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martedì 21 novembre 2017

Nicolo Melli: il grande viaggio del cestista reggiano ep 1



Intro
Dicono che quando uno incontra una stella il tempo si fermi. Ed è vero

Un nuvoloso martedì dell'ottobre 2006, il 24 per la precisione, al PalaLido di Milano stava giocando sua divinità Michael Jordan. L'occasione era l'arrivo dell'unica tappa italiana del famoso "Jordan Classic", con MJ per una volta scomodatosi come ambasciatore nel tour internazionale per adempire ai suoi impegni di uomo Nike.

L'evento, una sorta di All Star Game dei migliori Under 16 italiani, era naturalmente un contorno alla quale si buttavano sguardi distratti, in ansiosa attesa del Jumpan Logo in carne ed ossa sul parquet milanese. C'era un giocatore in canotta nera, biondino, tosto fisicamente e dinamico palla in mano. Dall'altra parte c'era Tommasino Ingrosso, ala toscana dinoccolata del Benetton Treviso, anche lui molto bravo con la palla in mano. Il loro duello, era chiaro a tutti, avrebbe decretato l'MVP dell'incontro e il conseguente invito al camp di specializzazione americano sempre sotto il brand Jordan.
Risultati immagini per Melli premio Michael Jordan
Il tempo si fermò, dicevamo, quando Nicolò Melli partì dall'ala in uno contro uno contro Ingrosso. Un palleggio. Arresto fulmineo in due tempi. Tiro in sospensione. E canestro dalla fluidità disarmante.

Tutto il PalaLido, Milano, l'universo si arrestarono.
Nik in aria, immobile, il polso spezzato.
Ingrosso poco distante, a contestare invano il tiro.
Gli avversari e il pubblico fermi a guardare, incuriositi.
Mi avvicinai, volevo vedere meglio questa "stella" che improvvisamente aveva iniziato a brillare così fulgidamente.
A 15 anni, con la prima panchina in serie A inserita nel curriculum a 13 e il premio di co-MVP ricevuto direttamente dalle sante mani di Michael Jordan, Nicolò Melli era già una stella.
Capitolo 1- 1991-2007
Proprio della primissima convocazione in A parla l'allora capo allenatore di Reggio Emilia, Fabrizio Frates, che il 24 ottobre 2004( esattamente due anni prima) porta Melli in panca per la prima volta stabilendo un record: "Chiamammo Nik a 13 anni per la trasferta di Pesaro semplicemente per due motivi: ad inizio stagione avevamo grossi problemi con atleti influenzati, e Nik stava facendo talmente bene a livello di settore giovanile che si meritava un premio. Ecco, fu un riconoscimento per quanto stava facendo. Ovviamente non era ancora pronto per scendere in campo, ma dal punto di vista fisico era evidente sin da subito che avesse grande predisposizione, potenziale e talento".
Una naturalezza che, come in altri casi eccellenti, affonda le sue radici in un DNA formidabile, composto da geni di papà Leo, ex cestista proprio di Reggio Emilia, e mamma Julie Vollersten, statunitense e argento olimpico con la nazionale di pallavolo alle Olimpiadi di Los Angeles '84.
Una miscela esplosiva, che produce un figlio sovradimensionato sin da tenera età nel fisico e completamente immerso ed affascinato dalla cultura sportiva che si respira a casa: " A casa mia si parla 25 ore su 24 di sport" ha ricordato Melli in una conferenza stampa, condizione quotidiana che, unita alla sua intelligenza, lo fanno presto emergere.
Quando era più piccolo tutti i suoi allenatori si ponevano un dubbio: doveva giocare da ala piccola o ala grande? "A quei tempi Nik era ancora snello e si ipotizzava un ruolo di tre nel suo futuro: questo era dovuto al fatto che fosse molto leggero, seppur alto, ma con quelle lunghe leve, come si potrebbe notare anche nella postura di Gallinari, era difficile pensare che potesse stare piegato costantemente.
Il problema della postura e del baricentro saranno due tematiche fondamentali nello sviluppo di Nik, ma intanto il figlio d'arte impressionava in campo e stupiva per la sua versatilità legata a una coordinazione evidentemente genetica, seminando le basi per un futuro da "point forward" di caratura internazionale, incentivato dallo staff di Reggio: "Avere un ragazzo con la sua altezza a portare palla magari non lo avrebbe reso un playmaker, ma di sicuro un giocatore migliore. Il post basso non era la sua zona preferita del campo, ma giocare in area era determinante per completarlo come giocatore. Per questo molto del lavoro fatto con lui riguardava l'uso delle gambe e dei piedi, il piegarsi, il muoversi rapidamente, magari accoppiandolo in partita con esterni avversari più bassi" spiega Menozzi.
Una completezza che anche Giordano Consolini non manca di sottolineare:" Durante il famoso torneo di San Lazzaro Under-17 rimasi colpito: a quell'età non avevo mai visto nessuno con quella statura, padronanza tecnica e un bagaglio così completo". Una superiorità che lo porta direttamente a dominare il secondo livello del basket italiano, la LegaDue, a maggiore età ancora lontana, ovviamente sempre con Reggio Emilia.
"Probabilmente il suo inseriemento in L2 a 16 anni è arrivato in anticipo rispetto ai tempi naturali, anche se era difficile frenare il suo esordio in un contesto senior: purtroppo il livello pro consentiva molti meno sbagli rispetto alle giovanili per ovvi motivi, costringendo Nik a fare meno cose e quindi anche a rallentare uno sviluppo che, purtroppo, si arrestò bruscamente a causa del primo infortunio al ginocchio contro Sassari a fine 2008."

Continua...

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