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martedì 7 novembre 2017

Grazie Pirlo: L'architetto del pallone dice basta al calcio giocato a 38 anni

Il gioco di Andrea Pirlo è una via di mezzo tra follia ed eroismo. Gioca davanti la difesa, nella zona in cui perdere il pallone è più pericoloso, e tiene il pallone tra i piedi molto più a lungo degli altri, pur essendo nella maggior parte dei casi disperatamente inferiore agli avversari sia sul piano del fisico che della velocità. Molto spesso le possibilità di riuscita delle sue giocate migliori dipendono proprio dalla capacità di resistere con il pallone tra i piedi fino all'ultima frazione di secondo possibile, un sospiro prima di venire scaraventato a terra da qualche Vero Uomo e apparire irrimediabilmente ridicolo, con la barba da svogliato e il taglio di capelli fuori moda.
Della leggerezza quasi metafisica e della perfezione euclidea dei suoi lanci si è già detto e scritto davvero tutto, così come della sua velocità e precisione di pensiero, ma con Andrea Pirlo il calcio italiano perde anche il calciatore più spericolato della sua generazione, un campione di sangue freddo e consapevolezza che verrebbe bene come personal trainer per curare i vari talentini italiani della generazione millenial in perenne crisi esistenziale.
Questo aspetto della sua personalità diventa ancor più affascinante alla luce della sua storia: Pirlo è nato baciato dagli dei del calcio. Dal punto di vista del tocco palla è probabilmente il migliore al mondo della sua generazione, e forse uno dei migliori cinquanta della storia del calcio. Se fosse nato 10 anni prima Pirlo avrebbe fatto il trequartista e sarebbe diventato senza difficoltà una superstar globale fin da giovanissimo. Invece ha avuto la sfortuna di affacciarsi al calcio a cavallo degli anni 2000, ovvero esattamente in corrispondenza dell'estinzione dei giocatori come lui. I trequartisti di passo lento e grande visione di gioco avevano dominato i decenni precedenti, ma adesso nessuno dei nuovi sistemi tassici ne prevede l'utilizzo. Ma ve lo immaginate uno come Pirlo, uno che non aveva mai avuto bisogno di osservatori in vita sua e fin da quando aveva 15 anni era sui taccuini di tutte le migliori squadre europee, come dev'essersi sentito a venire sballottato in prestito su e giù per l'Italia, tra Reggio Calabria e Brescia, mentre i suoi massimi momenti di notorietà nazionale gli derivano dal ruolo di eterno capitano dell'under-21?

Nel 2001 , a 21 anni, dopo aver giocato poco e niente per mezza stagione nell'Inter, Piro viene prestato per 6 mesi al Brescia, la squadra in cui è cresciuto. Visto che dietro le punte c'è già Roberto Baggio, Mazzone lo arretra a regista di centrocampo. Fa alcune ottime cose, tra cui il lancio in verticale per il famosissimo aggancio-dribbling di Baggio contro la Juve, ma dopo 10 partite si rompe un piede e la sua stagione finisce li. Quando torna all'Inter Pirlo è un giocatore ancora molto giovane, ma non più un enfant prodige, non ha un ruolo ben definito ed è considerato fisicamente fragile. Non so in quanti a quel punto avrebbero scommesso su di lui.
Invece quell'estate va al Milan e grazie ad Ancelotti inizia a lavorare sull'intuizione di Mazzone e a sfidare i suoi ovvi limiti, oltre che il semplice buon senso che sconsiglierebbe di schierare a protezione della difesa uno dei trequartisti più statici e leggerini in circolazione. Oggi sappiamo tutti come è andata a finire, ma il successo di una trasformazione del genere non era affatto scontato.
Insomma, dalla squadra campione del mondo 2006 al calcio italiano mancano senz'altro le urla fanatiche dei Cannavaro e dei Gattuso, nati soldati e diventati generali sul campo, ma uno come Pirlo sarà ancora più difficile da rimpiazzare, perchè i generali nati poeti sono i più rari di tutti, e di solito sono quelli che scrivono la storia.
