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giovedì 8 marzo 2018

Commento Tottenham - Juventus

La partita di ieri sera racchiude tanti insegnamenti su cosa sia e come funzioni il gioco del calcio. Nel primo tempo ci dice che i principi del gioco di posizione, se applicati correttamente - che vuol dire tanto lavoro in allenamento - rendono una squadra di qualità quasi ingiocabile, per il modo che si trova di reagire sempre agli adattamenti su carta dell'avversario. Se pressano gli andiamo alle spalle, se aspettano li tiriamo fuori. L'allenatore avversario può studiare tutte le contromosse che vuole, ma si tratta di un cervello contro quello di undici giocatori. La Juve ha provato nel primo tempo un approccio moderatamente aggressivo, andando a prendere alti gli avversari, ma facendolo in maniera molto posizionale. Il Tottenham però è comunque riuscito a controbattere andando oltre la prima linea di pressione, controllando le zone del campo più importanti. Il mismatch di velocità, francamente assurdo, tra Barzagli e Son ha poi fatto la differenza. Nella ripresa un pressing più orientato sull'uomo, condito da tanta aggressività dietro (quanti gialli) ha tolto certezze al Tottenham, che non è più riuscito ad essere facilmente verticale una volta recuperata palla in zona arretrata. I gol nascono anche e soprattutto dalla debolezza intrinseca della difesa inglese, che però non poteva essere evidenziata senza minare l'organizzazione della sua fase di possesso. Non è un caso poi che temporalmente le due realizzazioni siano state così vicine, perché lo vediamo molto spesso. Questo ci dice che, oltre all'elemento tattico, è quello psicologico a governare il nostro gioco preferito. Aggiungo che questo particolare aspetto emerge a maggior ragione in questa partita, che metteva a confronto due squadre costruite di fatto sull'intesa e l'equilibrio interno tra i giocatori, prima che sugli aspetti tattici. Fattore evidente soprattutto nei bianconeri, che sicuramente a livello tattico in fase di possesso lavorano meno degli uomini di Pochettino. Allegri ha fatto del togliersi dal processo decisionale della squadra in fase di possesso un marchio ed una forza, però questa doppia sfida ha evidenziato come una squadra ugualmente affiatata nei suoi componenti, ma con una maggiore organizzazione dal punto di vista dei principi di gioco, possa mettere in difficoltà i bianconeri. La Juve è un gruppo forte ed unito, ma continuiamo a invocare una maggiore cura dei principi in fase di possesso da parte di Allegri. La Juve ha disperato bisogno di questo, per affrontare seriamente quelle che saranno le vere pretendenti al trofeo.
La partita di ieri sera tra Tottenham e Juventus,  mi da lo spunto per provare a dare una personale chiave di lettura al fallimento del PSG. In Champions conta l'esperienza? Certo che si. Il fattore psicologico è altrettanto determinate? Sì, fondamentale. Quanto le dinamiche di gruppo infondono quel quid, in grado di ribaltare o controbattere il piano efficace degli avversari? In maniera esponenziale. Come avviene il cambio di marcia nelle prestazioni di una squadra tra regular season e playoff, mutuando un concetto caro all'NBA? In base a tutti i concetti elementari, per non dire banali, che hanno concretamente segnato un risultato positivo per i bianconeri ieri sera e uno negativo per i parigini. Sì dirà che il Tottenham non è il Real, che il Real dei gironi non è lontano parente di quello visto nella doppia sfida con il PSG. Eppure sia Juventus che Real sono in pianta stabile nell'èlite europea, per i motivi succitati. Il PSG ancora no.
Il match del Parc Des Princes ha messo chiaro in luce, ciò che manca al PSG per essere vincente. Necessario comprare giocatori che colmino quel gap tecnico/esperienziale. Altrettanto una guida in panchina che sia capace di indirizzare una dirigenza acerba, convincere i campioni che la filosofia di calcio imposta sia l'unica in grado di portare alla vittoria. Unai Emery è un ottimo allenatore, un vincente a suo modo. Non è, però, adatto ad uno spogliatoio diviso per clan, che ha il bisogno profondo di un "padre spirituale", che indichi la via con decisione senza dover per forza risultare un sergente di ferro.
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