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martedì 10 aprile 2018

Superstar plus plus

Tutti noi guardiamo uno o più sport professionistici. Tipicamente, guardiamo sportivi di altissimo livello: Eurolega, NBA, Formula 1, Wimbledon, Motomondiale, Champions League, Olimpiadi. Gli sportivi sono ragazzi come la maggior parte di noi, che hanno avuto la fortuna, il talento, il fisico, le condizioni e la voglia per arrivare al top mondiale. Sono tantissime le componenti che ti portano ad essere uno sportivo al top, a disputare una delle competizioni di cui sopra. Sicuramente hai sacrificato pomeriggi, uscite, forse persino lo studio, per dedicarti al tuo sogno di diventare un atleta di altissimo livello.
Fra gli atleti di altissimo livello, però, esistono le classificazioni: Tony Parker, nel suo discorso all’amico Tim Duncan per la cerimonia del ritiro della #21, disse: “Esiste una grande differenza fra role players, Star, All-star, Superstar, Superstar ++.” Inutile dire in quale categoria appartenesse Tim. Ma il punto è proprio questo. Essere una Superstar++ vuol dire tante cose. Vuol dire saper prendere i compagni per mano, forse. Vuol dire saper risolvere le partite più difficili, chiaramente. Ma più di tutti, essere una Superstar++ vuol dire essere un giocatore che, nonostante sia palesemente fra i più forti di tutti, e probabilmente fra i più forti di tutti i tempi, dia l’esempio.
Duncan era un mostro, dal punto di vista di etica del lavoro. Dopo una sconfitta era il primo a prendersene la colpa. E tutti gli altri sapevano che il giorno dopo, indipendentemente da quanto presto sarebbero arrivati in palestra per allenarsi, avrebbero trovato Tim a tirare. A provare movimenti in post. A dare l’esempio.
Ecco, di questi giocatori, di giocatori così, ne esistono veramente pochi. Sono le Superstar++. E le Superstar++ degli ultimi 20 anni hanno capito che solo una cura maniacale del proprio corpo può garantire l’immortalità sportiva. Lo fa Tom Brady, lo fa Federer, lo fa Cristiano Ronaldo. Uno dei primissimi a farlo in era moderna fu Andre Agassi, quando si affidò a Gil Reyes. Non si tratta di discutere i risultati sportivi di questi tre, perché saranno ricordati fra i più grandi sportivi di sempre, e questo va riconosciuto. È un dato di fatto, come è un dato di fatto che a Roma oggi splende il Sole. Non opinabile. A fianco a questi tre, e sicuramente a (pochi) altri, c’è LeBron James. La sua maniacalità per la cura del suo corpo lo porta a spendere cifre monstre, SOLO per mettersi nelle condizioni possibili per giocare. Qualche giorno fa, è uscito un pezzo su ESPN. L’ho trovato interessantissimo, e l’ho tradotto.
Al netto del tifo. Al netto delle preferenze. Al netto di tutto.
Vale la pena.
Fidatevi.
Buona lettura.
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Negli ultimi 15 anni, le storie sul corpo di LeBron James sono diventate quasi leggendarie fra i suoi compagni.
Vederlo torcersi la caviglia quasi di 90° solo per poi stringersi i lacci delle scarpe e finire con una tripla doppia. Guardarlo arrivare quattro ore prima di una partita di playoff per fare un allenamento massacrante, poi giocare 40 minuti e fare 40 punti. E, la migliore: la volta in cui James PRESE tre kg e mezzo di muscoli DURANTE la Finale di Eastern Conference (la serie dei 45 al Garden in gara 6)
Alcuni dei suoi compagni di squadra ai Miami Heat non riuscivano neanche a credere alla bilancia. Lo stesso James sbuffò e disse: ”strano come l’inferno”. E la parte veramente assurda è che passò da 122 a 125 kg, molto più pesante di quanto pesi oggi.
Tutto dà l’impressione che James sia invincibile. Chiaramente, non è vero. Il suo atletismo è il prodotto di genetica e lavoro, non solo in termini di ore, ma anche nel suo approccio in continua evoluzione sull’allenamento e il recupero.
Qualche anno fa, James affrontò un problema, un serio problema che per la prima volta minacciò la sua carriera. Problemi al disco (schiena) che limitavano la sua forza e la sua elevazione. Non ne parlò molto, e fece il possibile per giocare sul dolore. Ma, video e statistiche alla mano, si stava indebolendo.
