire il panorama nazionale, ma perdipiù non potranno dare il loro contributo, essendosi comprensibilmente ritirati dalla nazionale!
La selezione russa è arrivata all'appuntamento più importante della sua storia con un'imbarazzante pochezza tecnica a disposizione, salvo qualche mosca bianca che permette tutto sommato di reggere l'urto nella metacampo avversaria (Golovin, Dzagoev, Smolov, Miranchuk e poco altro).
Reggere l'urto, perchè anche a livello concettuale siamo rimasti ere geologiche addietro, con questo dilagante difensivismo alla Cesare Maldini che impazza in tutto il campionato locale (e che era al limite dell'obsoleto vent'anni fa).
La partita di ieri (Arsenal-CSKA 4-1) non c'entra niente, se non nel permettere di evidenziare quanto la precedente generazione abbia dato, oltre i propri limiti, al movimento russo, e quanto poco si sia fatto dal 2008 a questa parte per arrivare preparati al Mondiale casalingo.
Il pensiero di dover affrontare Salah, Suarez e Cavani non migliora la situazione.

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