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venerdì 25 maggio 2018

Carlo Ancelotti nuovo allenatore del Napoli

“Le possibilità per far si che questa non si sia rivelata solamente una felice parentesi tecnica sono poche: ingaggiare un allenatore (nel caso in cui Sarri decidesse di lasciare) dal curriculum e considerazione paragonabili a quella di Benitez dell'epoca, per poter ricominciare un percorso di crescita e consolidamento extra-nazionale, oppure vincere il campionato attuale, permettendo così al club di poter godere del vantaggio di "testa di serie" nella prossima Champions League, la prima nella nuova versione elitaria.”
Opzione 1, del resto, obbligata.
Carlo Ancelotti è il Rafa Benitez di cinque anni fa.
Impossibile che il rapporto tra Sarri e il Napoli potesse continuare: l’ottimo lavoro di campo dell’allenatore toscano ha reso internazionale un gruppo di giocatori immerso in un contesto fortemente nazionale, o meglio, italico: nella gestione societaria, nelle strutture a disposizione, nella differenza dei risultati in campionato e in Europa.
Per Mertens, Koulibaly, Callejon, Hamsik, Zielinski, Jorginho sarebbe stato controproducente rimanere in Campania in assenza di un progetto che permettesse loro di calcare nella maniera più adeguata palcoscenici di altissimo livello: Ancelotti è l’evidenza più chiara di una forte proiezione all’Europa.
Ai top-player attualmente in rosa viene dunque data l’opportunità di scegliere: andare meritatamente in un grande club o rimanere in quella che sarà una squadra migliore, più ampia, più completa, e contribuire a portarla nella top ten del calcio europeo. Irrilevante la loro decisione, in quanto con queste basi verrebbero comunque sostituiti a dovere.
Perchè Ancelotti è garanzia di ambizione, è sicurezza di un progetto tecnico importante, e rappresenterà il vero (e probabilmente unico, ma dominante) punto di forza del calciomercato partenopeo. Si passerà come d’incanto dagli Inglese, Maksimovic, Tonelli, Valdifiori, Pavoletti, Ounas a profili di livello o di avvenire internazionale, e non è difficile capire il perchè.
Ma la cosa più interessante è che cambiano gli obiettivi: dall’affannosa rincorsa allo Scudetto al consolidamento europeo, in una gestione tecnica che dovrà garantire grandi risultati internazionali e la possibilitá di ripetere questi anche nella stagione successiva.
Perchè se il contesto non aiuta (o meglio, non è stato aiutato) a proiettarti in alto nelle considerazioni europee, serve necessariamente il contributo del campo.
Europa=ricavi, Europa=appeal, Europa=garanzia di continuità.
La dimensione europea come unica possibilità di crescita per una società calcistica.
Abbiamo ancora tutti negli occhi la corsara vittoria del Napoli all'Allianz Stadium: un successo che non nasce certo ieri, ma che è frutto di un percorso di crescita iniziato ben cinque stagioni fa.
In molti hanno sottolineato le differenze in termini di formazione iniziale tra Napoli e Juventus rispetto alla sfida del 13 Febbraio 2016, decisiva per le sorti di quella stagione, decisa da un lampo allo scadere di Zaza. Se nella Juventus solo Buffon, Khedira e Dybala possono dire di essere stati in campo dall'inizio anche in quell'occasione, sono ben nove i calciatori del Napoli confermati da Sarri a distanza di due anni: unici assenti Ghoulam (infortunato) e Higuain (ceduto alla Juventus), sostituito da Mertens, anch'egli presente in quell'occasione, seppur in panchina.
La vera questione però è un'altra: perchè questi ragazzi sono arrivati a Napoli?
Per rispondere, dobbiamo tornare all'estate del 2013, quando Walter Mazzarri lascia la panchina del Napoli e Edinson Cavani viene ceduto al PSG per la bellezza di 64,5 milioni di euro, cifra monstre per quei tempi.
Mazzarri ha sicuramente contribuito alla crescita della considerazione internazionale del club, soprattutto grazie all'ottavo di finale di Champions League 2011/12, perso ai tempi supplementari contro il Chelsea. Grazie al lavoro del tecnico toscano, il Napoli è tornato sulla cartina geografica della UEFA, tuttavia, per poter spendere quel tesoretto così da aumentare concretamente la competitività della squadra e non rendere invana la cessione del miglior centravanti in rosa, serviva qualcosa in più.