Oggi è difficile anche solo da immaginare. Oggi lo si vede rubare una palla a mezz’aria a Phoenix e schiacciare una windmill dunk che ha fatto sì che la gente la mettesse a comparazione con una schiacciata del 2003. Poi, la schiacciata a Portland “over Jusuf Nurkic”, la più potente ed esplosiva che James abbia mai fatto in tutta la sua carriera.
Ed è solo un breve recap degli ultimi giorni. Da Novembre, quando James ha segnato il suo massimo con i Cavs, 57, a Febbraio, quando ha avuto una tripla doppia di media nel mese, James ha più volte detto che non si è mai sentito meglio. Lunedì scorso ha giocato con i Bucks la sua 70ima gara consecutiva, mentre cerca di giocare per la prima volta in carriera 82 partite in regular season.
Tornando al 2015, però, James durante i timeout si sdraiava sulla schiena, asciugamano in testa per il dolore. Ricordava Larry Bird, Steve Nash, fra i grandi all-time, che hanno visto la loro carriera interrompersi bruscamente nei loro 30 anni a causa dei problemi alla schiena.
James ebbe bisogno di due iniezioni di antiinfiammatori nella sua bassa schiena in un lasso temporale di 10 mesi, nel 2015, uno a metà stagione e uno in preseason. E rimase aperta la possibilità che lui potesse avere bisogno di altre iniezioni, come se effettivamente il problema fosse molto molto serio.
Preoccupato, James si rivolse ad uno specialista, un uomo tranquillo, senza pretese, che è stato vicino ai Cavs, sostanzialmente ogni giorno negli ultimi tre anni, senza quasi mai essere notato, anche se i risultati del suo lavoro sono mostrati da LeBron praticamente ogni sera. Lui è Donnie Raimon, il biomeccanico personale di LeBron – uno specialista nei movimenti umani che combina insieme biologia e la meccanica del corpo – ed è l’uomo che ha aiutato LeBron a superare i suoi problemi alla schiena.
Raimon è il motivo per cui James a volte indossa il cappello con il logo dei Navy SEAL durante le interviste, quello con la visiera con l’aquila che tiene una pistola ed un tridente, che è uno dei messaggi sottotraccia che LeBron lascia con i suoi outfit.
Raimon è stato un SEAL (forze speciali) per 15 anni, diventato “discepolo” della biomeccanica quando usò la scienza per aiutarsi ad uscire da un serio infortunio al collo subito saltando con il paracadute, che i medici dei Navy facevano fatica a guarire. Raimon evita di proposito le luci dei riflettori e non concede interviste. James non parla né di Raimon, in genere, né delle sue tecniche, e dà merito allo staff dei Cavs per tenerlo nella miglior forma possibile.
“Fra Donnie e Mike è un bel 1-2 (one-two punch, gergo da boxe)”. Parole di James.
Mike è Mike Mancias, che si occupa del corpo di LeBron dal 2004 ed è uno delle persone più stimate di quelle che gli ruotano attorno. Mancias è responsabile soprattutto per il recupero di James dopo partite ed allenamenti. Ci sono volte in cui James lavora fino a tardi la notte con Mancias e poi comincia di nuovo, subito dopo l’alba, specialmente durante i playoff.
Molto del lavoro di Raimon con James riguarda la parte precedente ad allenamenti e partite. Una parte del lavoro è diventato persino virale sui social media, fra cui quella PAZZESCA routine pregara con la palla fisioterapica. I risultati sono davanti gli occhi di tutti, guardando i movimenti di James in campo, dove sembra più forte e fluido che mai.
Nel 2014-15, la prima stagione di ritorno a Cleveland, i problemi alla schiena stavano pesando, a LeBron. L’iniezione a metà stagione aiutò, e lui riuscì a trascinare i Cavs fino alla sconfitta nelle Finals con Golden State. Ma era evidente guardandolo che a volte non fosse proprio lui. Il tutto si riassume con una sola statistica: le schiacciate. 88, quella stagione. 46 in meno che la stagione precedente.
Quando gli allenamenti estivi del 2015 vennero di nuovo rallentati a causa dei dolori alla schiena, ed ebbe bisogno nuovamente di un’iniezione in autunno, James chiamò David Alexander, un trainer che faceva base a Miami, con il quale James aveva lavorato per alcuni anni. Alexander mandò James da uno dei suoi più validi collaboratori, Raimon. James lo assunse a tempo pieno, e Raimon si trasferì a vivere vicino a lui, ad Akron.
