I miei "compagni di ventura" ieri ed oggi hanno offerto una chiave di lettura magistrale, per provare a spiegare la debacle bianconera contro il Real Madrid. Con le dovute proporzioni, perché ogni partita contiene una storia a sé distintiva, il leit motiv si è ripetuto stasera al Camp Nou. Una Roma visibilmente attenta ai dettami voluti da Di Francesco, ha giocato per 60 minuti al suo limite tecnico, tattico e di intensità. Compattezza tra i reparti, cercando di direzionare gli attacchi avversari verso il centro, per non prestare il fianco in ampiezza. Ripartenze poche, ma condizionate da metri di campo eccessivi per essere sufficientemente pericolosi. Tutto questo ha comunque portato ad un passivo, forse eccessivo, ma che evidenzia cosa manchi alla Roma per pretendere di giocarsi fino in fondo le sue carte con formazioni del calibro del Barcellona. Non è un caso che i primi due gol catalani provengano da due autogol, quasi "inevitabili" per l'evoluzione delle azioni offensive. Giocare al massimo delle proprie possibilità aumenta le probabilità di errore, come una macchina su di giri. Il click che determinati giocatori del Barcellona riescono ad imporre nello scambio corto, nelle transazioni offensive è quel di più che supera il limite raggiunto dai giallorossi. Argomenti che in questi lidi avete già letto, ma che vorrei spegnessero sul nascere analisi estemporanee su episodi, sfortuna, e chi più ne ha più ne metta.
Impressiona in positivo e negativo di questo Barcellona, per concludere, la capacità di entrare ed uscire dalla partita, come avvenuto nel gol "meritato" di Dzeko. Gli interpreti non sono più quelli di Berlino, gli anni passano anche per le pietre miliari dei catalani, ma per battere stasera i giallorossi quattro gol bastano e avanzano.
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