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venerdì 13 aprile 2018

La storia di Robert Covington parte 2/3

Con il cambio di allenatore e un sacco di cambi nel roster a Tennessee State, Covington ha registrato una media di oltre 27 minuti a partita, da matricola. Rapidamente, passò dall'essere un giocatore liceale sottostimato all'essere un freshman universitario da 11.5 punti e 6.5 rimbalzi a partita.
Non solo iniziò a giocare ma divenne anche il tiratore micidiale che Cooper credeva sarebbe diventato. Covington giocava in post e ad aveva il permesso di creare dal palleggio: aspetti del gioco in cui è migliorato proprio grazie a questa libertà lasciatagli. Anche se i “Tigers” registrarono un record di 9 vittorie e 23 sconfitte, gli allenatori delle varie squadre lo iniziarono a notare: “Dopo il suo primo anno, tutti lo chiamarono per chiedergli il trasferimento nella loro scuola”, disse Dockery, “Io, ovviamente, rispondevo negativamente a tutti quanti”.
Covington si trovava in una squadra in ricostruzione con tanti minuti a disposizione e con un allenatore che gli concedeva libertà di sbagliare. Suona familiare no? Anche se a TSU partì tutto, è quando tornò a Chicago che fece vedere i suoi miglioramenti. “Quello che Rob ha dimostrato è che giocando ogni giorno ed impegnandosi si diventa sempre migliori.", disse Cooper.
Questa storia non avrà sicuramente la stessa strenua di Michael Jordan che non partecipa al secondo anno della sua high school, ma Covington è stato tagliato dalla squadra di basket della Macarthur Middle School al sesto, settimo ed ottavo anno. Ha continuato a giocare a basket, tranne durante il suo settimo anno, in cui aveva un paio di F sulla pagella. La squadra Pop Warner di football di Covington era ai playoff in quel momento, ma quando Teresa Bryan si rese conto della situazione scolastica di suo figlio non gli consentì di finire la stagione o di provare con l' AAU.
Covington negli anni seguenti sembra aver reperito il messaggio. "Dopo quell'esperienza era spesso nella lista dei migliori studenti", ha detto Teresa. D' accordo con Cooper, Bryan (che il coach chiamava scherzosamente Mama B) non ha mai contestato i tempi di gioco di suo figlio o nessun altro aspetto del comportamento del coach. In realtà, racconta spesso di come implorasse il coach a "sfidare" sempre di più Covington, in modo che il ragazzo desse il massimo. Bryan è una persona romantica, e quando suo figlio ha incominciato a farsi considerare dagli addetti ai lavori NBA ha cercato sempre di non essere quelli che lei chiama "quei genitori". "Quello che loro non hanno fatto con Rob è quello che molti genitori fanno" ci dice Ford " creano questa convinzione nei ragazzi che le autorità vadano contrastate. Loro non hanno mai insegnato questo nella loro casa, loro figlio è sempre stato quindi facile da allenare. Questo lo ha solo aiutato a crescere. Il coach non è mai in torto a casa loro".
Sotto la guida di Cooper, Covington diventa un giocatore da first-team all-conference nella sua stagione da junior, guidando i Tennessee State al championship game dell' Ohio Valley Conference. Ma dopo che Cooper lasciò la squadra per accettare un incarico da coach a Miami, una frattura del menisco lo colpì durante il suo anno da senior.
Ebbe comunque una media di 17 punti e 8 rimbalzi in 21 partite durante la stagione 2012-2013 ma i Tigers come squadra ebbero una grande perdita. Di conseguenza Covington non sentirà chiamare il suo nome durante il Draft 2013, ma prima che la notte finì gli Houston Rockets gli offrirono un contratto parzialmente garantito. "Abbiamo sempre visto il fatto che non sia stato scelto al Draft come se dovesse dimostrare sempre molto di più di quelli draftati con scelte alte" dice sua madre.

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