Per questo motivo, viene chiamato Rafa Benitez, tecnico che arrivava dalla vittoria dell'Europa League con il Chelsea nella stagione precedente, oltre alla vittorie di Champions League (Liverpool) e Mondiale per Club (Inter) negli anni passati: un allenatore decisamente internazionale.
Benitez, da ottimo manager qual è, decide di distribuire il denaro, ricavato dalla cessione di Cavani allo scopo di rinforzare la squadra in ogni reparto, con profili affermati e giovani in grande considerazione tra gli addetti ai lavori dell'epoca: dal Real Madrid arrivano Higuain (39 milioni), Albiol (12 milioni) e Callejon (9 milioni), dal Liverpool arriva Reina in prestito, dal PSV arriva Mertens (9 milioni), mentre dall'ASSE viene prelevato Ghoulam (5 milioni). A Gennaio 2014 si aggiunge Jorginho (9,5 milioni), mentre nell'estate dello stesso anno arrivano Koulibaly (7,75 milioni al Genk) e Gabbiadini (12,5 milioni).
Perchè questo mix di campioni e giovani di belle speranze decide di trasferirsi in massa nella città partenopea? Esclusivamente per Rafa Benitez. La presenza dell'ex tecnico del Liverpool è garanzia di progetto serio e internazionale.
Benitez si è poi rivelato più un ottimo manager che un grande allenatore nella sua gestione napoletana, ma ha contribuito comunque enormemente alla causa del club, accrescendo la dimensione internazionale dello stesso con le prestazioni in Champions (terzo posto per differenza reti nell'edizione 2013/14, a pari merito con BVB e Arsenal) ed Europa League (semifinale nell'edizione 2014/15).
Pur non ottenendo grandi successi in Italia (d'accordo, una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana, ma non possiamo definirli trofei di primo ordine), il tecnico spagnolo ha permesso alla società di mantenere, se non incrementare, quello status internazionale fondamentale sia per poter spendere i propri soldi in maniera funzionale sia, conseguentemente, per mantenere una rosa di alto livello.
E ora veniamo al punto: cosa lascia Sarri a questo Napoli?
Non fraintendete: se il Napoli è attualmente a un punto dal primato non è certo merito di Benitez ma del tecnico toscano, che è riuscito sul campo a dare quell'equilibrio e quella fluidità di manovra che prima evidentemente mancavano.
Tuttavia, nella gestione dell'ex tecnico dell'Empoli, la dimensione internazionale del club è rimasta pressochè invariata, se non diminuita: Sarri non ha goduto certo dello stesso appeal di Benitez in termini di considerazione e credibilità internazionale (basti pensare agli acquisti delle campagne estive: fior fior di milioni spesi, più male che bene, per Allan, Hysai e Zielinski, ma anche per Rog, Pavoletti, Regini, Grassi, Valdifiori, Tonelli, Diawara, Maksimovic, Ounas, Inglese, non certo nomi di primo livello, a prescindere dal loro rendimento) e i risultati nelle coppe europee sono stati mediocri (due miseri sedicesimi di finale di Europa League, con eliminazione da parte di Villareal nella stagione 2015/16 e RB Lipsia in quella attuale, e un ottavo di finale di Champions, con eliminazione da parte del Real Madrid nella stagione 2016/17).
Il rischio è che al termine di questo ciclo, il Napoli si ritrovi perlopiù con terra bruciata: Reina è in partenza, Albiol è in parabola discendente, Mertens, Callejon e Koulibaly potrebbero cercare nuovi stimoli. Questi calciatori andranno sostituiti e il Napoli non ha attualmente le basi per poter rimanere al livello tecnico attuale.
Le possibilità per far si che questa non si sia rivelata solamente una felice parentesi tecnica sono poche: ingaggiare un allenatore (nel caso in cui Sarri decidesse di lasciare) dal curriculum e considerazione paragonabili a quella di Benitez dell'epoca, per poter ricominciare un percorso di crescita e consolidamento extra-nazionale, oppure vincere il campionato attuale, permettendo così al club di poter godere del vantaggio di "testa di serie" nella prossima Champions League, la prima nella nuova versione elitaria.
Vale veramente la pena rischiare di tornare indietro di sei anni nella speranza di vincere un campionato?
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