Raimon si concentrò sulla forza dei muscoli del core, su esercizi per migliorare la postura, sul levare o diminuire lo stress dalla sua schiena. Prima delle partite, Raimon cerca di attivare il core di James con una durissima routine. Subito dopo, James si avvolge in fasce apposite per mantenersi caldo, cosa che fa anche a fine primo tempo. L’ultima stagione, James ha fatto registrare il suo massimo in carriera, 145 schiacciate. È un poco indietro in questa stagione, ma la schiacciata dell’altra settimana dimostra che sta bene.
“Lebron è probabilmente uno dei migliori che io abbia visto fino ad ora, ogni giorno lo vedi che “fa cose” con Donnie. Ogni giorno”. Parole di Coach Ty Lue. E ancora: ”Fa un grandissimo lavoro a prendersi cura del suo corpo, e questo è il motivo per cui riesce a giocare nel modo in cui riesce”.
Da un punto di vista ufficiale, né i Cavs né James vi diranno che non ci sono particolari motivi per cui James sia riuscito a superare i suoi problemi alla schiena. C’è stato un vero e proprio lavoro di squadra nell’occuparsi del corpo di James.
I Cavs hanno uno dei più grandi gruppi di supporto per i giocatori dell’NBA. In aggiunta a Manicas, il team ha assunto il trainer atletico Steve Spiro, il fisioterapista George Sibel, preparatore per la forza coach Derek Millender, lo specialista per le performance, Yusuke Nakayama e Alex Moore, che si prende cura di James.
Raimon, però, è assunto privatamente da James, ma i Cavs gli garantiscono accesso limitato. Spesso, James e Raimon devono fare il loro lavoro nei corridoi, quando i Cavs giocano fuori casa. Quando James è andato a giocare per gli Heat, LeBron aveva più o meno lo stesso accordo con Mancias. Mancias poi è stato assunto dagli Heat, e ha lavorato per i Cavs.
Molti giocatori NBA hanno personal trainers che lavorano con loro durante la stagione. Le Star tendono ad estendere i loro privilegi. Michael Jordan lavorava con Tim Grover. Kyrie Irving lavora con Robin Pound, che aveva accessi speciali ai Cavs e che si è spostato con Irving a Boston, dove ora lavora insieme allo staff dei Celtics.
Durante l’ultima stagione di NFL, i Patriots fecero notizia quando coach Bill Belichick chiuse le porte ad Alex Guerrero, il personal di lunga data di Tom Brady. Può essere un bilanciamento molto complesso, quello di avere un personal trainer privato che lavora con lo staff del team, ma James è riuscito a farlo per anni con successo. Il team adora i risultati e dà a LeBron privilegi che in pochissimi altri giocatori potrebbero disporre. Non si è mai abusato della fiducia dei Cavs, a quanto numerose fonti dicono, anche se ci sono stati molti momenti imbarazzanti.
“E’ ogni giorno. Più o meno ogni giorno, che lavoro sul mio corpo”, ha detto James. “Che siano trattamenti, o che sia sala pesi. Continuo a lavorare sulla forza durante la stagione, mentre tutti gli altri si rilassano […] non metto troppo carico sulle gambe quando gioco, ma cerco di essere molto efficiente. L’ho capito durante la mia 15ima stagione”
James è conosciuto per spendere numeri a 7 cifre per la cura del proprio corpo, e Raimon è dentro questo tipo di spesa. Così come i massaggiatori personali, e gli chef. Fa anche trattamenti con nitrogeno liquido, per ridurre le infiammazioni. La casa di LeBron compete con quelle dei team professionisti. A casa ha una palestra attrezzata, vasche calde, fredde e persino una camera iperbarica.
Anche con tutto il supporto di cui dispone, James ha l’impressione che prendersi cura del proprio corpo sia stato un viaggio personale che ha dovuto intraprendere, in gran parte attraversando sensazioni, mescolando lavoro e sperimentazione. I riconoscimenti che sta vivendo in questa stagione – dicendosi che migliora con l’età proprio come il buon vino – gli hanno permesso di fermarsi e valutare il processo in corso.
“Penso solo che con il passare del tempo tu possa imparare come crescere con il tuo corpo e come affrontare alcune situazioni quando ti capitano. È molto impegnativo, è una sfida, e tu devi solo affrontarlo, non c’era mai nessuno con cui parlarne quando stavo per entrare in questa Lega, qualcuno cui mi sarei potuto appoggiare. E non sto parlando del gioco. Ovviamente, ho avuto allenatori, compagni di squadra, cose così. Ma, per quanto riguarda l’essere un giocatore NBA, come approcciartici, come puoi rimanere connesso con il tuo corpo. Ho imparato tutto da solo.”

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