Pirlo ai tempi del Brescia era paragonato a Rivera; che secondo molti è stato il 10 italiano più forte di tutti, tecnico, indolente e sofisticato.
Penso quindi gioco è una autobiografia uscita nel 2013 in cui Pirlo scrive come un giornalista che ha letto Open , ma non è del tutto convinto che una cosa del genere possa funzionare sul mercato italiano, per cui ci sono due o tre momenti di drama sulla solitudine del campione. Una delle scene di drama è quella in cui Pirlo sedicenne negli allievi del Brescia gioca in lacrime saltando avversari e compagni, perchè si è reso conto che questi ultimi sono invidiosi e non gli passano il pallone. Non si sa se questa scena sia realmente accaduta, ma comunque sarà verosimile. Come già detto, Pirlo è stato uno dei ragazzini predestiati del calcio italiano, come Baggio prima di lui e più tardi Cassano e Balotelli. Da adolescente basta vedere come calcia il pallone per capire che è diverso da tutti gli altri e sa già imprimere alla sfera le traiettorie misteriose che qualche anno dopo diventeranno famosissime. Gioca a testa alta e vede tutto il campo con la naturalezza di un ragno al centro della tela. Lo chiamano in tutte le nazionali possibili a partire dell'Under-15, e diventa la stellina dell'Under-16, dell'Under-18 e dell'Under-21, una dopo l'altra.
Ha il tocco e il portamento del grande numero 10, che è uno degli archetipi della tradizione calcistica italiana, e persino il taglio dei capelli gli conferisce una dimensione un po' fuori dal tempo. Per noi italiani i numeri 10 sono importanti, perchè abbiamo sempre giocato così: grandi difensori e centrocampisti di corsa, con un centravanti implacabile e un fantasista geniale a trasformare in oro le poche occasioni della partita. Forse è questo il motivo per cui, da sempre, quando un ragazzo sembra avere le potenzialità di un grande 9 o di un grande 10 gli scateniamo intorno attenzioni tecniche e mediatiche spropositate. Pirlo non fa eccezione.
Uno dei suoi primi allenatori racconta così Pirlo quattordicenne: "Già allora non gli potevi dire niente, al massimo di non specchiarsi troppo. Per il resto era ed è perfetto: se a te dalla panchina viene in mente che potrebbe fare una cosa, sta' certo che l'ha già pensato".
Esordisce in serie a due giorni dopo aver compiuto 16 anni, nell'anno della retrocessione del Brescia.
L'anno dopo è titolare in serie A, non prima che Lucescu abbia sedato una rivolta dei senatori della squadra. Il ragazzo infatti in allenamento non dà prova di particolare umiltà, e si diverte a dribblare e a controdribblare giocatori che hanno quasi il doppio dei suoi anni. Alla fine gioca 29 partite e segna 4 gol. Alla trentunesima di campionato contro il Bologna Pirlo segna la prima, splendida, punizione "alla Pirlo" tra i professionisti.
Alla fine del campionato 1997/1998, a 19 anni appena compiuti, Pirlo passando all'Inter realizza il sogno di giocare con Baggio che al contempo arriva in nerazzurro dal Bologna. Esordisce in una partita amichevole contro il Liverpool e fa vedere cose straordinarie. Simoni dichiara:" Questo è un genietto del calcio, vede la partita e serve sempre il compagno davanti al portiere. Potenzialmente è uno dei più forti giocatori al mondo, appena l'ho visto ho detto a Moratti di prenderlo. Campioni si nasce e ogni età è buona per dimostrarlo. Rivera a 16 anni lo era, e Rivera è la prima cosa che penso quando vedo Pirlo"
" Se Owen vale 100 miliardi, Pirlo ne vale 150" rincara la dose il terzino Colonnese, con quella che all'epoca sembra una sparata e invece alla luce della carriera dei due appare oggi come una valutazione fin troppo generosa nei confronti dell'inglese.
