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martedì 17 aprile 2018

Work harder

Undrafted.
Unwanted.
Undervalued.
Maggio, anno 2015. Tucson, Arizona.
Timothy John si stà preparando per una finale.
Il telefono suona. È Chris Emens, l’agente di Timothy: “TJ, pack your bags, you’re getting on the next flight to Chicago”.
È la chiamata per la NBA Combine, l’evento che precede il Draft.
Quell’anno all’NBA Combine preDraft vengono chiamati 62 atleti. TJ viene chiamato per ultimo.
La sera del Draft, 60 verranno scelti. Due, no. TJ sale sul primo aereo e cerca di farsi un nome fra i 62. DEVE essere migliore di soltanto due atleti. Gli basta quello. Gli basta entrare in NBA. È durissima, perché lo testano su cose su cui non può competere. Elevazione, panca piana, trazioni. L’unica cosa che lo potrebbe salvare è il campo, ma è difficile emergere. Difficilissimo.
Arriva la sera del 25 giugno. KAT, D’angelo Russell, Jahill Okafor, Kristaps Porzingis, Mario Hezonia. Via via, cinquantacinque nomi vengono detti, uno dietro l’altro. TJ sa che può avere una chance, proprio nel finale. Dawson, Radicevic, Tokoto, Agravanis.
Ne manca uno.
Con la 60, i 76ers scelgono Luka Mitrovic.
TJ non è fra i sessanta scelti.
Demoralizzarsi non è considerata neanche un’opzione, figurarsi se viene considerata un’opzione valida. Un unico, costante pensiero frulla nella testa di TJ: “Work harder”. Gliel’ha insegnato il padre, il suo più feroce critico, il suo primo allenatore ed il suo primo tifoso.
Da quando TJ Junior ha memoria, TJ McConnell Senior allena la Chartiers Valley High School, liceo in cui Junior ha militato. Nel suo anno da freshman, Junior è 1.67 mal contati. “Everyone told me that I will not be able to make varsity or go play college basketball somewher, and it just made me work harder each day and outwork everyone”.
Il padre gli chiede la perfezione. TJ Senior sa perfettamente che la perfezione non esiste, ma cerca di instillare nella mente di Junior la ricerca della perfezione. Solo così ce la potrà fare.
Al college TJ ci arriva. In punta di piedi, in un piccolo college, Duquesne. Un giorno, la svolta. Duquesne gioca una partita contro gli Arizona Wildcats di Sean Miller. TJ perde la partita, ma decide di andare a giocare per coach Miller. È una decisione difficilissima, ma TJ è sicurissimo. Vuole giocare ad un livello più alto. Vuole avere una chance.
Con Arizona arrivano in Division I, ma non arrivano titoli. Non ci sono canestri sulla sirena, niente di niente. Anche per questo, quella sera non arriva nessuna chiamata.
Il telefono, però, squilla di nuovo. Sono i 76ers. Lo vogliono per la Summer League. TJ va. Si allena come un matto. Dà tutto sé stesso, sperando possa bastare.
Basta. Entra nel pre-roster dei 76ers.
Ottobre 2015.
Centro allenamento di Philadelphia. Mancano pochissimi giorni all’inizio della Regular Season. TJ è, in teoria, a roster. Ma quello è il giorno in cui il roster viene ridotto del 25%, si passa da 20 a 15 atleti.
TJ è stato chiamato da Coach Brown, e l’ascensore sembra metterci anni, a salire quei piani. Cuore che batte. Bussa alla porta, entra. Brown lo guarda. Si preoccupa. Sembra che TJ stia per svenire da un momento all’altro. Coach Brown sorride: “You know, you can laugh, you can do what you want”.
Questa volta sì. TJ è stato scelto. Non cambia nulla, per lui. NULLA. “I have to work harder to try and stay here now. That’s what I’ve been working on since day one, just to keep proving people wrong.”.
TJ prende il telefono. Chiama il padre. Piange. Ride. Grida. E il padre piange, ride e grida insieme a lui.
Coach Brown ne parla come di un ragazzo straordinario, che non si può non rispettare, cui non si può non voler bene. TJ non ha mai smesso di chiedere consigli. Ha lavorato con Steve Nash, per migliorare la forza del core, la stabilità del corpo, per imparare a giocare basso sulle gambe senza danneggiare la schiena. Brown lo ha messo a lavorare con Babcock, esperto di meccanica di tiro. Babcock ha imparato il mestiere da Chip Engelland, storico esperto al servizio degli Spurs. Ogni volta che lo si sente parlare si rimane affascinati. È un uomo che ha una conoscenza della dinamica del tiro abbacinante, insegna tecniche diverse a seconda della forma e lunghezza delle mani, e soprattutto sulla lunghezza relativa fra le dita.
McConnell è un giocatore di quelli che non si possono non apprezzare. Talento decisamente rivedibile, giocatore di pura intensità, di fatica. “Work harder”.
Nella partita più famosa della sua carriera, quella in cui ha messo a referto la prima tripla doppia della storia dei sixers per un uomo in uscita dalla panchina aggiungendo anche sei rubate al computo, c’è un’azione in cui c’è tutto il TJ che c’è in McConnell.
TJ ha la palla in mano, in posizione di ala. Un blocco cerca di forzare un cambio difensivo, TJ palleggia ed entra nel pitturato, ma è circondato da quattro Knicks. Chiude il palleggio, prende una botta, va per terra. La palla cade dalle sue mani, lui la riprende, la riperde e la riprende ancora. Salta, si gira in aria e tira. La palla, beffardamente, esce. Transizione NY, ma Ntikilina fa un passaggio orizzontale che TJ legge e intercetta, involandosi solo a canestro. Uno contro zero. TJ arriva quasi a canestro, guarda indietro e vede Justin Anderson, suo compagno di squadra, correre verso il canestro. Gli consegna la palla per la schiacciata.
Hustle. Poco talento. Grande intelligenza cestistica. Ottime letture difensive. Infinita resistenza atletica. Altruismo.
Un’azione. Il riflesso migliore di un giocatore.
“I would love to play 10 years in the NBA, but I can’t look that far down the road”.
La vita a volte è strana. Non si fosse infortunato Fultz, TJ quest’anno avrebbe giocato molti meno minuti. Nonostante Coach Brown lo tenga in alta considerazione, anche lui non avrebbe potuto fare altrimenti che scegliere Fultz su TJ. Con l’infortunio, invece, TJ ha avuto minuti. Responsabilità. Philadelphia gli ha affidato la second unit quasi costretta. E oggi sostanzialmente non può fare a meno di lui.
TJ non si scompone. Sa che la strada è lunga, non dà niente per scontato. Neanche un singolo giorno in NBA. In campo, in allenamento, nel tempo libero, sempre. Lui dà tutto. Guardatevi una partita. Lo vedrete a terra almeno 2-3 volte. Lo vedrete lottare, digrignare i denti, difendere, correre. Lo vedrete fare quel che ha sempre fatto. Lo sentirete, perché McConnell ve lo farà capire. Sentirete quella frase che TJ si ripete ogni giorno. Se la ripeteva quando era 1.67 e gli dicevano che era troppo basso per giocare al liceo. Se la ripeteva quando non chiamò nessun grande College. Quando ridevano alla Combine. Quando non venne scelto. La ripete ancora oggi.
Work harder.

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