Alla fine del campionato Pirlo parte con l'Under-21 per partecipare da stella annunciata all'Europeo di categoria in Slovacchia. Il CT è Tardelli e in rosa ci sono Abbiati, Gattuso, Matteo Ferrari, Cristiano Zanetti, Coco, Ventola e Comandini. Pirlo nella prima vittoria contro l'Inghilterra segna su rigore, ma alla seconda partita contro la Slovacchia prende due ammonizioni assurde e si fa cacciare. Rientra per la finale contro la Repubblica Ceca e porta L'Italia in vantaggio su rigore. I cechi riescono a pareggiare, ma a dieci minuti dalla fine c'è una punizione dalla zolla preferita di Pirlo, che fa la sua magia a giro sopra la barriera, incastrando il pallone all'incrocio dei pali. L'Under-21 è campione d'Europa, Pirlo è il miglior giocatore dell'europeo e vince il premio di miglior giocatore.
Torna quindi all'Inter circondato da grandi aspettative, dopo la prima di campionato si presenta una grossa opportunità, Lippi viene esonerato e al suo posto viene chiamato proprio Tardelli con la quale Pirlo ha vinto l'Europeo Under-21 in estate. Invece le cose vanno malissimo, Pirlo racconta di aver trascorso 6 mesi orrendi e di aver iniziato a guardare Tardelli con ostilità, fino a quando a gennaio non viene ceduto in prestito al Brescia.
In estate Pirlo passa al Milan, prende la maglia numero 21
In cima al mondo
" E' sempre divertente vedere gli sforzi che fanno le altre squadre per cercare di fermarlo, e come lui distrugga tutti i loro piani in un secondo". Questa l'ha detta Gigi Buffon e mi pare l'epigrafe perfetta per il gioco di Pirlo regista.
Secondo me non è corretto dire che Pirlo al Milan si trasforma in regista. Meglio dire che smette di essere un trequartista e diventa una cosa nuova, che prima non esisteva e che difficilmente sarà replicabile in futuro. Pirlo ha la capacità di attirare il pressing degli avversari per aprire tempi e spazi agli inserimenti degli avversari( l'esempio più noto di questa qualità è l'assist a Grosso contro la Germania, in cui Pirlo temporeggiando si chiama addosso due, tre, quattro tedeschi, e poi li infila quando dice lui). Pirlo è anche un grande giocatore di contatto, sa resistere alle cariche senza perdere la lucidità, e questa è senz'altro una caratteristica che gli deriva da quando giocava più avanti.
Al secondo anno al Milan Ancelotti inventa l'albero di natale e Pirlo si posiziona stabilmente davanti alla difesa, diventando uno dei giocatori più forti al mondo. In quattro anni vincerà due Champions League, uno scudetto, due Supercoppe europee e il campionato del mondo 2006 con la nazionale.
Nel 2011 per Pirlo c'è il divorzio con il Milan, Andrea viene lasciato andare via gratis senza grandi cerimonie dopo che negli anni precedenti si era lasciato convincere a rifiutare Chelsea, Real Madrid e Barcellona per amore della maglia. Può darsi che una delle determinanti della seconda giovinezza di Pirlo alla Juve sia stato proprio lo spirito di rivalsa nei confronti del Milan.
Rigori
Il giorno dopo che Pirlo aveva ridicolizzato i saltelli di Joe Hart col cucchiaio, uno dei suoi primi allenatori ha raccontato ai giornali un precedente. A 13 anni Pirlo dovette battere un rigore decisivo, andò sul dischetto con la freddezza che sarebbe diventata proverbiale e fece gol col cucchiaio, proprio come anni dopo con Hart.
Se non vogliamo farlo per Pirlo, facciamolo per Verratti. Piantiamola di fare sempre questo paragone assurdo e rassegniamoci che il nuovo Pirlo non c'è e molto probabilmente non ci sarà mai. Magari Verratti diventerà altrettanto forte, ma in un altro modo, perchè la carriera di Pirlo è particolare e praticamente è irripetibile.
Insomma il calcio piange l'ennesimo ritiro di un meraviglioso campione.
Grazie di tutto maestro! Il calcio perde uno dei suoi interpreti migliori.
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